"Mi venne in mente il gioco che Romoletto aveva fatto con me, le parole di Galloni suo suo povero SOcrate. Mi venne in mente che anch'io, cieco in acto, mi ero fatto guidare da una donna con gi occhi chiusi, che ci vedeva meglio di me. Eppure, ancora non sapevo chi diavolo avesse fatto quei tagli ai Parioli, a parte la Mercedes". Il silenzio degli occhi - pag 240
Roma, dicembre 2008.
Un bambino che viene lasciato nel sedile posteriore della macchina del commissario Ponzetti, in un giorno di pioggia, sulla riva del Tevere in piena. Gonfio, come la nostra inconfessabile inquietitudine. Una ragazza di origine romena, Andrea, che il commissario aveva salvato da un tentativo di suicidio, che appare all'improvviso come un sogno.La banda dei Suv, che taglia le gomme a questi macchinoni nei quartieri della Roma bene, che mette in allarme i vertici della questura per le lamemtele dei facoltosi padroni di questi macchinoni. E poi, i problemi in famiglia: la figlia Gisella che sta per partorire, i suoceri che vengono a fare una visita all'improvviso e bisogna scarrozzarli per la città, il genero, Jorge, che non si fa sentire ...
E' il Kairos, una parola una parola che nell'antica Grecia significa "momento giusto o opportuno". Un momento nel quale qualcosa di speciale accade: e quel qualcosa è l'avventura che il commissario Ponzetti racconta in prima persona.
Una storia all'apparenza così banale, ma che invece lo porterà ad incrociare la sua strada con i servizi, con un ex governante di un paese estero con "alte" amicizie nel governo italiano (Giugurta), con una donna in fuga dai suoi sgherri che intende proteggere il suo bambino (Romoletto). Un intrigo internazionale che arriverà a copirlo molto da vicino, nei suoi affetti personali, e da cui dovrà districarsi andando a mettere assieme tutti i piccoli indizi che qualcuno gli ha messo sotto gli occhi. E che lui dovrà guardare, per non rimanere cieco.
E' il primo romanzo che leggo, della serie del commissario Ricciardi e non mi è affatto dispiaciuto: non è un personaggio fisicamente "forte" come il Montalbano di Camilleri, sebbene il suo aiutante Marco Iannotta (che parla romano in famiglia perchè altrimenti il figlio non imparerebbe l'italiano) ricorda molto l'ispettore Fazio e sebbene la storia abbia qualcosa in comune con "Il ladro di merendine". Un poliziotto che fa molto affidamento al suo intuito, alla sua umanità e alla sua memoria perchè "Tutto a Roma ha una forma visibile, e tutto ritorna, un giorno o l'altro".
Molto bello anche il ritratto della città di Roma come viene descritto dagli occhi di Ponzetti: la frenesia dei romani nei giorni dello tsunami capitolino (la piena del Tevere), le vie, i quartieri e i luoghi: “l’ombra nera del Gianicolo”, la salita verso il Campidoglio, dove nella piazza omonima in una notte di pioggia Ponzetti si ferma di fronte alla statua equestre di Marc’Aurelio “che pareva ammonire il fiume da lontano con il suo braccio teso”. Il Lungotevere davanti a Regina Coeli, le luci di Santa Maria Maggiore e il primo accenno dell’alba che colgono di sorpresa Ottavio a Porta Maggiore “finalmente qualcosa cominciava a schiarire”. In una Roma bagnata dove nelle pozzanghere si riflettono le luci di Natale l’acume di Ponzetti affiancato da Iannotta, che con il suo dialetto romanesco delizia il lettore, saprà dipanare la fitta rete d’indizi che Ricciardi ha posto sul suo cammino.
[Alessandra Stoppini Il recensore]
Buona lettura!
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