A due anni di distanza dalla proiezione di Berlino, e con una settimana di ritardo rispetto alle date riportate dai listini, domani esce Il sentiero della regista bosniaca Jasmila Žbanić, che proprio a Berlino, con l'Orso d'oro nel 2006 al Segreto di Esma, ebbe la sua inattesa consacrazione. Il sentiero, come il film precedente della Žbanić è una storia morale inevitabilmente schematica, salvata nella sua semplicità da un coppia di protagonisti perfetti, un uomo e una donna nei cui volti si legge il travaglio del mondo slavo emerso dalla guerra. Lei è la bellissima Zrinka Cvitesic, capelli corti, sguardo orgoglioso, figura fine, donna indipendente, innamorata e soprattutto libera di testa e di cuore. Lui è Leon Lucev, che nell'aspetto un po' trascurato e nello sguardo carico di fragilità fa intendere fin da subito di essere l'anello debole della catena che lega i due amanti. E' lui che, pur senza volerlo, tradisce; è lui che si vota alla causa waabita e si allontana dalla donna che lo ama, portando non solo nella coppia, ma nel cuore stesso di una delle città simbolo del XX secolo europeo, la ferita dello scontro culturale e dell'integralismo religioso. Per questo motivo, per il suo forte legame con l'eredità lasciata dalla guerra civile jugoslava e con il clima culturale d'inizio Duemila, viene quasi da pensare che Il sentiero, nel suo aspetto giusto ed elementare, sia un film inattuale, concentrato su un problema che la società europea sembra per il momento avere accantonato. Oggi è la crisi la vera questione aperta, "il tema caldo su Facebook", come scriverebbe Repubblica: lo scontro tra islam ed Europa è invece un convitato di pietra che si ignora tranquillamente, qualcosa messo in disparte, pronto sicuramente a riesplodere, ma per il momento non abbastanza rumoroso da destare le coscienze.
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A due anni di distanza dalla proiezione di Berlino, e con una settimana di ritardo rispetto alle date riportate dai listini, domani esce Il sentiero della regista bosniaca Jasmila Žbanić, che proprio a Berlino, con l'Orso d'oro nel 2006 al Segreto di Esma, ebbe la sua inattesa consacrazione. Il sentiero, come il film precedente della Žbanić è una storia morale inevitabilmente schematica, salvata nella sua semplicità da un coppia di protagonisti perfetti, un uomo e una donna nei cui volti si legge il travaglio del mondo slavo emerso dalla guerra. Lei è la bellissima Zrinka Cvitesic, capelli corti, sguardo orgoglioso, figura fine, donna indipendente, innamorata e soprattutto libera di testa e di cuore. Lui è Leon Lucev, che nell'aspetto un po' trascurato e nello sguardo carico di fragilità fa intendere fin da subito di essere l'anello debole della catena che lega i due amanti. E' lui che, pur senza volerlo, tradisce; è lui che si vota alla causa waabita e si allontana dalla donna che lo ama, portando non solo nella coppia, ma nel cuore stesso di una delle città simbolo del XX secolo europeo, la ferita dello scontro culturale e dell'integralismo religioso. Per questo motivo, per il suo forte legame con l'eredità lasciata dalla guerra civile jugoslava e con il clima culturale d'inizio Duemila, viene quasi da pensare che Il sentiero, nel suo aspetto giusto ed elementare, sia un film inattuale, concentrato su un problema che la società europea sembra per il momento avere accantonato. Oggi è la crisi la vera questione aperta, "il tema caldo su Facebook", come scriverebbe Repubblica: lo scontro tra islam ed Europa è invece un convitato di pietra che si ignora tranquillamente, qualcosa messo in disparte, pronto sicuramente a riesplodere, ma per il momento non abbastanza rumoroso da destare le coscienze.
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