La mia infanzia è stata strettamente legata al genere fantasy. Avevo letto con discreto ritardo la saga di Harry Potter, iniziando a undici anni proprio come il protagonista, e in quello stesso periodo avevo visto al cinema La Compagnia dell'Anello, rimanendone folgorato. Cominciai a pensare che gli elementi di fantasia nelle storie fossero un particolare in grado di affascinarmi non poco, così dopo essermi reperito i libri del professore con la pipa andai alla ricerca di altre opere similari. Il primo nome con cui venni a contatto fu Terry Brooks, che mi portò nel mondo di Shannara, poi col tempo ebbi modo di imbattermi in scrittori del calibro di Ursula K. LeGuin, Michale Moorcock, Robin Hobb, Neil Gaiman, George R.R. Martin e Frank Herbert - che per quanto Dune sia un romanzo di fantascienza, ha tutti i passaggi tipici del fantasy. Col tempo la passione è andata affievolendosi, un po' perché ho deciso di concentrarmi su altri generi (anche se sogno di scrivere una saga fantasy mia) e molto perché, a conti fatti, il genere è straripato in una serie di romanzetti tutti uguali di cui si sarebbe volentieri fatto a meno. Cinematograficamente, però, il cinema fantastico non mi ha mai attirato molto perché, a parte poche eccezioni, trovo che quelle storie abbiano una resa cinematografica davvero pessima. Il Signore degli Anelli fa parte di queste eccezioni e, anche nel rendimento peggiore dell'intera saga, abbiamo di fronte un film davvero molto bello. Perché sì, per me questo film è il meno riuscito di tutta la trilogia. Ma avercene uno al mese, di film così!
La Compagnia si è sciolta. Aragorn, Legolas e Gimli sono alla ricerca degli Huruk-hai che hanno rapito Marry e Pipino ma, durante la loro caccia, faranno una vecchia conoscenza. Frodo e Sam, invece, incontrano il grottesco Gollum, il vecchio portatore dell'Anello, convincendolo a far loro da guida. Intanto il Signore Oscuro, con l'aiuto di Sauron, vuole concentrare le sue forze su Rohan, la terra dei Signori dei Cavalli.
L'esordio horror di Peter Jackson si evince come non mai in questo film, forse il più tetro della trilogia. E consolida la mia teoria sul perché questa saga funzioni così bene: non è tanto un fantasy, quanto una storia fantasy diretta come se fosse un film dell'orrore. Ma allo stesso tempo, questo capitolo è il più fantasy di tutti, quello che rinuncia maggiormente a un certo realismo che ha contraddistinto tutto l'operato mosso dietro questa trasposizione tolkieniana, concentrandosi su degli aspetti che, vuoi per la tecnologia dell'epoca o proprio perché visivamente sono orribili da vedere, cozzano incredibilmente fra loro. Eppure narrativamente offre delle soluzioni di scrittura e montaggio che lo allontanano da ciò che aveva fatto inizialmente Tolkien, dandogli una sua realtà cinematografica davvero molto bella. Tutto inizia con un flashback/sogno che pone le nostre attenzioni su un personaggio che, a sorpresa (per chi non ha letto il libro), ritornerà poco dopo, per poi mostrarci ciò che succede a Frodo, poi la parte di Compagnia guidata da Aragorn e, come soluzione finale, facendo convergere il maturare di Sam con quello che è il terminare di tutte le sottotrame presentate, con la sua voce fuori campo che mostra lo svolgersi degli eventi esterni al suo peregrinare. Sembra poco, ma se pensiamo che il libro aveva una narrazione più che orizzontale, dove venivano presentati i fatti delle due compagnie senza che queste s'intrecciassero mai, ottenere una soluzione simile determina che il lavoro è stato fatto non solo da gente competente, ma anche appassionata di quello che è il materiale di partenza. La stessa che poi con la trilogia de Lo Hobbit ha mandato all'aria tutto questo lavoro, ma concentriamoci su Le due torri, che è meglio. Che, ripeto, per me è il più debole di tutta la trilogia. Il ritmo, nonostante quelle bellissime trovate narrative, non è sempre sostenuto e avvengono dei momenti fin troppo lenti. Inoltre vi sono anche alcune scene non presenti nel libro, cosa che in sé non sarebbe per nulla un male, ma che fanno percepire la loro unica finzione di allungare il brodo laddove la battaglia finale non poteva permettersi oltre. Ma è proprio la battaglia finale il fiore all'occhiello del film perché, nonostante la mezz'ora di durata che poteva risultare fatale a chiunque, qui assume una propria funzione narrativa in quasi ogni suo aspetto, evitando di diventare eccessiva come magari succedeva in Matrix revolution. Certo, anche lì ci sono dei piccoli difetti, come un Legolas che cerca di rendersi il più odioso possibile in ogni frangente (lo scudo usato come tavola da surf, Dio mio, lo scudo come tavola da surf!), ma sono cose su cui si riesce anche a chiudere un occhio. L'unico vero difetto a mio parere sono gli Ent, gli alberi viventi, che su grande schermo proprio non hanno nessuna resa, e fanno capire quella che è la differenza sostanziale fra la pagina (dove erano più che efficaci) e la pellicola. Sul libro potevano sembrare così belli e funzionali perché si sposavano a un concetto che poneva le proprie basi fin dall'inizio, quello di quel contatto con la natura che lo fece diventare una delle letture fondamentali degli hippie negli anni Sessanta, nel film invece il concetto è leggermente più trattenuto e quindi la loro funzione viene vista come un 'abbellimento' secondario, nuociuto poi dall'uso degli animatronics che fanno apparire il buon Barbalbero con un espressività discretamente ridotta, a discapito della stragrande maggioranza dei mostri, realizzata con trucco e parrucco o con una digitalizzazione che in alcuni casi appare più salutare, Ma ripeto, è proprio in cercare il pelo nell'uovo per un film che, tolto il ritmo eccessivamente lento di alcune parti, forse il vero e unico problema principale, rimane comunque un'operazione rischiosa e ottimamente realizzata. Specie per la realizzazione di Gollum, vero protagonista di questo secondo film, a cui viene data una dignità e un approfondimento psicologico davvero encomiabile, facendo comprendere qual è il vero tema di questo secondo film: il possesso e il male derivante dal desiderio, la sensucht romantica - perché Il Signore degli Anelli deve molto al romanticismo in generale. E una tale profondità in quello che una volta, manco tanto tempo fa, era il cinema d'intrattenimento, oggi proprio ce la scordiamo.
Purtroppo il cinema anche quello tolkieniano, è stato schiacciato dai rami dell'industria citata dallo stesso Sauron nel prologo. Ma si sa che ogni epoca ha gli eroi che merita.Voto: ★★★ ½