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Il simbolo nascosto

Creato il 03 gennaio 2011 da Pocheparole

IL NOSTRO PARLAMENTO

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IL NOSTRO PARLAMENTO 1

|Abbiamo tutti presente questa veduta. E’ il grande fondale muto, lo spazio architettonico della presa per il culo, che ogni santo giorno le telecamere dei tg inquadrano per noi e che le redazioni dei giornali continuano a fotografare. Lungo questi muri, sopra il selciato di questa piazza le marionette in nero denominate “iene” hanno rincorso per anni i nostri parlamentari, veloci come l’aria a uscire dall’aula, quando non attesi; e velocissimi a entrarci, quando presi di agguato, per un qualunque motivo… Un soggetto, dunque, riconoscibile, piazza Montecitorio. Un luogo degli italiani (attraverso la Tv) e dei romani (di là dai cordoni invisibili dei controlli anti-terrorismo). Uno spazio che deve essere “fruibile” e bello.

Qualche anno fa in effetti la piazza era un po’ indecente e trascurata, perciò fu deciso di darle un “new look” (quello attuale). Fu deciso che, per il cinquantenario della Repubblica, e quindi per la festa del 2 giugno 1998, si sarebbe riportata la piazza alla giusta dignità visiva e televisiva. A quel tempo, si diede un certo risalto alla cosa. La Camera decise di sostenere le spese (insieme al Comune), come “gesto di amicizia” nei confronti della cittadinanza. Il duo formidabile, composto dal sindaco Ciccio Rutelli e dal presidente della Camera Luciano Violante, annunciarono orgogliosi, e per tempo, che avrebbero restituito a Roma il suo “salotto”.

Grazie. Vediamolo meglio, allora. Anzitutto non è frequentissimo che foto- e telecamere inquadrino il fulcro vero della piazza, anzi del salotto, cioè il grande e bell’obelisco che ne delimita il fronte meridionale. Vediamone uno scorcio, insieme al palazzo che ospita i nostri deputati.

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IL NOSTRO PARLAMENTO 2

Si tratta dell’obelisco cosiddetto Campense (da Campo Marzio, dove stava in precedenza). Questo grande blocco di granito rosso, ricoperto di geroglifici su tutti e quattro i lati, giunse a Roma ben duemila anni fa, nel 9 d.C., direttamente dall’Egitto. Ma è ancora più vecchio: l’obelisco fu fatto erigere infatti dal faraone Psametek II (Neferibra), regnante dal 594 al 589 a.C., e destinato – insieme ad un obelisco “gemello” – al tempio di Heliopolis, l’antico centro del culto del Sole nelle fattispecie e persone divine di Atum e Ra. L’obelisco di piazza Montecitorio dunque, è conosciuto come “obelisco solare” a causa della sua remota funzione religiosa, ma anche per un altro motivo. A portarlo a Roma, insieme ad altri obelischi, fu infatti l’Imperatore Ottaviano Augusto, che lo impiegò nel contesto che segue.

Augusto volle creare un centro visivo e simbolico nella vasta area destinata alla celebrazione della propria potenza, al Campo Marzio. Sullo sfondo dell’Ara Pacis, monumento alle vittorie dell’Imperatore e alla prosperità dell’Impero, nonchè sullo sfondo del Mausoleo della sua famiglia, decise di utilizzare il primo degli obelischi trasportato da Heliopolis dedicandogli la funzione di “gnomone” o “meridiana” del grandioso orologio solare che ideò e fece progettare dal matematico Facondo Novio all’interno del Campo. Grazie a questa grandiosa e scenografica collocazione, l’obelisco di Psametek II divenne la più famosa delle meridiane solari della storia antica. L’Horologium Augusti, cioè il piazzale astronomico vero e proprio, è una delle meraviglie di Roma nascoste sotto la sua superficie (ormai completamente edificata da secoli). Esso era composto da un grande quadrante lastricato, sul quale correva da nord a sud la linea meridiana, graduata in modo da misurare il mezzogiorno solare, ed intersecata poi da linee trasversali rettilineo-curve, e da altre linee, parallele alla meridiana, che nel complesso dovevano indicare con esattezza il calendario, l’ora il giorno e il mese; scritte in bronzo, al suolo, corredavano le informazioni date dall’ombra proiettata dalla grande meridiana. Guardando l’immagine seguente si può avere un’idea dell’aracne o reticolato – al suolo – che costituiva nel complesso l’orologio solare. Il gnomone, cioè l’obelisco, era orientato – poi – in modo tale che al tramonto del 23 settembre, data di nascita dell’Imperatore, nonchè Equinozio di Autunno, l’ombra proiettata dalla sua cuspide raggiungesse il centro dell’Ara Pacis. “Braccio indicatore” della propria gloria, e della fortuna concessa dallo zodiaco, Augusto volle perciò che l’iscrizione alla base dell’obelisco recitasse: “soli donum dedit” ([Augusto] diede in dono al sole).

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La storia successiva racconta la rovina dell’orologio solare a causa degli esondamenti del Tevere; il crollo del monolite durante il cruento Sacco di Roma del 1084 (in epoca assai prossima alle Crociate), la rottura, il successivo interramento. Fino alla riscoperta, al trasporto, le integrazioni di materiale e al finale innalzamento, ad opera dei papi “urbanisti”, a poche decine di metri dall’area dell’antico Campo Marzio. Il tutto, senza riuscirci al primo tentativo. Ma tra il 1789 e il 1792 (giusto per sottolineare, anche qui, l’iportanza delle date) l’Obelisco di Psemmatico tornò a svettare in cielo, questa volta di fronte al palazzo berniniano che poi diventerà sede della Camera dei (Nostri) Deputati. E’ importante rilevare la circostanza che probabilmente ha dato il nome a “Montecitorio“. Deriverebbe infatti da “Mons Acceptorius“, ossia da collinetta deputata a riporto di terra e detriti, in funzione di bonifica e innalzamento della linea delle acque. Una zona di intensi movimenti di terra, dunque. Troviamo qui una prima analogia con un altro “Monte” (del quale parleremo tra poco), che in epoca antica come contemporanea ha visto (e vede tuttora) opere intense di scavo e di riporto…

Nel 1998 dunque la piazza Montecitorio, già corredata del suo obelisco da un paio di secoli (alto circa 22 metri senza basamento, nè sfera sommitale, e che con questi raggiunge l’altezza di più di 33 metri), viene ripulita, ri-pavimentata, sgombrata di ogni arredo urbano improprio, eccetera. Ma l’intervento più importante riguarda lo spazio antistante i tre portoni del Palazzo della Camera. Qui si ripristina l’originaria rampa di accesso, in forma di tronco di cono, come previsto dal Bernini. Inoltre, si decide di disegnare al suolo la Linea Meridiana che l’Obelisco moltissimo tempo fa presiedeva in Campo Marzio. In pratica (anzi, nel simbolo) nel cinquantenario si intende rinnovare l’antica funzione gnomonica dell’obelisco. Come si vede nella foto seguente, questa funzione di misurazione solare sarebbe assicurata dal posizionamento di listelli (o regoli) collocati sulla pavimentazione della piazza, lungo la meridiana nord-sud. Qust’ultima, come si evince, “punta” verso il portone d’ingresso della Camera, da dove passano ogni giorno le centinaia di nostri solerti deputati.

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|Come dicono le entusiaste fonti della Camera, dal giugno 1998 l’Obelisco Campense (vecchio di quasi 2.600 anni), “ha ripreso a segnalare l’ora, anche se nessuno se ne accorge”. Il 1998 (febbraio) è tra l’altro l’anno della famosa “fatwa” di Bin Laden all’Occidente (o meglio, “agli ebrei e ai crociati”). Nella quale si invoca la guerra santa globale per liberare il suolo della moschea di al-Aqsa, a Gerusalemme (oltre che il territorio di La Mecca), dalle armate degli infedeli. Il sito della moschea di al-Aqsa, ricordiamo, non è altro che il Monte del Tempio, dove sorgeva il Tempio di Salomone. L’anno 1998 è inoltre la terza ripetizione del numero della bestia (666+666+666 = 1998). Dite: che cazzo c’entra ? Nulla, era così per dire.

Adesso torniamo un attimo agli obelischi di Heliopolis. Ne giunsero tre a Roma (insieme a parecchie altre pietre egizie, di diversa provenienza). I due portati da Augusto, all’inizio dell’era Cristiana, sono oggi a Montecitorio e in Piazza del Popolo. Il terzo, giunto poco più tardi, è nientemeno che il celebre obelisco di Piazza San Pietro. E’ incredibile come quella mastodontica forma nello spazio (circondata dall’opera del Bernini, come il Campense a Montecitorio), solo per il fatto che non presenta geroglifici sulle sue facce, possa sembrare un oggetto recente (tra virgolette). Invece è di un’antichità scandalosa, e naturalmente era dedicato al dio Ra. Il Sole.

Il nome originale del luogo da cui provenivano queste pietre, nell’antico Egitto, era “lunu“, e significava “il luogo dei pilastri“. Poi in greco diventa “la città del sole” (Heliopolis), in rappresentanza delle molte divinità del Sole che si sono ivi succedute. Roma è la città col maggior numero di obelischi al mondo, quindi è il Nuovo Luogo dei Pilastri, perlomeno per quell’aspetto. Riguardo al Sole, non lo so, ma intanto il grandioso orologio solare di Augusto rivive di fronte a Montecitorio.

Torniamo indietro anche a Ra e al suo faraone, Psametek II. Egli regnò per appena sei anni ma è ricordato, oltre che come grande condottiero di guerra, anche come un grande “costruttore”. Molte le opere, specie di carattere sacrale e religioso, che fece erigere. Tra cui appunto l’obelisco che sorveglia l’accesso “del popolo italiano” nell’aula dove esso “parlamenta”. Questo faraone si recò in Palestina, un giorno. Quella era un’area molto turbolenta, allora. Le tribù israelitiche erano tributarie del re babilonese, il famoso Nabuconodosor (II). C’era un tira e molla infinito tra le regioni israelitiche e il grande “guardiano” babilonese. Il faraone egiziano, da parte sua, come suo padre prima di lui, aveva intenzione di non perdere del tutto una certa influenza economica su quell’area. Fu così che lanciò una spedizione in Palestina, per recuperare delle posizioni commerciali. Ma in realtà giunse come un fulmine a sobillare alcuni israeliti alla rivolta, contro il dominatore babilonese. Ma ecco che Psametek muore, e poco dopo gli attriti – così generati – sui diversi fronti del Giordano, provocano l’evento catastrofico. Nabuconodosor scende su Gerusalemme, la cinge d’assedio, la espugna e distrugge il Tempio. Si tratta della Prima distruzione del Tempio. Tutto è avvenuto assai velocemente, dalla ingerenza del faraone al crollo finale. Molto velocemente (nell’arco di tre-quattro anni), anche se era nell’aria.

Facciamo un notevole salto in avanti, a un epoca di poco posteriore all’Ottaviano Augusto che abbiamo visto sopra. Adesso c’è l’Imperatore Tito Flavio Vespasiano, a Roma. In Giudea c’è ancora turbolenza e Tito non riesce a riportare le cose nell’alveo desiderato. Ci manda suo figlio, un generale, di nome Tito Flavio Vespasiano, anch’egli. Sì, lo so, si fa confusione. E’ un po’ come la storia dei due George Bush, anzi è una storia assai simile, e confusa allo stesso modo, se uno la dovesse giudicare dopo quasi duemila anni. Il figlio va, assedia Gerusalemme, la espugna, distrugge il Tempio. Quello era il Secondo Tempio. Tito torna a casa, nel 71 d.C. e succede al padre come Imperatore. (L’Impero in quel periodo non era più di tipo dinastico e questa deroga a Tito e al figlio di Tito ce li fa assomigliare davvero ai Bush, torno a dire). Naturalmente Tito Junior, lasciando Gerusalemme, ha portato dei ricordini a Roma, tra i quali la Menorah del Tempio. Oggetto sacro dal valore inestimabile (anche dal punto di vista materiale), era il candelabro a sette braccia che veniva acceso all’interno del Tempio di Gerusalemme. Descritto in ogni dettaglio nella Torah, è uno dei simboli più antichi della religione ebraica. Tra le altre cose, simboleggia il “roveto ardente” in cui Dio si manifestò a Mosè per la prima volta, mentre era a pascolare un gregge sul monte Oreb.

Un altro arbusto è legato alla storia della religione, nella stessa fenomenologia del prodigio. Si tratta del cosiddetto “Albero della Vergine Maria“, che offrì rifugio e sollievo alla Sacra Famiglia durante la Fuga in Egitto. Giuseppe, Maria e il piccolo Gesù stavano scappando da Erode. In una delle tante soste, trovarono conforto presso questo albero, che poi, cominciò a crescere in bellezza. Si dice che questo albero viva tuttora, in una località nei pressi di Cairo, che si chiama Al-Matariya. Si porta addirittura a fondamento di ciò il fatto che il nome “Al-Matariya” derivi dal latino “Mater“. Ma la realtà di questa leggenda è che -proprio- in questo posto, oggi devastato dai vicini impianti della Shell, sorgeva molto tempo fa il nucleo della Città sacra di Heliopolis…

Siamo rimasti al sacro candelabro della religione ebraica. Con la seconda distruzione del Tempio, l’oggetto che aveva una funzione simbolica preminente, e che fu letteralmente depredato, perse una collocazione liturgica precisa. Nei secoli successivi, la Menorah è rimasta un simbolo religioso centrale per l’ebraismo, ma ha assunto più esattamente una funzione rappresentativa, piuttosto che liturgica. Come si vede nell’immagine qua sotto, il vero oggetto, unico e irripetibile, che avrebbe dovuto assolvere a una funzione propriamente religiosa, fu rubato e portato via (e poi, smarrito, come sempre capita). Si tratta della “processione” raffigurata in rilievo sull’Arco di Tito, a Roma.

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Essa è talmente preziosa, per documentare la realtà della Menorah, che questo rilievo si è rivelato utile per disegnare lo stemma stesso dello Stato di Israele, che possiamo ora vedere:

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Vogliamo fare altri due excursus, prima della conclusione. La prima sul 7 giugno. La piazza Montecitorio, con la sua nuova Linea Meridiana, fu difatti inaugurata soltanto il 7 giugno 1998, cinque giorni dopo la ricorrenza ufficiale (festa nazionale, nonchè cinquantenario) in occasione della quale si erano promossi i lavori. Strano, perchè da noi i lavori, se devono finire tardi, finiscono cinque anni dopo, non cinque giorni o cinque ore. Ma forse una ragione c’è.

Come abbiamo detto, un altro imponente reperto di Heliopolis, anch’esso portato nella Città Eterna da Augusto, è il famoso obelisco di Piazza San Pietro. E’ alla base di questo obelisco, di solito, che viene composto il Presepe Vaticano, con la Sacra Famiglia che si va formando… Curiosamente è proprio il 7 giugno 1929 che la Città del Vaticano diventa uno Stato Sovrano.

E poi. Se abbiamo parlato più sopra di Palestina e di Gerusalemme, un motivo c’è… La Prima Crociata: il 7 giugno del 1099 comincia l’Assedio di Gerusalemme. Anno 1967, Guerra dei Sei Giorni: il 7 giugno l’esercito israeliano entra a Gerusalemme. Ma te pensa. Deve essere una giornata particolare, perchè tra l’altro è il 7 giugno 1981 che l’Aviazione israeliana bombarda e distrugge il famoso reattore nucleare di Osiraq, in Iraq. Sapete che quel reattore prendeva il suo nome ufficiale dall’unione di “Osiris” (il dio egizio della morte) e “Iraq” ? Glielo diedero i francesi, quel nome (la tecnologia era francese). Mentre gli iracheni, tanto per cambiare, lo chiamarono invece “Tammuz“, nome di una delle principali divinità Babilonesi. Sembra un delirio, comunque sì, il 7 giugno forse è un giorno particolare. Nella storia del popolo ebraico il 7 giugno (che nel loro calendario corrisponde al quindicesimo giorno del mese di Sivan) è ricordato per essere stato sia il giorno di nascita, sia il giorno di morte (alla distanza di 119 anni, non uno di più non uno di meno…) di Judah, quarto figlio di Jacob, dal quale discende la Casa di David, attraverso la più popolosa e importante delle tribù israelitiche, quella di Judah per l’appunto. Il 7 giugno è anche la data di nascita di una persona le cui origini biologiche sono avvolte in una foschia di tipo austriaco-bavarese: Aloys Schicklgruber, il padre di Adolf Hitler.

E’ molto interessante poi scoprire che nella medesima data del 7 giugno gli antichi romani (l’obelisco sta a Roma, non dimentichiamolo) inauguravano la festività religiosa della “Vestalia“. Il 7 giugno era il primo giorno (Vesta aperitur): si apriva il “penus“, ossia la parte più interna e segreta del Tempio di Vesta. Il “penus Vestae” era l’area più sacra del Tempio, il “sancta sanctorum” dove si conservavano gli oggetti di più alto valore simbolico e dove solo le Vestali (non le Veline, che sono un’altra cosa), potevano entrare. Le analogie sono parecchie, con il Tempio di Gerusalemme.

Un ultimo excursus riguarda la figura di Mosè. Essa sembra essere un po’ il collante tra l’Egitto del culto solare, e la nuova voce di Dio, che riconduce il popolo alla sua Terra. Non starò ora a esaminare tutta la letteratura, e le mirabolanti ipotesi di ogni tipo, che sono state formulate sulla figura di Mosè. Ma Sigmund Freud, per esempio, ha compiuto una rilettura che ha fatto da apripista. Secondo lui, Mosè potrebbe essere un vero e proprio anello di collegamento (e fattore causale), del tutto inaspettato, tra la religione monoteistica di Aton, in Egitto, e il monoteismo ebraico. Altri studiosi contestano addirittura la sua reale esistenza, oppure, il significato della sua figura: non un uomo, ma due, o nessuno. Per chi sostiene invece la realtà storica del personaggio, c’è però chi lo ritiene un egiziano, non un ebreo. E – per quanto mi riguarda – è abbastanza forte quello che riporta lo storico (ebreo) Giuseppe Flavio, riportandolo dal dotto egizio di nome Manetone. Cioè che Mosè fosse la leggendaria figura di Osarseph, primo profeta del clero di Osiride e sacerdote di … Heliopolis.

Da più parti poi si sostiene che lo stesso nome “Is-ra-el” rappresenti la fusione di tre istanze divine, succedutesi nel tempo, e cioè Isis (Iside), la dea egizia della fertilità, madre di Horus; Ra, il dio egizio del Sole, e infine El, uno dei nomi coi quali viene chiamato il dio biblico Yahweh. Tutto questo per dire cosa ? Io non lo so come siano andate le cose, tra il Nilo, il Giordano e l’Eufrate (e il Tevere, il Potomac e l’Hudson River…), ma certamente ci sono dei canali diretti di trasmissione del simbolo, dal repertorio egizio a quello ebraico. Per concludersi ai piedi dei nostri parlamentari.

Osservate, infatti. Questo è il centro politico di Roma:

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Avvicinandoci meglio… Là in alto c’è la Camera. In basso la guglia dell’Obelisco solare, da Heliopolis. La barra bianca che corre verso il Palazzo, e che non vedrete mai nelle inquadrature televisive, è la Linea Meridiana. E quei bracci curvilinei, che abbracciano la zona del tri-portale della Camera ? Delineano quel “tronco di cono previsto originariamente dal Bernini“. Ok. A livello poi di funzione propria, dovrebbero, anzi certamente devono riprodurre, in modo simbolico, il “reticolo” dell’orologio astronomico di cui abbiamo parlato sopra. Se andate a rivedere la ricostruzione di Campo Marzio, vedrete che quelle sono le linee che segnavano i giorni i mesi e le stagioni; linee qui opportunamente stilizzate.

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Ma io vedo bene anche che sono sette braccia, in tutto, e che quella è una Menorah. Se non è voluta, è un caso eccezionale di groviglio di coincidenze… Io vedo appunto questo: che c’è l’obelisco “donato al Sole”, simbolo di Heliopolis, il quale “emana” come prolungamento l’Oggetto perduto (perduto a Roma, eh, non a San Pietroburgo o a Mumbai), e la cosa strana è che i nostri deputati entrano, probabilmente, nel simulacro del Tempio… o in qualcosa del genere. Anche se il candelabro sembra restarne fuori. Sembra restare fuori dal nostro Parlamento.

tratto dal sito:calciinculo.splinder.com

 


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