Nello specchietto retrovisore troneggiava l’Etna. Flores infilò distrattamente un cd nel lettore. Dopo Enna, con la sua rupe alta e selvaggia, l’autostrada si snodava tra terre riarse e fragili, colline impastate con lo zolfo che franavano verso valle.
Gli evocavano un West immaginario, selvaggio e pulito. Gli spettrali avamposti della sua città furono in vista due ore dopo. Mura sbrecciate di case non finite, catapecchie abbandonate e scheletri di industrie mai nate scorrevano al di là dei vetri. Fu preso da un vago senso di nausea. Sperava di trovarla diversa, Palermo, e ogni volta osservava, scoraggiato, la sua immobilità.
Le luci al neon della rotonda di Via Oreto gli segnalarono la fine dell’autostrada. Sterzando verso la città universitaria, si augurò di non arenarsi nel traffico serale. Il cielo iniziava a indossare il suo abito crepuscolare e lui desiderava solo arrivare a casa. Era stanco di quelle trasferte inutili, aveva bisogno d’altro: di perdere dieci chili, di riaccendere l’entusiasmo per la sua professione e trovare, dopo mesi di caparbia solitudine, una donna con cui condividere i vuoti in cui spesso sprofondava.
Arrivato a casa, tolse in fretta le scarpe, estrasse dal frigo una birra, accese la tv e si gettò di peso sul divano. Oltre al ronzio del televisore, regnava il silenzio, con le immagini che continuavano a scorrere. Si massaggiò la pancia. Aveva quarantacinque anni e da venti lavorava nello stesso quotidiano. Rimestare tra le macerie morali della sua città lo esaltava e deprimeva insieme, e di macerie d’ogni genere Palermo ne era ingombra.
Il tg regionale della notte, dopo le solite dichiarazioni politiche, aprì con le notizie.
“Ritrovata sulla scogliera del Foro Italico una giovane donna senza vita. La ragazza aveva indosso un vestito firmato. Secondo la polizia, la morte risalirebbe a qualche ora fa. Sembra probabile sia caduta accidentalmente sugli scogli dopo aver scavalcato la ringhiera”.
Il suo interesse si accese di colpo. Il conduttore aveva appena finito, quando il telefono squillò. Afferrò con fastidio la cornetta.
“Gaetano Flores?”.
“Sì”.
“Hai sentito la notizia?”.
“Sono davanti al televisore”.
“Domani sarai di turno. Fammi un pezzo sulla famiglia della ragazza”.
Le intromissioni del suo caposervizio lo disturbavano, ma era troppo stanco per trattarlo male. Aveva solo voglia di andare a dormire.
Durante la quotidiana riunione di redazione irruppe una notizia: “C’è un uomo sul tetto di Palazzo delle Aquile e minaccia di suicidarsi”. Flores si precipitò di corsa. Trovò Piazza Pretoria gremita di curiosi. Ai piedi della scalinata della vicina chiesa di Santa Caterina, drappelli di precari, disoccupati e senzatetto bivaccavano lì da mesi, una tenda da campeggio dava alla piazza un’atmosfera da suk arabo. Le statue della monumentale fontana cinquecentesca, ripulite dalle
sozzure che le imbrattavano, guardavano lo spettacolo, lo stesso da secoli, indifferenti. I vigili del fuoco, intanto, avevano fatto arrivare un loro mezzo e stavano distendendo l’autoscala, l’uomo continuava ad agitarsi lanciando bigliettini.
Uno di questi cadde vicino ai piedi di Flores, che lo raccolse e alzò lo sguardo verso di lui. Doveva essere un uomo sui trent’anni, indossava una maglietta rossa e continuava a muovere le braccia e lanciare grida che la distanza e il caos della piazza rendevano incomprensibili.
Il silenzio imperfetto di Aldo Penna
Prefazione di Antonio Ingroia
Collana Eretica
192 pagine
ISBN: 978-88-6222-122-1