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Il sogno democratico.

Creato il 15 aprile 2015 da Lostilelibero

A furia di raccontare favole per il solo gusto di crederle poi vere, si finisce inesorabilmente per perdere qualsiasi contatto con la realtà. E’ il vizio celato, ma nemmeno troppo bene, dell’occidente, ovvero quello di credersi, per dirla con l’ottuso Fukuyama, “il migliore dei mondi possibili”, e così anche l’unico ammissibile, concepibile, tollerabile, degno, in cui finalmente si è compiuta la suprema volontà dell’uomo: il progresso e la democrazia. Quell’uomo crede talmente tanto a questa favola che, in un accorato impeto altruista, ha deciso pure di esportare questo suo modello vincente al resto del mondo, rendendolo partecipe del nuovo bengodi contemporaneo usando la forza (ma per esportalo, quel modello dovrebbe forse funzionare prima da noi. E in tal senso, i miopi Fukuyama di tutti i colori, tradiscono una logica viziosa, dal retrogusto pericolosamente totalitario: perché dobbiamo usare la forza per esportare la democrazia? Per difendere la nostra democrazia. E perché va difesa la nostra democrazia? Perché è malata e rischia di non esserci più molto presto… Può forse una democrazia essere tale senza un reale suffragio che decida l’esercizio del potere?). 

Da questo punto di vista la democrazia da esportazione non si comporta diversamente dai totalitarismi che avrebbe dovuto invece superare: comunismo e nazismo in primis. Come tutti i totalitarismi, la democrazia vuole infatti rendersi universale, ché un democratico che pretende che tutti gli altri lo siano non è un democratico, bensì un Ferrara. Eppure, nonostante il miope con-vincimento di essere dalla parte del bene assoluto, pare che la favola democratica cominci “progressivamente” a vacillare. L’elettore infatti, massima espressione della conquista dei diritti civili, sembra comportarsi nei confronti del mito dem. come un bambino che fa i dispetti, ma solo per ottenere maggiore attenzione. E così i “minorenni” cittadini segnalano la loro insofferenza, fanno i capricci, e li fanno, d’accordo col principio liturgico che ne guida l’agire, astenendosi dal voto. A tal proposito, anche i dissimulatori nipponici hanno manifestato, qualche tempo fa, la propria insoddisfazione: il premier giapponese Abe conferma l’ampia maggioranza dei due terzi nella Camera Bassa, ma l’affluenza alle urne, da quelle parti, ha registrato il minimo storico: il 52%. Si sono concluse persino peggio che in Giappone le elezioni regionali di Emilia Romagna e Calabria, ove hanno partecipato al voto, rispettivamente, il 37% e il 44%. Uno shock nella rossa, cooperante e partecipativa Emilia. Ma la democrazia arranca soprattutto nelle Candide culle democratiche. Negli Stati Uniti, ad esempio, Barack Obama vinse le presidenziali del 2008 con l’affluenza record, la più ampia di sempre nel reame dei reami democratici: il 65% di chi ha fatto richiesta per votare (in Italia, per un dato simile, benché con la consueta coda di paglia, si parlerebbe di una crisi politica e di rappresentanza democratica senza precedenti – da noi, fino al 2008, l’affluenza non è infatti mai scesa sotto l’80%). E non fanno eccezione, in questa progressiva tendenza alla disaffezione verso la democratica libertà di esercitare il proprio diritto di voto, nemmeno i nuovi rampolli del “club democratico”, quelli che, secondo qualsiasi logica che si richiami al buonsenso, avrebbero dovuto invece manifestare la propria voglia di realizzare quel sogno ad occhi aperti che è l’arrivo della nuova, libera, Cacania democrazia. Nell’Ucraina liberata dal gioco russofilo, ad esempio, la volontà di partecipare all’esercizio del potere democratico ha fatto registrare un’affluenza del 60%. Si è comportato persino meglio, in tal senso, anche l’Iraq (stando agli standard percentuali USA, avanzerebbe persino a grandi passi verso la democrazia liberante, ma solo dalla voglia di “contare” davvero qualcosa come cittadino): nel 2010 il presidente Al Maliki venne eletto con una percentuale di partecipanti simile a quella che portò il superpresidente Obama alla Casa Bianca nel 2012: il 62%. Da questo punto di vista, il popolo Eletto da Dio sembra sentirsi partecipe e coinvolto nella gestione della propria “res publica” come l’ultima tra le novizie colonie democratiche. E così, nel silenzio connivente degli addetti ai lavori, la democrazia rappresentativa traballa, oscille, perde progressivamente di senso e significato. Essa pare non attecchire più, né tra i democratici di primo pelo, che sembrano dare per scontato il suo valore fondante, né tra i nuovi democratici, non così ansiosi, almeno secondo i dati, di aderire a questo nuovo idolum della libertà globale  (il meglio di oggi sembra essere rappresentato dalla Primavera Araba!). Eppure, nonostante questa crisi di rappresentanza, il dibattito sull’intoccabile bontà democratica, fosse anche solo per provocarne una reazione o l'impeto dato da un orgoglio momentaneamente ferito, sembra ancora non accendersi. Figli di un pensiero che liberamente e democraticamente abbiamo scelto dover essere acritico, passivo, stantio e rammollito dal benessere, non siamo all’alba di un rinnovamento senza precedenti, quale poteva essere la spinta razional-illuminista del XVIII secolo, ma “alla fine della storia” umana, in cui nulla può essere meglio di ciò che già abbiamo (fu curiosa, a dirla tutta, pure la libertà proto-democratica dell’epoca dei lumi: un rinnovamento democratico che dice di tollerare e difende la libertà d'espressione, ma poi, sentitosi minacciato, si rinchiude nella tirannia e nell’oscurantismo cari a quell’ancien régime tanto disprezzato. Il "candido" Voltaire ci rivela  l'applicazione del diritto “democratico”: "il popolo dev'essere guidato e non istruito". La solita protervia democratica declinata qui all'illuminismo che, tra le altre cose, si macchiò anche del genocidio dei realisti in Vandea -150.000 morti su una popolazione complessiva di 600.000 persone -).
il sonno della democrazia genera mostri Oggi però le cose sembrano andare meglio. Finalmente, conquista democratica par

excellence

, non abbiamo più bisogno di porci delle domande. Ad essere sinceri, tutto è ormai così “chiaro” che non siamo nemmeno più capaci di porcele quelle domande, d’instillare, seppur sommariamente, il germe del dubbio sulla nostra realtà plastificata. Nell’oscurantista, antidemocratico ed intollerante ancien régime, fosse anche solo per difendere i propri privilegi, c’era gente che, esercitando una libertà critica che i pari grado contemporanei non saprebbero dove trovare, qualche domanda se la poneva, e lo faceva anche, per quanto inconsapevolmente, a vantaggio di quello scambio d’idee e di quel dialogo così fondamentale per la crescita di ogni comunità civile. Necker, ad esempio, pochi anni dopo la Rivoluzione francese, sentenziava preoccupato: “pagare qualcuno perché ci comandi nel nome di noi stessi, del popolo o del bene comune, dovrebbe lasciare stupiti gli uomini capaci di riflessione”. Ma a quell’epoca si erano da poco estinti il feudo, la società chiusa tripartita, il retaggio e i privilegi dell’aristocrazia, eppure, allo stesso modo, nacquero da quella stessa società i Montesquieu, i de Tocqueville, i Rousseau, i Voltaire e i Locke, ma anche i Burke, i Necker e i de Maistre. Oggi, invece, assonnati dalla democrazia vincente, ci accontentiamo di guardarla in televisione senza viverla in prima persona, e questo perché il cittadino crede sia possibile fregarsene belluinamente, ché tanto ci pensa sempre qualcun altro Oggi infatti “democrazia” non significa più "partecipazione al bene comune”, ma il fluido ed efficiente funzionamento di una struttura che vuole solo governare senza ostacoli ed inceppamenti. Forse dovremmo coniare nuove significazioni al contenitore “democrazia”… forse adesso il “più democratico” è colui che non intende disturbare il popolino dai propri affari privati, lasciandolo bello sereno nella sua beata narcolessi fatta di numeri, di pin, di password, di carte magnetiche, di shopping compulsivo, di grandi magazzini, di merci, di oggetti, di  divertissement… e di nulla. LaissezFaire… rêverie. Anzi, oggi non è il sonno, bensì il sogno della ragione ad aver generato mostri! 

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