Il “Corriere della Sera” ha intervistato uno tra i più autorevoli sociologi della religione, docente di Social Sciences alla Baylor University e prima alla Washington University, professore onorario presso l’Università di Pechino. Si tratta di Rodney Stark, autore di oltre trenta libri e altrettanti articoli scientifici. L’occasione è il recente rapporto “Pew Forum Research“, che vede in questo inizio del 2012 il cristianesimo come la più diffusa religione mondiale, quella che appare più adatta all’era della globalizzazione. «Forse la più rimarchevole caratteristica della fede cristiana», ha spiegato Stark, «è la sua capacità di fondersi con ogni cultura umana. Così come la Bibbia è stata tradotta in molte migliaia di lingue, allo stesso modo ci sono migliaia di confessioni cristiane, ma ognuna di esse è autentica perché il messaggio di base è veramente universale».
Ha quindi commentato le ultime statistiche, dalle quali si evince che il maggior numero di cristiani vive nel Nuovo Mondo. Nord e Sud America hanno insieme il maggior numero in assoluto e la maggiore percentuale di cristiani. Qual è il problema in Europa? Risponde: «In questo momento il cristianesimo europeo manca di credenti impegnati. Questa mia affermazione diventa veramente ovvia se prendiamo in considerazione le statistiche sui cristiani “attivi”, cioè su quelli che frequentano la chiesa regolarmente». Tuttavia, secondo lui «c’è una notevole possibilità di revival religioso nel Vecchio Continente. È ben noto che i tassi di fertilità in Europa sono caduti molto al di sotto della quota di sostituzione. Ma non tutti i gruppi hanno una bassa fertilità. Chi partecipa attivamente alla vita di una Chiesa ha dei tassi di fertilità molto al di sopra della quota di sostituzione. Di conseguenza la popolazione che va in chiesa sta crescendo, mentre la popolazione secolarizzata declina, e le future generazioni di chi frequenta la chiesa potranno sorpassare di numero chi invece non la frequenta. Così le chiese europee potranno diventare affollate». L’analisi di Stark coincide con i risultati di un recente studio dell’Università di Jena in Germania, in base ai quali le società dominate da non credenti sono destinate all’estinzione mentre i popoli religiosi si evolveranno e si riprodurrano molto più velocemente.
Conosciamo bene la situazione nel Nord America e negli USA, dove oltre l’80% è cristiano: «se nel 1850 circa un terzo degli americani apparteneva a una congregation, cioè ad un gruppo religioso organizzato locale, all’inizio del XX secolo vi appartenevano metà degli americani e oggi questo dato è salito al 70 per cento». In Africa subsahariana e in Asia orientale ci sono oggi circa 800milioni di cristiani, una cifra simile a quella delle Americhe: «Le mie statistiche, basate su ricerche Gallup in circa 160 nazioni, mostrano che ci sono molti più cattolici in Africa di quanto riportino i dati ufficiai della Chiesa. Apparentemente, la crescita è stata così rapida che anche i preti locali hanno perso il conto. Infatti, al di sotto del Sahara, il cristianesimo sta crescendo più rapidamente dell’islam». Dalla situazione cinese si possono trarre altre conclusioni: «La rapida crescita del cristianesimo in Cina riflette l’universale appropriatezza della fede e specialmente la sua compatibilità con la modernità, contrariamente a quello che si può pensare. Fondamentalmente il cristianesimo è una religione della ragione, nel senso che ha sempre cercato di spiegare il suo insegnamento di base. Offre risposte ragionate a domande fondamentali. E lo fa sulla base del fatto che Dio è l’essenza della ragione e la sua creazione è così razionale che può essere spiegata e capita: questa è la base della scienza. Al contrario, le religioni orientali non danno spiegazioni, ma solo meditazioni. I cinesi sono veramente consapevoli della compatibilità del cristianesimo con la scienza e l’economia moderna. E il cristianesimo attualmente è più forte tra i cinesi più immersi nella modernità e le migliori università cinesi sono molto più evidentemente cristiane di quanto lo siano le università americane».