Avevo guardato le lune, avevo spogliato internet di tutte le informazioni possibili. Avevo denudato la mia mente fino a farle ricordare quel momento in cui la Sardegna ci fu compagna indiscreta.
Era il sei di Luglio, una data che sapeva di ricordi dolci ed importanti, in cui un abbraccio ed un bacio furono l'inizio. Era il sei di Luglio, il pomeriggio in cui conobbi Sabrina, il giorno che mi cambiò la vita, il giorno in cui ho sentito la felicità nascermi dentro. Ripeto, era il sei di luglio e speravo che fosse il giorno giusto, il giorno che avremmo comunque ricordato per sempre. Il nostro anniversario.Il regalo, il pensiero che volevo farle era legato ad una collana, al piacere nel guardare Sabrina indossarla.
Nelle vetrine di Stroili Oro, un otto appeso ad un collier, un segno che mi fa sobbalzare, che mi stringe in un abbraccio il cuore, l'anima, il sogno, il pensiero che quella collana ci porterà Alice Ginevra.
L'otto ha tra le sue curve il verbo dell'infinito, il raggio della continuità. L'otto Luglio io e Sabrina usciamo per la prima volta. Un bicchiere di vino, quattro passi in centro a raccontarci la vita, la mia vita. Quanto ho parlato quella sera. Mi perdevo nel mare profondo dei suoi occhi allora, come in questo di otto Luglio.
Sembra fatto apposta, il lavoro mi porta lontano e il cervello fatica a rimanere legato alla realtà. Vorrei mollare tutto, scappare, fuggire ma sono a più di cento chilometri, separato dall'appennino, da lunghe file di TIR che scavalcano l'Italia.
Cerco di non telefonarle ogni secondo, mi trattengo letteralmente dal farlo.
“Pronto, come stai? Le contrazioni?” Ormai è la routine delle domande. Ormai è la routine delle risposte. Sono passati sette giorni, meglio, sette notti in cui il corpo di Sabrina scandisce il tempo. Un fremito di dolori ogni ora. Dalle nove di sera alle nove di mattina. Uno ogni ora. Sabrina si alza, va in bagno convinta che io non me ne accorga. Me ne sto lì, con gli occhi serrati e con le orecchie spalancate pronto a raccogliere anche il più piccolo dei suoni.
Mezzo nudo, accovacciato sul mio lato destro con le spalle a Sabrina. Supino, con un braccio a sfiorarle la schiena appena torna a letto. Ogni ora, dalle nove di sera alle nove di mattino per sette notti.
Il suono puntuale della sveglia, i bacetti di saluto per la mia partenza, le raccomandazioni, il primo messaggio appena sono in strada per sapere se ha già acceso il telefono.
L'autostrada, l'appennino da superare per la seconda volta, al ritorno.
Il telefono che in galleria non prende, non ha segnale. Il cellulare che dentro a quelle filiali nascoste nella periferia di Firenze è con zero tacche.
“Come stai amore? Sono già in autostrada e fra un po' perdo il segnale.......Pronto! Pronto!!!”
Vorrei che non ci fossero le curve, i limiti, i TIR, i lavori in perenne corso. Vorrei che non ci fosse quest'appennino che mi separa da Sabrina.
“Pronto Amore! Sono quasi a Sasso Marconi.....arriverò per le sette, sette e mezza....traffico permettendo.....!” Me la coccolo mentre sto superando il Cantagallo. Ci raccontiamo la giornata tra le nostre sensazioni sul quello che per noi è il giorno buono. “Secondo me...”mi dice Sabrina, “quella collana ci porterà Alice Ginevra! Me lo sento, ne sono convinta che sarà l'otto! Domani è l'otto!!!”
Sono le nove di sera e l'orologio biologico di Sabrina inizia a scandire nuovamente il tempo ma questa volta non sono i sessanta minuti delle ultime notti ma sono.... minuti. Mezzora di pausa e Sabrina cambia espressione e si chiude. “Amore, dimmi quando finisce!” le dico. Seguo la lancetta dei secondi contandoli uno ad uno. Seguo tutta la sua schiena sperando di darle sollievo con il massaggio che ci hanno insegnato al corso. Sabrina rimane in silenzio, ma mi accorgo che la contrazione è già tornata. Ok! Siamo già a sette minuti e la contrazione dura ancora meno di un minuto. “Tutto bene! Tutto bene, va tutto bene!” Cerco di rassicurarla regalandole tutta la mia sicurezza. “Cinque minuti di pausa e un minuto e mezzo di contrazione.....dai che partiamo per l'ospedale!”
La valigia è pronta ma mi chiedo se sono pronto io. Lo so che questo è il momento in cui devo tirare fuori l'uomo che è dentro di me, il maschio che protegge la propria compagna con la vita. Un respiro profondo per mascherare le mie debolezze e dipingermi in volto la grinta necessaria che immagino ci voglia in questi momenti.
Il mio stomaco si contorce e somatizza il dolore che prova Sabrina che, stoica, oltre ad una leggera smorfia non mostra a nessuno ma, sarà che credo di percepire il tormento che sente.
Le strade non sono deserte come mi aspettavo e i semafori continuano ancora a dare ordini. Sabrina abbassa il sedile e si sdraia, allaccia la cintura e torna a contorcersi.
Cerco della musica decente nella radio per cercare di distrarla anche se solo per un attimo. Guido tranquillo, mi ripeto ad ogni accelerazione che non faccio. Vorrei correre, vorrei volare ma la cosa più importante che è seduta al mio fianco non deve correre assolutamente nessun rischio.
Il parcheggio del pronto soccorso ostetrico è deserto. La ragazza della portineria è fuori che si fuma una sigaretta. Ci squadra dalla testa ai piedi mentre incrocia le gambe appoggiandosi al muro. Ci bofonchia dov'è l'ascensore per il primo piano, soffiando il fumo nella direzione opposta da dove arriviamo noi. La ringrazio bofonchiando anch'io. La valigia l'abbiamo lasciata in macchina, per scaramanzia, dico a Sabrina.
Lenta come un parto si apre la porta dell'ascensore ed altrettanto lentamente si avvia tutto il meccanismo per la salita. La porta si riapre e con lo sguardo caccio via la gente che per fortuna non c'è. “Amore siediti. Ora guardo se c'è un' infermiera o un'ostetrica.....Ah, mi raccomando avvisami quando iniziano, che lo dobbiamo comunicare....” Sabrina scuote la testa in segno di assenso e, quasi contemporaneamente appaiono le rughe dello sforzo sulla sua fronte. “Sono iniziate?” Sabrina fa un leggerissimo cenno con il capo. Guardo l'orologio alla ricerca della lancetta dei secondi che, chissà perché, si nasconde sotto quella dei minuti. Beh, penso, in un colpo solo leggo tutto il necessario per fare i conti. Mancano cinque minuti a mezzanotte.
Con la coda dell'occhio vedo lo scorrevole delle sale travaglio aprirsi ed un camice bianco con una ragazza al suo interno, uscire e camminare verso di noi. No, non sta venendo verso di noi, apre la porta del pronto soccorso e, mentre sta per infilarcisi dentro, cercando di tenere un tono sicuro e senza far trapelare l'ansia che si diverte a viaggiare sulle montagne russe del mio intestino, le chiedo qual è la procedura. Mi guarda dritto negli occhi e con fare smaronato mi chiede il nome e il tempo delle contrazioni. “Sabrina S. Pause di tre minuti, e un minuto e mezzo la durata delle contrazioni.....” Le svelo, così, il segreto che avevo tenuto nascosto anche a Sabrina.
L'infermiera si chiude la porta alle spalle e, quasi contemporaneamente un urlo straziante lacera l'aria. Guardo Sabrina e poi guardo la porta dietro alla quale sembra stiano sgozzando qualcuno.
Torno verso Sabrina che si è seduta sulla panchina più lontana dalla porta del pronto soccorso.
“Allora, come sono questi dolori?” Sabrina, si tiene il pancione come per impedirgli di esplodere e cerca di rispondermi. “Di certo io non urlo come quella! Sono forti, ma si sopportano.” Mi tranquillizza anche con un mezzo sorriso.
Lo scorrevole dell'ascensore scompare nel muro e la sala d'attesa si riempie. Una, due, tre coppie.
Sabrina viene invitata ad entrare ma neanche dieci minuti dopo la vedo uscire con la delusione dipinta sul volto. Neanche un centimetro ha sentenziato la ginecologa “Vada a casa, ci vorranno almeno dodici ore prima che sarà dilatata di tre centimetri.....” Sabrina mi racconta il dialogo con la dottoressa e l'unica osservazione che faccio è “ Ma nemmeno il tracciato? Ma se hai contrazioni ogni tre minuti!....” rinuncio a metterle ansia, è importante che almeno io mantenga la calma e la razionalità.
Ritorniamo a casa e Sabrina sembra rassegnata al dolore che dovrà arrivare, lo ha detto la ginecologa “Vedrà, avrà dolori che la piegheranno in due e non riuscirà nemmeno a parlare!!!.....”
Ci sdraiamo sul letto senza svestirci. Ogni tre minuti, un minuto e mezzo di dolore. La faccio sdraiare sul fianco sinistro in modo tale che io riesca a massaggiarle la schiena e l'osso sacro, durante le brevi pause che la lasciano respirare.
“Finché ce la faccio resisto, questi sono dolori che si sopportano!...” mi fa coraggio Sabrina. Le pause sono sempre brevi, troppo brevi. Un occhio sull'orologio e la mente a scandire i secondi.
Sabrina durante una contrazione si volta, mi guarda e mi ricorda, tra gli spasimi “Voglio l'epidurale!!!!!” Mi sento senza mezzi, non so come alleviarle il dolore. Sono talmente concentrato sui movimenti che le faccio sulla schiena e sulle lancette che cambiano posizione secondo dopo secondo che non mi accorgo del tempo che passa.
“Voglio l'epidurale!” Sabrina me lo ripete per la seconda volta. Allora prendo il telefono e chiamo il pronto soccorso ostetrico.
Mi risponde un donna che io chiamo dottoressa, a cui spiego i tempi e le modalità di quanto sta succedendo a Sabrina “Ma cosa vuole che le dica, se non è dilatata di almeno tre centimetri non la possiamo ricoverare, ma se va al Sant'Orsola lì, la ricoverano subito.....”mi risponde con il tono di chi questa risposta deve averla ripetuta almeno cento volte durante la nottata.
Mi torno a sdraiare ed a massaggiare Sabrina.
Improvvisamente Sabrina si solleva, si mette seduta e appoggia la schiena alla spalliera del letto “Luca mi sono fatta la pipì addosso!” Sabrina allunga le mani e poi si solleva per andare in bagno ma quello che vedo non mi rassicura. Un rivolo di sangue le disegna la coscia. “Sì, Amore, va in bagno ma di certo non ti si sono rotte le acque e tanto meno è pipì. Fai con calma che torniamo in ospedale e, questa volta, a costo di fare il travaglio sulle panche della sala d'aspetto, da lì non ci muoviamo se non ci fanno almeno il tracciato!”
Non passano nemmeno i canonici centottanta secondi da quando Sabrina si siede in macchina che la contrazione la stravolge. “Luca non ce la faccio più, non riesco a muovermi, non so se riuscirò a scendere dalla macchina....” Non ti preoccupare di come scenderai dalla macchina...” le dico io “ vedrai che qualcuno ci aiuta....”
Non mi ricordo se ho fatto le curve, non mi ricordo i colori dei semafori, non ricordo se esistono i limiti di velocità. Cerco solo di non essere sgarbato, di raccordare le rotonde nel modo più dolce. Parcheggio praticamente dentro l'atrio di ginecologia. La ragazza della portineria si avvicina e le spiego la situazione, del bisogno che ho di una barella, del fatto che Sabrina perde sangue.
C'è la fila, le panche sono tutte piene. Un pot pourri di razze e di lingue riempiono l'atrio e nessuno si alza per far sedere Sabrina. Famiglie arabe al completo, Slavi, Cinesi, Ucraini. Sabrina, per fortuna, la fanno entrare subito e questa volta entro anche io.
La ginecologa mi guarda e mi chiede “L'avete fatta la cartella?” Faccio di tutto per non avere un tono ironico e non so se ci riesco “Guardi, la avremmo dovuta fare sabato prossimo ma mi sa che non facciamo in tempo. Però qua c'è tutta la documentazione, le analisi, le ecografie, insomma, qua dovrebbe esserci tutto e di più!” le dico sventolandole in aria la carpetta di Sabrina.
Entra un uomo con il camice azzurro. Bofonchia qualche cosa alla ginecologa e la ginecologa bofonchia la sua risposta. “Venga signora, si sdrai!” Sabrina scompare dietro un paravento con il dottore. “Siamo già a otto centimetri signora! Benissimo!” La voce di Sabrina, che fino a quel momento non si era fatta sentire “ Io voglio l'epidurale!!!!!” “Guardi signora che ormai è tardi, si sdrai di nuovo......siamo già a nove centimetri...” Sabrina ripiomba nel silenzio. La ginecologa inizia a porre le domande del caso a Sabrina ma le risposte inizio a darle io. “Questi sono gli ultimi esami, queste le ecografie e, mi raccomando, ….è allergica alle penicilline! Mi ha sentito vero? Penicilline!!!” Sabrina esce dalla stanza con il dottore mentre io rimango a risolvere i problemi burocratici. “Dai, Alice Ginevra! Qua se non hai prima le carte in regola non puoi nascere!!!!!!” Penso tra me e me scuotendo la testa, mentre ripeto alla ginecologa ed all'infermiera quali sono le carte con gli esami, quello che ha detto il loro primario, il ginecologo della mia Sabrina.
Sono le quattro e tre quarti quando supero la porta delle sale travaglio. Mi avevano detto “La signora? Chieda alle ostetriche!” Le ostetriche? E chi le conosce. Il corridoio delle sale travaglio è tutto in penombra ma con la coda dell'occhio, dietro una vetrata protetta da una tendina veneziana, scorgo un'ombra. Busso al vetro e chiedo di Sabrina. Cerco di leggere le labbra della ragazza in camice azzurro ma, a quanto pare dopo la terza volta che ripeto la mia richiesta, si decide ad uscire dalla stanza buia in cui è imboscata e mi accompagna davanti ad un'altra porta chiusa. “La sua Signora è qui!” Gira i tacchi e se ne ritorna nella sua stanza al buio.
Rimango davanti alla porta, immobile per alcuni secondi. La voce la riconoscerei tra mille, sì, qui c'è Sabrina. La sua voce è calma, tranquilla. Sta rispondendo alle domande che le hanno fatto e rifatto in questa nottata, che sta già diventando mattina.
Busso, attendo l'avanti ed entro.
La mia cucciolotta è sdraiata sul letto e l'ostetrica, una ragazza bionda con sicuramente una grossa dose di esperienza alle spalle, mi saluta con uno smagliante sorriso “Ormai ci siamo, si accomodi lì, di fianco alla sua signora!” La sua voce è gentile e ferma allo stesso tempo. Rassicurante e piena di promesse per un parto di prima qualità, con le sofferenze ridotte al minimo.
“Come va? Mi dica quando iniziano le contrazioni e, mi raccomando, non spinga fino a che il dolore non lo ritiene all'apice!” Si rigira e si ributta nella compilazione delle carte.
Sabrina mi guarda, serena e combattiva. Io sono seduto sulla sua sinistra. Sono così emozionato che non mi ricordo nemmeno cosa le ho detto per farla sorridere, ma il suo sorriso me lo ricordo benissimo, almeno fino al momento in cui “Ora, è ora! Cosa faccio? Spingo?” Sabrina cerca e trova tutte le energie che le servono per spingere. L'ostetrica la guarda soddisfatta. “Brava! Perfetto! Se ci riesce ancora qualche secondo....” Una pausa che a me sembra un'eternità anche perché sto aiutando Sabrina tenendole sollevata la testa, cerco di farle assumere la posizione migliore con il mento appoggiato sul petto.
Mamma mia come spinge Sabrina. Sono praticamente sette notti che non dorme. Ma dove le trova tutte queste energie.
Inizio a rendermi conto che ogni volta che Sabrina fa le spinte, alla fine anche i miei addominali mi fanno male. Male....in confronto a quello che starà provando Sabrina il mio è solletico, penso mentre è iniziata l'ennesima contrazione.
L'ostetrica continua a sorridere ed a fare i complimenti a Sabrina per come è brava.
Il corpo di Sabrina è al limite, lei si tende come un arco, poi si contrae, solleva la testa ed io le appoggio la mia mano sotto la nuca e l'accompagno nello sforzo. Finisce la spinta e Sabrina si rilassa, chiude gli occhi e si addormenta per quei pochi minuti in cui un'altra contrazione la riaccenderà. I movimenti tra me e lei sembrano sincronizzati. Sono attento ad ogni suo respiro. Non stacco un attimo gli occhi dal monitor del tracciato. I battiti della Pupattola sono perfetti, forti e stabili, quelli di Sabrina calmi e regolari. Non un grido, non un urlo, solo un “dolce grugnito” durante lo sforzo, durante la spinta.
“Forza, che se continua così Alice Ginevra nasce prima che io finisca il turno!”
Dalla finestra le prime luci del giorno addolciscono la stanza e l'orologio indica le sei e mezza.
“Forza, che si vede già la testa!” L'ostetrica Rita continua a dispensare sorrisi e ad incitare Sabrina.
“La vedo, Amore! Ha tanti capelli!” dico io.
Sabrina si carica per la nuova contrazione ed io sempre con la mano sotto la sua nuca a fare quello che è uno dei miei due compiti. Mantenere la calma e aiutare Sabrina a non sforzare inutilmente il collo.
“Forza, una spinta bella lunga! Ancora un po' ed è nata!” L'ostetrica è in piedi, attenta ad ogni minimo movimento del corpo di Sabrina e di quello di Alice Ginevra.
“Forza, ancora venti secondi e ci siamo!” Questo è l'ultimo incitamento per Sabrina da parte dell'ostetrica Rita.
“Toglietemela! Toglietemela!” Le uniche grida di Sabrina.
Alice Ginevra è con la testa fuori. Una leggera rotazione della pupattola verso sinistra per fare uscire le spalle e l'ostetrica Rita allunga le mani e con una dolcezza infinita la fa scivolare fuori dal nido in cui è stata per nove mesi.
“Amore è bellissima!!!” Le dico mentre appoggiano la piccola sul ventre della Mamma con ancora il cordone attaccato.
Le emozioni si catapultano dentro e fuori dalla mia mente. Gli occhi pieni di sonno si inumidiscono dalla gioia nel vedere il musetto di Alice Ginevra parzialmente coperto da un telo.
Non me ne ero accorto, ma nel frattempo sono entrate altre tre persone. La nuova ostetrica del turno mattutino, una ragazza che suppongo fosse una ostetrica alle primissime armi e la pediatra.
“Ore sei e cinquantacinque.... Nome?” chiede la nuova ostetrica. “Alice Ginevra, staccato!” preciso io. “Alice Ginevra.......benissimo..... il padre vuole tagliare il cordone?” Tagliare il cordone!?! “Sì! Certo! Sabrina vuoi che lo faccia io?” Sabrina ha una mano sul telo e mi guarda con gli occhi grandi, pieni di gioia e di soddisfazione “Com'è? Com'è?” Mi chiede Sabrina. “Amore, vuoi che tagli io il cordone?” Sabrina quasi non mi sente ma intuisco dal movimento del suo capo che lo devo fare. L'ostetrica mi da in mano le forbici ed io mi rendo conto che non sono capace di usarle. Per uno come me che con le forbici ci gioca, che le so usare con estrema precisione, che mi sono sempre vantato che le forbici per me sono un prolungamento delle mie dita, mi sento totalmente impacciato. Il brivido che mi ha trasmesso il rumore delle lame che recidono il collegamento tra la madre e la figlia mi rimbomba ancora nella testa. Un rumore sordo che sa di distacco, che sa di vita, che sa di....è tutto nuovo, tutto da costruire.
Ore sei e cinquantacinque, Alice Ginevra è nata.
Ore sei e cinquantacinque sono nati due nuovi genitori.
Forse qualcuno noterà che delle mie emozioni, quelle forti, quelle devastanti non c'è molto in questa cronaca, ma una volta tanto devo ammettere che non sono in grado di descrivere l'esplosione della supernova che è avvenuta dentro di me.
Ore sei e cinquantacinque dell'otto di luglio duemila e undici è nata una nuova famiglia.
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ANTONIETTA, GRAZIE!!!
Approfittiamo di questo post per ringraziare la nostra carissima Antonietta del Blog Ma che Bel Castello, infatti avete visto il bellissimo telo di Hello Kitty sul quale è sdraiata Alice Ginevra? Ecco, quel telo dolce dolce, soffice e tutto rosa è un dono che Antonietta ha fatto alla nostra piccolina e noi abbiamo sentito tutto il suo amore quando abbiamo ricevuto il pacco che lo conteneva. Grazie Antonietta, sei stata un tesoro!!!
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SPAGHETTI CON PESTO DI BASILICO E MELISSA
Ingredienti:
190 gr di spaghetti
20 foglie di basilico
10 foglie di melissa
60 gr di Parmigiano Reggiano grattugiato
40 gr di Provolone Piccante grattugiato
1 spicchio d'aglio
40 gr di pinoli
un pizzico di pepe
olio extravergine d'oliva q.b.
qualche cucchiaio di acqua di cottura degli spaghetti
scorza di 1/2 limone grattugiata
Abbiamo deciso di preparare un pesto diverso dal tradizionale al basilico e avendo a disposizione le nostre piantine di basilico che sono in pieno rigoglio verde, e la pianta di melissa, le cui foglie richiamano il profumo del limone ecco cosa abbiamo portato in tavola.
Per prima cosa prepariamo il pesto. In una ciotola uniamo le foglie di basilico, le foglie di melissa, i pinoli, il Parmigiano e il Provolone, lo spicchio d'aglio e l'olio extravergine d'oliva. Per la quantità di quest'ultimo siamo andati ad occhio. Con il mixer abbiamo frullato il tutto e tenuto da parte. Abbiamo aggiunto solo un pizzico di pepe, il sale non è invece necessario, in quanto il pesto è già di per sè saporito, profumato e delicato.
Una volta cotti e scolati gli spaghetti, li abbiamo fatti saltare in padella insieme al pesto, aggiungendo alcuni cucchiai di acqua di cottura, così da rendere il condimento più cremoso. Impiattiamo e completiamo il piatto con della scorza di limone grattugiata.
Semplicemente deliziosi ed estivi.
SPAGHETTI SERVED WITH BASIL AND LEMON BALM PESTO
Ingredients:
20 fresh basil leaves
10 fresh lemon balm leaves
60 g freshly grated Parmigiano Reggiano
40 g freshly grated Provolone cheese
40 g pine nuts
1 medium sized garlic clove, minced
freshly ground black pepper to taste
extravirgin olive oil
1/4 cup pasta water
1/2 lemon grated rind
Combine the basil and lemon balm leaves with the pine nuts, garlic and grated Parmigiano and Provolone cheese and pulse a few times in a food processor. Slowly add the extravirgin olive oil in a constant stream while the food processor is on. Add a pinch of freshly ground black pepper to taste.
Cook the pasta according to package directions to al dente. Just before draining the spaghetti into a colander remove 1/4 cup of pasta water. Drain the pasta, put back in the pot and stir in the pesto and the reserved pasta water to create a sauce. Mix well.
Transfer onto individual serving plates and garnish with grated lemon rind.
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Questo premio ci è stato donato da Anna di Ultimissime dal Forno e da Vevi di Food and Smile ed è stato dedicato anche alla piccola Alice Ginevra! Grazie ad entrambe per avere pensato a noi! Il regolamento prevede che venga girato a 10 blog, oltre a questo dobbiamo scrivere 7 cose che amiamo. Dal momento che le abbiamo scritte più di una volta, vogliamo simpaticamente scrivere quali sono le prime sette cose che abbiamo scoperto che Alice Ginevra ama.
_ Alice Ginevra ama l'acqua, avevamo paura che la sua prima reazione a contatto con l'acqua fosse il pianto, invece la gradisce, addirittura si lascia lavare anche il visino senza fiatare, anche se ha appena aperto gli occhi.
_ Un'altra cosa che le piace molto è farsi accarezzare la schiena dal suo papà, il quale guardandomi negli occhi, ogni volta dice "Alice Ginevra, sei tale e quale a tua mamma!". E' vero, quei massaggini alla schiena sono anche i miei preferiti.
_ Le piace addormentarsi vicino a noi, a stretto contatto fisico, anche se poi la portiamo nel suo lettino, dove si stende, si distende e si mette comoda, con le braccine aperte e le gambe pure.
_ Quando le viene il singhiozzo, ogni tanto le diamo un cucchiaino con due gocce d'acqua e due di succo di limone....ecco, il limone le piace molto. Schiocca le labbra con gusto e poi sorride e anche il singhiozzo le passa all'istante.
_ Le piace addormentarsi con la musica in sottofondo. Se poi è ancora attaccata al capezzolo, ancora meglio, le sue espressioni di beatitudine sono indescrivibili.
_Le piace andare in giro in macchina o in carrozzina, quel movimento la fa sentire cullata.
_ Le piace il suo pelouche rosa, lo tiene stretto e ogni tanto gli mordicchia un orecchio.
_ Le piace stare coi piedi nudi e difficilmente si lascia toccare i piedi da qualcuno che non siamo io e Luca.
A nostra volta passiamo questo premio a: MiniCuoca 91, a Batù, a Vale di La Cucina Facile di Vale, a Dida, a Marty90 di La Cucina di Cotto e Spazzolato, a Fausta di Dolci Passioni e non solo, al blog Scintille dal Cu...mino, a Monica di Dolci Gusti, a Una Pasticciona in cucina e a La Creatività e i suoi colori.
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Questo premio rosa ce lo hanno regalato Un'Arbanella di Basilico e Samaf di Dolcizie...le mie dolci delizie e noi lo vogliamo donare ad Antonietta di Ma che Bel Castello, a Caty di La Casa sull'Albero, a Stella di Il Bene in Noi e a Mammazan.
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Lela ha donato a noi e ad Alice Ginevra il premio A Spasso con Blue e ce lo teniamo stretto! Grazie Lela!