Dopo un anno intenso di lavoro e di soddisfazioni, dopo nuove conoscenze, amori, dispiaceri e studi, eccomi di nuovo qui.
Per chi passasse per la prima volta, per chi ritorna o ci capita per caso, vorrei esternargli/le che non sono molto amante dei blog, ritenendoli a volte scontati, a volte banali, a volte anche intelligenti e informativi. Si lo so, forse non è molto coerente il mio pensiero, ma ci tengo a dire che io mi trovo dietro a questi scritti perché so cosa significa voler essere curiosi e conoscere persone che fanno il nostro lavoro, che stanno nelle cucine, che sono in fondo, una forma di vita.
Ritorno così a tanti anni fa, quando economicamente non potevo permettermi corsi di cucina, dove trattorie e ristoranti non ne volevano sapere di chi tu fossi o cosa volessi, se in quella carta straccia di presentazione tu non dimostravi di aver tenuto per una volta in mano un coltello o una padella. Dove il tuo futuro era molto lontano, un futuro che vedevi senza via d’uscita. Quando non ti immaginavi più con una bella giacca bianca e un cappello gigante in testa, ma solo un paio d’occhiali e un tacchetto decente e sopportabile dietro a una noiosa scrivania.
Sono sempre stata una persona insicura, e a quei tempi lo ero ancora di più. Timida, impacciata e con zero autostima. Terzetto perfetto, direi. Eppure forse, c’era un piccolo cassetto dentro di me, per cui se lo aprivi, trovavi il desiderio di sperarci ancora, di sperarci sempre. E allora, uscita dall’adolescenza, cercavo di documentarmi il più possibile, spulciando dalle vite dei grandi Chefs ai percorsi di ragazzi alle prime armi, fortunati ad essere entrati in un circolo da cui difficilmente vuoi uscirne. Mi trovavo alla scoperta del dettaglio, di come avessero fatto, di quale fosse stata la “botta di culo” (termine permettendo). E una volta appreso, come potevo io fare lo stesso? Non ci badavo. Le loro storie mi tenevano compagnia, mi facevano sentire vicina, mi davano la forza e mi facevano sorridere. Una sorta di serenità temporanea. O di pura utopia.
Ora sono qua. Forse è stata la stessa “fortuna” citata prima, forse è stato destino, ma vorrei essere, non dico d’esempio, ma “utile” a tutti coloro che là fuori sognano, sperano, vivono.
(Questo non sarà mai un blog di ricette, ma un diario personale – al limite del possibile – senza alcuna impostazione o tattica di marketing o di successo. Me. E stop. De gustibus, aggiungerei).