Ieri, l’ex presidente di Arcigay, Aurelio Mancuso, sulla sua pagina di Facebook, scriveva:
“Ai dirigenti delle associazioni lgbt: tutta Europa si è mobilitata per salvare Sakineh Mohammadi Ashtiani dalla lapidazione e per impedire l’impiccagione di Ebrahim Hamadi accusato di essere gay. In nessun sito del movimento ho visto appelli e mobilitazioni. Forse state pensando a qualcosa, intanto ci sono l’appello di Amnesty e la manifestazione dei socialisti a Milano. Noi cosa facciamo? Con rispetto e amicizia…”.
Perché questo silenzio? Perché le nostre associazioni lgbtq non sanno, non vogliono, non riescono, a fare di un tema come la moratoria contro la pena di morte, una battaglia essenziale come lo è quella sulle coppie di fatto, l’omofobia, il bullismo e la violenza giovanile? Perché non vi è stato un tuono di sdegno contro un paese bello e civile come l’Iran che annoda il cappio a tanti minorenni omosessuali o messi a morte per presunzione di omosessualità? Pare che nel nostro paese, a vedere dai fatti, si possa fare una campagna per volta. Oggi tocca alla sventurata Sakineh Mohammadi Ashtiani, domani, se ancora possibile ci occuperemo di Ebrahim Hamadi. Spero di essere smentito, ma mai ho visto una vera, convincente battaglia contro gli assassinii di Stato ai danni di omosessuali e transessuali, là dove questi soggetti sono perseguitati dalle famiglie, torturati dagli aguzzini e finiti in parecchi modi barbari dai boia di Stato. Nessuna intenzione di parlare di priorità dell’una o dell’altra vittima; iraniana o palestinese, o africana che sia. Un esercizio inutile e dannoso. Più facile e utile firmare gli appelli, mobilitarsi il più possibile e necessario per salvare ogni vita umana da ogni genere di supplizio finale. Quello della pena di morte verso gli omosessuali e le transessuali è un tema che dovrebbe diventare prioritario per la nostra comunità. Il fatto che esistano ancora paesi che in nome di una religione - falsamente - decidano che l’omosessualità è così aberrante da castigarla con la pena capitale, dovrebbe non solamente far inorridire, ma sentire nel cuore e nelle azioni che quella è una nostra battaglia, che va condivisa con i governi democratici, con le altre associazioni che si battono per i diritti umani. E invece silenzio. Un imbarazzante, assordante silenzio delle persone e delle coscienze. Quasi non interessano più nemmeno questi post, rassegnati che la malvagità umana e di Stato sia insuperabile, lontana dalle nostre democrazie; così lontana da non doversene preoccupare. Permettetemi: che squallore! Che ipocrita soluzione di un problema che invece ci appartiene in tutta la sua tragedia. Guardate quella foto di due carni violentate col sangue, con la violenza. Perché omosessuali. Potrebbero appartenere a noi quelle carni maltrattate da fruste, ma non lo sono e ce ne disinteressiamo.