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Il “sistema-Tosi” svelato su Report

Creato il 10 aprile 2014 da Ilnazionale @ilNazionale
Vito_Giacino-Flavio_Tosi-FOTO_GALETTO-IL_NAZIONALE

Vito Giacino e Flavio Tosi – Foto Galetto/IL NAZIONALE

9 APRILE – La discussa puntata di “Report” di lunedì 7 aprile, in cui è stato mandato in onda un servizio del giornalista Sigfrido Ranucci sul presunto “sistema-Verona”, ha aperto scenari a dir poco devastanti per la città. Come se non bastasse il “terremoto-Giacino”, che da qualche mese sta interessando Palazzo Barbieri, ora anche il sindaco Flavio Tosi è sotto attacco. Il servizio giornalistico, che parte dall’ipotesi dell’esistenza (peraltro tutta da dimostrare) di un video-hard che vedrebbe il sindaco-sceriffo protagonista, in realtà si allarga ben oltre e finisce per approfondire i rapporti che fra alcuni esponenti della Giunta e del Consiglio Comunale (lo stesso Tosi, l’ex Assessore allo Sport Marco Giorlo, la consigliera Katia Forte) avrebbero con ambigui personaggi crotonesi, accostati in passato addirittura a qualche famiglia della cosiddetta ‘Ndrangheta, la mafia calabrese. Rapporti che, emerge dal servizio, escono dalla mera sfera personale (che, comunque, per un amministratore pubblico sarebbero sempre da evitare), ma che pare entrino prepotentemente nelle scelte di Palazzo Barbieri al momento di affidare appalti, nominare dirigenti e via dicendo. Una trama intricata e che non sarà facile sciogliere, ma che disegna contorni a dir poco inquietanti attorno alla nostra città.

Inviamo i lettori de “Il Nazionale” che non avessero ancora visto la puntata a visitare il sito internet della Rai dedicato alla trasmissione Report e a farsi un’idea precisa di quanto ipotizzato e documentato da Ranucci. Di certo c’è che nelle settimane precedenti e nelle ore successive Tosi e il suo staff hanno cercato di “depistare” l’opinione pubblica puntando il dito sulla mancanza di prove del video hard (in effetti Ranucci e Gabanelli non ne escludono l’esistenza, ma non ne entrano in possesso) e non affrontando minimamente il tema dei legami con le cosche mafiose calabresi. Tema su cui ci attendiamo che la Magistratura indaghi e su cui occorre che il Sindaco (ancora per quanto?) Tosi chiarisca ben presto la sua posizione.

Quello che dispiace, però, è che ancora una volta il polverone mediatico che tutto ciò ha sollevato (e non è nemmeno la prima volta) non permetta di affrontare sul serio quelli che sono i temi della città. Sia chiaro: non  che quanto emerso non rappresenti qualcosa di assolutamente grave e da approfondire da parte degli organi competenti. Ma è inevitabile pensare che ancora una volta passerà in secondo piano quello che noi riteniamo il principale motivo percui l’amministrazione attuale andrebbe contestata e, dopo una salutare presa di coscienza da parte di tanti elettori, mandata a casa. Verona, da quando Tosi si è insediato a Palazzo Barbieri nel 2007, si è letteralmente fermata. Ci riferiamo alle tanto sbandierate ”Grandi Opere” (che anche da queste colonne abbiamo sollecitato in passato) che non solo non sono mai state realizzate, ma rimangono tutt’oggi ancora sulla carta,  semplici promesse come ai tempi della campagna elettorale. Anzi…delle due campagne elettorali, visto che sia nel 2007 sia nel 2012 hanno rappresentato un tassello importante del programma politico di Tosi il quale soprattutto nella seconda occasione ha sempre dichiarato che avrebbe fatto durante il secondo mandato quello che non era riuscito a fare nel primo. Sia come sia, a distanza di sette-anni-sette dalla prima elezione, il sindaco eletto a furor di popolo dopo la deludente “esperienza Zanotto” non è ancora in grado di restituire alla città una sola realizzazione. Questo vale per il traforo delle Torricelle (“una canna, due canne, chissà, boh, forse…”), per l’Arsenale (“non ci sono soldi”, “si ci sono”, “bando pubblico per raccogliere le idee”), per Castel San Pietro, per la Tranvia e via dicendo. E questi sono solo alcuni degli esempi che si potrebbero fare e di ciò che, soprattutto, l’amministrazione dovrebbe aver già fatto (almeno in parte) e per il momento (un momento che in realtà dura da sempre) non fa.

Tornando all’affaire-Report, ciò che impressiona di più è che la corruzione diffusa spesso – a sentire certi commenti del popolo di internet - non interessa nemmeno più di tanto ad una parte diffusa dell’elettorato di centro-destra, che ha permesso al Sindaco di trionfare in passato. Probabilmente ciò che più importa è l’aspetto più “pruriginoso” della vicenda, quello del video-hard che in realtà non avrebbe che poca rilevanza se non mettesse Tosi nella possibile (il condizionale è d’obbligo) condizione di risultare ricattabile. Lui, il Sindaco, si professa, tanto per cambiare (quante volte abbiamo sentito questo tipo di difese), “vittima del fango mediatico perchè considerato politicamente pericoloso per gli avversari”. Può darsi. Saranno gli organi competenti a stabilire se quanto raccolto e ipotizzato da Ranucci siano, appunto, soltanto ipotesi o ci sia dietro una vera e propria trama per governare Verona in un modo che definire “dubbio” è quantomeno riduttivo. Comunque la si giri, però, su una cosa possiamo dirci ormai assolutamente certi: parafrasando il grande Shakespeare, tanto caro ai concittadini di Berto Barbarani, “c’è del marcio a Verona”.  E questo marcio si riversa sulla città e sui veronesi che ne pagano le conseguenze. Come? Con un immobilismo che, sia pur nella storica immobilità scaligera, risulta a dir poco senza precedenti. E questo nonostante i “succulenti” appalti rappresentino un aspetto a dir poco decisivo per Tosi e i suoi. E’ dunque arrivato il momento di una presa di coscienza collettiva e che gli stessi elettori dell’ex sindaco più amato d’Italia chiedano finalmente conto a lui e alla sua amministrazione, a prescindere da eventuali iniziative della magistratura. E si deve chiedere conto per gli eventuali legami con la mafia, per le frequentazioni con faccendieri di dubbia provenienza, ma non solo. Anche, e noi diciamo soprattutto, per quanto “non fatto” fino ad ora. Perchè il tempo perso, purtroppo, non ci verrà mai più restituito.

Ernesto Kieffer

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