Nell’illustrazione coppie di atomi di azoto esposti alla luce ultravioletta del Sole o di altre fonti si scindono con maggiore probabilità se uno o entrambi sono isotopi di azoto 15, quindi quelli più pesanti. Credit: UC San Diego
Le tracce chimiche dell’azoto variano in modo considerevole: sono presenti nelle molecole alla base della vita, nel vento solare come anche nella polvere interstellare. Tra le ipotesi sulle ragioni di questa grande varietà c’è anche quella che l’elemento provenga da fuori il nostro sistema solare, attraverso le comete.
Un team di ricerca composto da scienziati dell’Università di San Diego, dell’Università Ebraica di Gerusalemme e dell’UCLA hanno pubblicato uno studio sull’edizione online della rivista Proceedings of the National Academy of Sciences, nel quale hanno illustrato i risultati di un nuovo esperimento condotto attraverso l’impiego di una potente fonte di luce ultravioletta, dimostrando come non sia necessario ricorrere all’ipotesi extrasolare.
L’azoto è presente in natura sotto forma di due isotopi stabili : l’azoto 14 (14N), con un numero uguale di protoni e neutroni nel nucleo e più abbondante in natura, e l’azoto 15 (15N), che ha un neutrone “extra”, ed è più raro ma maggiormente presente nella composizione delle molecole biologiche, come ad esempio le proteine. L’azoto è il quinto elemento più abbondante nell’universo, il diciannovesimo sulla crosta terrestre (di cui costituisce lo 0,03%), il primo elemento per abbondanza nell’aria (di cui costituisce il 78,09%), ed è il quarto elemento più abbondante del corpo umano (di cui costituisce il 3%). Nell’atmosfera terrestre c’è più abbondanza di azoto 15 rispetto a qualunque altra fonte nota, come il vento solare o l’atmosfera di Giove.
Alcuni campioni della cometa ghiacciata Wild2, raccolti dalla missione NASA Stardust, e diversi tipi di meteorite presentano anch’essi una quantità relativamente abbondante di azoto 15 e all’interno del mix disomogeneo che compone i meteoriti rocciosi sono presenti inclusioni, nella forma di cristalli solitari, che possono avere proporzioni estremamente elevate di questo elemento. Tali osservazioni hanno portato all’idea che i mattoni fondamentali della vita potessero essere stati in qualche modo “seminati” sulla Terra, portati forse dalle comete.
Ma i nuovi esperimenti condotti in merito rendono superflua questa ipotesi. «Possiamo generare questo arricchimento dell’azoto all’interno del sistema solare. Tutti i mattoni della vita possono prendere forma al suo interno, non è necessario importare dei pezzi da fuori» dice Subrata Chakraborty, dell’Università di Sand Diego, a capo del team di ricerca che ha pubblicato lo studio. Dirigendo un fascio luminoso di luce ultravioletta ad onda molto corta attraverso azoto ed idrogeno Chakraborty e i suoi sono riusciti a generare ammoniaca con una proporzione molto distorta di azoto 15 in confronto a quella presente nel gas prima dell’irraggiamento, che era uguale a quella presente nell’atmosfera terrestre.
Coppie di atomi di azoto, le molecole che compongono il gas, venivano scissi con più facilità dai fotoni ultravioletti se uno o più degli atomi apparteneva alla tipologia più pesante di azoto. Gli atomi di azoto liberato dal processo si ricombinavano con l’idrogeno per formare ammoniaca. Le molecole di ammoniaca (NH3, un atomo di azoto legato e tre atomi di idrogeno) formano un gruppo chimico di fondamentale importanza: le ammine, che caratterizzano gli amminoacidi, che si legano in lunghe catene e formano le proteine. Le molecole di ammoniaca si uniscono anche ad anelli aromatici di carbonio per dare vita a basi azotate, quelle che trasportano le informazioni nel DNA e nell’RNA.
Luci come quelle usate per l’esperimento, con lunghezze d’onda tanto brevi, non danno più luogo a questo tipo di reazione sulla Terra essendo deviate dall’atmosfera terrestre. L’esperimento è stato condotto in un ambiente appositamente progettato, una camera al cui interno si è creato il vuoto ed allineata con l’Advanced Light Source dei Lawrence Berkeley National Laboratory, la prima fonte di luce a sincrotroni di terza generazione.
Mark Thiemens, che ha diretto l’esperimento ed insegna chimica presso l’Università di San Diego, sostiene che gli eventi chimici che hanno portato alla formazione di ammine nelle quali si trova l’isotopo di azoto 15 potrebbero essere avvenuti in un’epoca remota, probabilmente ai confini ghiacciati della nebulosa primordiale, e sottolinea questo dicendo «è il momento giusto in cui questo fenomeno potrebbe essere avvenuto, prima della formazione dei pianeti, prima della nascita della vita». Tra gli altri membri del team autore dello studio figurano Harel Muskatel dell’Università Ebraica di Gerusalemme, Teresa Jackson dell’Università di San Diego, Musahid Ahmed del Lawrence Berkeley National Laboratory e R.D. Levine dell’Università Ebraica e dell’UCLA.
La ricerca pubblicata è stata finanziata dal programma “Cosmochimica e Origine del Sistema Solare” della NASA. Il dipartimento per l’Energia statunitense supporta l’operatività dell’o strumento Advanced Light Source.
Fonte: Media INAF | Scritto da Francesca Aloisio