Azad Vartanian, Il soave suono del duduk. Racconti di curdi delle montagne, Nuovi Sentieri Editore, Belluno 2011. ISBN 978-88-85510-99-9
I monti dell’Anatolia orientale sono i custodi di una tragedia che, sorta durante le prima guerra mondiale, riecheggia ancora oggi. Noi la chiamiamo in genere con due nomi diversi: genocidio armeno e problema curdo. Ma questa è una tragedia sola. Se i curdi preseguitati dallo stato turco hanno occupato le terre che furono la Grande Armenia, nel loro sangue, spesso e volentieri, scorre sangue armeno. Azad Vartanian, con i suoi racconti, le sue poesie e i suoi documenti (i libro è ricchissimo di fotografie), ci conduce dentro quest’intricata commistione: dalle deportazioni subite dagli armeni alle violenze subite dai curdi ad opera delle autorità turche, dalla convivenza pacifica d’un tempo alle tradizioni lasciate in eredità dagli armeni ai curdi. Una soprattutto: la custodia dei resti dell’Arca Sacra di Noè, arenatasi sul monte Ararat. Attorno alle cime di quei monti e per quelle valli, corre un’aria sacra, un respiro che suggerisce all’uomo l’armonia con il suo ambiente. Per secoli, anzi per millenni, armeni e curdi respirarono insieme quell’aria e ne condivisero il messaggio, nonostante la lingua e la religione fossero diverse. Un vento di morte durante il Novecento ha cercato di cancellare o di trasformare questa storia, eppure il soave suono del duduk armeno, aleggia ancora, suonato dai pastori curdi…lassù in Curdarmenia