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Il senso della distanza

Da Parolesemplici

Il senso della distanza

Un amico in questi giorni è in Mongolia per lavoro, passerà il natale ad Ulan Bator ed era un po’ triste per questo. Finché ne parlavamo, dicendoci che in fondo è un giorno, mi son fatto una domanda, che parte dal mio rifiuto di quanto avviene a natale: per me sarebbe lo stesso essere distante, senza nessuna delle persone che mi sono care, vicina?  No, non sarebbe lo stesso e questo testimonia quanto sono dentro alle convenzioni che non rendono tutto eguale. Forse lo spirito vero di questi giorni, per chi non crede, è quello dell’interrogarsi su sé. Lo facciamo sempre, ma adesso si procede per differenza anziché per similitudine, ovvero ciò che manca costringe a riempire un vuoto e non a traslare un senso. Mi spiego meglio, se mi faccio domande rifiuto le convenzioni facili, le luminarie, il finto essere buoni e sono costretto a riportarmi sulla verità. Alle cose che contano davvero e che resistono agli attacchi inconsulti delle urgenze quotidiane. La religione, la fede, relativizza molto, porta tutto su sfere elevate dove il senso religioso delle cose prende il sopravvento. C’è una religione laica del vivere, un conformarsi a sé e al senso degli altri che ci aiuta a non considerare che i giorni siano tutti eguali, ma questo non implica che i giorni abbiano la stessa diseguaglianza. Il senso della distanza permette di essere assieme agli altri, che pur la pensano diversamente, e al tempo stesso partecipare della propria sensibilità. Credo che questo sia il punto alto della riflessione su ciò che ci sta attorno, noi, io viviamo e di questo vivere avvertiamo l’eccezionalità, l’incongruità verso il come vorremmo fosse. L’epifania è il realizzarsi della promessa verso noi stessi e quindi gli altri. Quando si parla di ciò che resta si può pensare a una pepita nel crivello oppure al pattume grosso delle nostre vite, preferisco pensare che la vita sia fatta di pepite, di cose che contano davvero e restano.

 


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