Magazine Cultura
IL SIGNORE DEGLI INGANNI, di Zachary Mason.
Garzanti, 223 pagine, € 15,60
Giudizio: abbandonato
Quando andavo al liceo, tra i miei miti greci preferiti c'erano i Nostoi, ovvero i ritorni a casa degli eori omerici dopo la guerra di Troia.
Apprezzavo particolarmente quello di Clitemnestra che fa fuori il marito Agamennone nella vasca da bagno e quello di Elena che in realtà se n'era stata per dieci anni nascosta in Nord Africa, mentre quella portata a Troia era solo una sua immagine creata dagli dei.
Ovviamente il mito del ritorno per eccellenza è quello di Odisseo, l'eroe multiforme; o, come lo avevo etichettato io, l'eroe marpione, perché è innegabile che molti dei dieici anni di peregrinazioni li passi nei letti di Circe e di Calipso.
Detto ciò, è comprensibile che io abbia trovato molto attraente l'idea alla base de Il signore degli inganni, che dal risvolto di copertina sembrava una rivisitazione dell'Odissea. Invece si è rivelato l'ennesima presa in giro editoriale.
Intanto, sul davanti campeggia la parola: romanzo. Beh, col cavolo che si tratta di un romanzo. In realtà è basato sulla finzione letteraria del ritrovamento di un papiro contenente 44 frammenti che danno versioni diverse delle vicende omeriche. Quindi si tratta di 44 capitoli, più o meno brevi, che si rinventano vari episodi dell'Iliade e dell'Odissea.
Il senso può essere riassunto da un passo stesso del libro:
Odisseo, accortosi che la fama dei suoi inganni lo precedeva, cominciò a inventare altre storie su di sé, disseminandole ovunque andasse. (...) l'effetto inaspettato di una di queste bugie divento, con alcune piccole variazioni, l'Odissea di Omero.
L'idea tutto sommato è buona, e devo ammettere che alcuni capitoli partono da spunti geniali che ci restituiscono un'immagine sempre diversa di Odisseo.
Però non c'è un ordine né logico né cronologico, circostanza che rende sfuggevole il senso dell'operazione. Non c'è alcuno stimolo per proseguire la lettura, se non quello che lo stile è abbastanza fluido (ma questo è il minimo che si richiede a qualsiasi libro).
Il bello è che il romanzo è presentato come il caso editoriale del 2010, con tanto di aste di accaniti editori per accapararsi i diritti.
Sinceramente io non ho capito che cosa ci sia di tanto bello. Sarà un mio limite o si tratta dell'ennesimo prodotto affatto eccezionale ma venduto come il non plus ultra dei romanzi dell'ultimo secolo?
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