Galleggiare nel cosmo a qualche migliaio di Km dalla più vicina tangenziale, irraggiungibili dalle interruzioni pubblicitarie e senza possibilità di avere alcuna “tacca” di campo per il cellulare è una situazione che, solo a descriverla, rallenta il battito del cuore e dona calma. A chiuder gli occhi sale allo sguardo l’universo e il senso di relax diviene totale.
Ma… è davvero così? Com’è il sonno degli astronauti? Si fanno sonni sereni nello spazio?
Beh, la situazione è molto meno rilassante di quanto si possa pensare. Non c’è il telefono, è vero, ma le comunicazioni con la Cape Canaveral di turno sono continue. Chi vive l’esperienza del viaggio spaziale racconta di come si sia in una connessione continua fatta di messaggi, controlli, check, feedback, domande, richieste e conferme, insomma, tutt’altro che relax!
C’è da considerare poi che il corpo vive una situazione del tutto innaturale, rispetto alla quale i parametri di “normalità” sono alterati. Può essere difficoltoso trovare il giusto modo per dormire o anche semplicemente per riposarsi un po’.
Nello spazio la dinamica del sonno è decisamente particolare: il corpo non è sottoposto alla microgravità, inutile quindi il cuscino, per dormire c’è un sacco a pelo assicurato con speciali cinture di sicurezza che fanno in modo che gli astronauti rimangano ancorati al giaciglio e non fluttuino in aria; non esiste il giorno come lo viviamo qui sulla Terra, non c’è il sole che sorge e tramonta (sulla stazione spaziale ISS l’alba e il tramonto si vivono ben 16 volte nell’arco di 24 ore) e per dormire ci si deve letteralmente imporre un ritmo.
Come tutti sanno, un buon sonno ristoratore è essenziale per recuperare energie psicofisiche e fronteggiare lo stress. La mancanza di sonno o la scarsa qualità del dormire, in una situazione come quella della navicella (o della stazione) spaziale possono essere pericolosissime. Si pensi alla necessità di eseguire performance delicate come le manovre, le uscite, gli interventi di emergenza. Lo stress causato dalle condizioni di vita, in primis dalla socialità forzata e dalla mancanza di spazio, non può essere metabolizzato e superato se il sonno è carente.
Proprio per questo, la NASA ha avviato un progetto di ricerca denominato Sleep – Wake Actigraphy and Light Exposure During Spaceflight.
Alcuni anni fa uno studio condotto da alcuni istituti italiani (Scuola Superiore Sant’Anna, Università di Pisa, Istituto di Fisiologia del CNR) sancì come il cortisolo, detto anche “ormone dello stress”, possa interferire con la “Sleep Slow Oscillation (SSO), l’onda madre del sonno ad onde lente (il sonno ristoratore)”. Un astronauta non può permettersi di essere troppo nervoso, un errore potrebbe causare una tragedia.
La lotta allo stress parte quindi dal sonno. Se agli spazionauti viene consigliata la pratica della meditazione trascendentale, qui sulla Terra è possibile partire dalla scelta di un buon materasso e di un cuscino adatto al proprio stile di riposo.
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