E' sempre più labile, dentro il sistema capitalistico, il confine tra economia legale ed economia criminale. Le imprese "legali" evadono il fisco e gli oneri previdenziali, delocalizzano le sedi produttive e fiscali sfruttando le falle nelle norme nazionali e internazionali, esportano capitali all'estero, pagano tangenti per ottenere commesse e lavori dal pubblico e dal privato, corrompono i politici per ottenere norme a sé favorevoli, violano le norme sulla sicurezza del lavoro e per il corretto smaltimento dei rifiuti in particolare di quelli tossici, mettono in commercio prodotti adulterati o contraffatti o addirittura nocivi, realizzano pratiche speculative nei 'liberi' mercati finanziari e delle materie prime per alterare la formazione dei prezzi ed ottenere extraprofitti, manipolano l'opinione pubblica per indurre bisogni inesistenti o che non avrebbero un carattere primario per piazzare i propri prodotti (un esempio per tutti: il vaccino per il virus dell'aviaria). L'Ilva di Taranto e l'Eternit di Casale Monferrato che tante vittime hanno mietuto non sono certo fabbriche clandestine o i cui proprietari sono od erano esponenti della criminalità organizzata. Coloro che detengono gli ingenti proventi derivanti da attività formalmente vietate dalla legge - traffico di stupefacenti, di esseri umani, di rifiuti tossici, di armi, sfruttamento della prostituzione, usura, estorsioni, rapine, ecc. - hanno a loro volta la necessità di far emergere legalmente tali capitali (il riciclaggio) e trovano nell'acquisizione di aziende operanti nei mercati "legali" il canale privilegiato per poterlo fare. L'obiettivo non è tanto quello di fare "l'affare", impossessandosi di imprese in grado di produrre ulteriori profitti, quanto quello di dare una copertura verosimile alle ricchezze accumulate e ai flussi di denaro illeciti che continuano a ricevere. I settori economici che vengono comunemente identificati come quelli che maggiormente si prestano a raggiungere tale obiettivo sono quelli non sottoposti a particolari controlli e caratterizzati da incassi monetari continui e rilevanti dentro i quali si possono occultare i ricavi derivanti dal crimine: supermercati, bar, ristoranti, tabaccherie, agenzie di scommesse, compro-oro. Secondo uno studio della Coldiretti ammonta a 16 miliardi di euro l'anno il fatturato delle mafie nell'agroalimentare e nella ristorazione (5.000 esercizi sarebbero in mano alla criminalità organizzata). Non c'è solo la distorsione della concorrenza, l'estromissione con le buone o le cattive dal mercato delle imprese oneste ma la tragica constatazione che una larga fetta di uno degli elementi fondamentali per la vita sociale - il cibo - sia in mano a soggetti criminali senza scrupoli. In realtà la cosiddetta economia legale e quella criminale o di derivazione criminale tendono sempre più ad omogeneizzarsi, a sovrapporsi, a confondersi, ad integrarsi: o per la convergenza dei rispettivi interessi o per la conquista delle imprese da parte delle mafie che certamente la crisi di questi anni agevola e incentiva. Da questo punto di vista Mafia Capitale rappresenta un esempio emblematico: l'impresa legale (addirittura, nel caso dello scandalo romano, l'impresa sociale del terzo settore per di più appartenente alla galassia delle cooperative "rosse") organicamente alleata con le cosche criminali. da Dagospia
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Il sempre più labile confine tra economia legale ed economia criminale
Creato il 18 gennaio 2015 da VeritaedemocraziaE' sempre più labile, dentro il sistema capitalistico, il confine tra economia legale ed economia criminale. Le imprese "legali" evadono il fisco e gli oneri previdenziali, delocalizzano le sedi produttive e fiscali sfruttando le falle nelle norme nazionali e internazionali, esportano capitali all'estero, pagano tangenti per ottenere commesse e lavori dal pubblico e dal privato, corrompono i politici per ottenere norme a sé favorevoli, violano le norme sulla sicurezza del lavoro e per il corretto smaltimento dei rifiuti in particolare di quelli tossici, mettono in commercio prodotti adulterati o contraffatti o addirittura nocivi, realizzano pratiche speculative nei 'liberi' mercati finanziari e delle materie prime per alterare la formazione dei prezzi ed ottenere extraprofitti, manipolano l'opinione pubblica per indurre bisogni inesistenti o che non avrebbero un carattere primario per piazzare i propri prodotti (un esempio per tutti: il vaccino per il virus dell'aviaria). L'Ilva di Taranto e l'Eternit di Casale Monferrato che tante vittime hanno mietuto non sono certo fabbriche clandestine o i cui proprietari sono od erano esponenti della criminalità organizzata. Coloro che detengono gli ingenti proventi derivanti da attività formalmente vietate dalla legge - traffico di stupefacenti, di esseri umani, di rifiuti tossici, di armi, sfruttamento della prostituzione, usura, estorsioni, rapine, ecc. - hanno a loro volta la necessità di far emergere legalmente tali capitali (il riciclaggio) e trovano nell'acquisizione di aziende operanti nei mercati "legali" il canale privilegiato per poterlo fare. L'obiettivo non è tanto quello di fare "l'affare", impossessandosi di imprese in grado di produrre ulteriori profitti, quanto quello di dare una copertura verosimile alle ricchezze accumulate e ai flussi di denaro illeciti che continuano a ricevere. I settori economici che vengono comunemente identificati come quelli che maggiormente si prestano a raggiungere tale obiettivo sono quelli non sottoposti a particolari controlli e caratterizzati da incassi monetari continui e rilevanti dentro i quali si possono occultare i ricavi derivanti dal crimine: supermercati, bar, ristoranti, tabaccherie, agenzie di scommesse, compro-oro. Secondo uno studio della Coldiretti ammonta a 16 miliardi di euro l'anno il fatturato delle mafie nell'agroalimentare e nella ristorazione (5.000 esercizi sarebbero in mano alla criminalità organizzata). Non c'è solo la distorsione della concorrenza, l'estromissione con le buone o le cattive dal mercato delle imprese oneste ma la tragica constatazione che una larga fetta di uno degli elementi fondamentali per la vita sociale - il cibo - sia in mano a soggetti criminali senza scrupoli. In realtà la cosiddetta economia legale e quella criminale o di derivazione criminale tendono sempre più ad omogeneizzarsi, a sovrapporsi, a confondersi, ad integrarsi: o per la convergenza dei rispettivi interessi o per la conquista delle imprese da parte delle mafie che certamente la crisi di questi anni agevola e incentiva. Da questo punto di vista Mafia Capitale rappresenta un esempio emblematico: l'impresa legale (addirittura, nel caso dello scandalo romano, l'impresa sociale del terzo settore per di più appartenente alla galassia delle cooperative "rosse") organicamente alleata con le cosche criminali. da Dagospia
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