Magazine Arte
A vent'anni dalla morte, vi racconto i retroscena sorprendenti della carriera di un genio dell'arte moderna italiana.Allo scoppio della seconda guerra mondiale Alberto Burri, da poco laureato in Medicina, si stava specializzando in Malattie Tropicali quando venne chiamato alle armi, per essere spedito in Tunisia in qualità di ufficiale medico. Fatto prigioniero dagli inglesi nel 1943, fu consegnato agli americani per essere inviato nel campo di concentramento di Hereford, nel Texas. In una simile situazione chi decideva di collaborare poteva godere di un trattamento privilegiato ma Burri non volle rinnegare il giuramento fatto al re e pertanto dovette rimanere recluso in quel recinto fino al 1946.Il tempo della prigionia trascorreva nella noia e nell'inerzia: solo il suo diretto superiore, titolare della baracca di competenza, scandiva diversamente le giornate dipingendo il paesaggio circostante. Gli chiese se voleva imparare a maneggiare i pennelli. Burri apprese così i segreti di quel mestiere, che gli avrebbe meritato una notorietà planetaria, da un signore poco più anziano di lui: il suo nome era Dino Gambetti, pittore legato alla tradizione novecentista.I contatti tra i due si interruppero, forse per un disagio di Gambetti combattuto tra l'orgoglio di essere stato l'iniziatore all'arte di cotanto personaggio e il rammarico di non aver raggiunto egli stesso simili vette. Il ritorno di Burri a Roma dopo la guerra coincise poi con un periodo difficile: i familiari insistevano affinchè tornasse a casa e facesse valere il peso della laurea ma a lui interessava solo la pittura anche a costo di una vita grama.Gli iniziali, famosi "sacchi" nacquero dall'uso dei contenitori di iuta dove venivano imballati gli aiuti dell'Unrra che l'Italia riceveva da questa organizzazione delle Nazioni Unite. Una volta svuotati del loro contenuto, venivano abbandonati: pertanto non costavano nulla e in più portavano interesse quelle stampigliature che Burri acquisirà come importante elemento da inserire nel personale discorso compositivo.Ma Burri non era solo arte. Coltivava anche due passioni: la caccia ai tordi e il calcio. Ma era fatto così e basta soffermarsi sulla straordinarietà dei suoi lavori per perdonare ogni improvvisa vacanza dal suo genio.
Fonti: www.repubblica.it
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