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Il successo della didattica: costruire relazioni

Da Rossellagrenci

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Sono una logopedista, non ho studiato per diventare un’ insegnante (ho fatto il Liceo Scientifico), però sono figlia di un’insegnante di scuola elementare, una donna eccezionale che non c’è più già da qualche anno, ma che ha lasciato il segno in tutti i bambini che sono cresciuti insieme a lei.

Perchè? Era brava, personalizzava la didattica, utilizzava tanti strumenti diversi per fare lezione (gite, spettacoli, ricerche di gruppo), cercava di capire la storia di ogni bambino. Una cosa però faceva davvero la differenza: creava relazioni.

L’ho capito vedendo la testimonianza su TED di Rita F. Pierson, che apparentemente sembra dire cose scontate. Ma non è così. Vi invito a perdere qualche minuto del vostro tempo per farvi coinvolgere dalla forza prorompente di questa EDUCATRICE.

Trascrizione del video:

Ho trascorso tutta la mia vita o a scuola, o sulla strada per la scuola, o a parlare di cosa succede a scuola. I miei genitori erano entrambi docenti, lo erano anche i miei nonni materni, e durante gli ultimi 40 anni lo sono stata anch’io. È inutile dire quindi che per tutti questi anni ho avuto la possibilità di osservare la riforma scolastica da prospettive diverse. Alcune delle riforme sono state buone. Altre un po’ meno. Sappiamo perché i ragazzi abbandonano gli studi. Sappiamo perché non imparano. Può essere per la povertà, l’assenteismo o l’influenza negativa dei compagni. Sappiamo il perché. Ma una delle cose di cui non parliamo mai, o di cui si parla ben poco, è il valore e l’importanza dei rapporti umani, delle relazioni.

James Comer sostiene che non ci può essere apprendimento significativo senza una relazione significativa. George Washington Carver dice che l’apprendimento consiste nella comprensione delle relazioni. Tutti quanti qui avete subito l’influenza di un professore o di un adulto. Per anni ho visto gente insegnare. Ho guardato i migliori e anche qualcuno dei peggiori.

Una collega mi disse un giorno: “Non mi pagano per farmi piacere i ragazzi. Mi pagano per impartire una lezione. I ragazzi dovrebbero impararla. Io dovrei impartirla. Loro dovrebbero impararla. Caso chiuso.”

Beh, le dissi: “Sai, i ragazzi non imparano da gente che a loro non piace.”

Allora mi disse: “Queste sono un sacco di stupidaggini.”

E io le dissi: “Beh, il tuo anno sarà lungo e difficile, tesoro.”

È inutile dire che fu cosi. Certe persone pensano che la capacità di costruire una relazione o ce l’hai o non ce l’hai. Ma io penso che Stephen Covey aveva ragione quando diceva che dobbiamo mettere in atto alcune piccole cose, come cercare prima di capire e poi voler essere capiti, cose semplici come chiedere scusa. Ci avevate mai pensato? Dite a un ragazzino che vi dispiace e rimarrà scioccato.

Un giorno dovevo spiegare le proporzioni. Non sono molto brava in matematica, ma ci stavo lavorando. Quando sono tornata a casa, ho guardato il manuale del docente. Avevo spiegato tutto male. Quindi il giorno dopo sono entrata in classe e ho detto: “Sentite, ragazzi, vorrei chiedervi scusa. Vi ho spiegato male la lezione. Mi spiace tantissimo”. Mi hanno detto: “Non c’è problema, signora Pierson. Era così entusiasta che l’abbiamo lasciata fare.”

Ho avuto classi con preparazione così scarsa, così carenti dal punto di vista scolastico, che mi veniva da piangere. Mi chiedevo come sarei riuscita a portare quel gruppo in soli 9 mesi dal livello in cui si trovava a quello in cui doveva essere. Ed era difficile. Era terribilmente duro. Come aumentare contemporaneamente l’autostima di un ragazzo e i suoi risultati scolastici?

Un anno mi è venuta un’idea brillante. Ho detto a tutti i miei alunni: “Siete stati scelti per assistere alla mia classe, perché io sono la migliore insegnante e voi siete i migliori studenti. Ci hanno messi tutti inisieme per dimostrare agli altri come si deve fare.”

Uno di loro ha chiesto: “Davvero?” 

Gli ho risposto: “Davvero. Dobbiamo far vedere alle altre classi come si fa. Quindi quando passeremo per il corridoio, la gente ci osserverà, e non potete fare rumore. Solo dovete camminare a testa alta.”

E ho dato loro delle frasi da ripetere: “Io sono qualcuno. Ero qualcuno quando sono arrivato. Sarò una persona migliore quando me ne andrò. Sono forte e potente. Mi merito l’educazione che sto ricevendo qui. Ho cose da fare, gente da impressionare e posti da visitare.”

E mi hanno detto: “Sì!”

Se lo dite molte volte, incomincia a diventare parte di voi.

E così ho fatto fare un compito in classe, 20 domande. Uno degli studenti ne ha sbagliate 18. Gli ho messo un “+2″ sul foglio e anche una grande faccina sorridente.

Mi ha chiesto: “Signora Pierson, questo è un insufficiente?”

Ho risposto: “Sì.”

Mi ha chiesto: “Allora perché mi ha messo una faccina sorridente?”

Ho detto: “Perché stai cavalcando l’onda del successo. Ne hai azzeccate 2. Non le hai sbagliate tutte. E quando riproverai, lo farai molto meglio, vero?”

Mi ha detto: “Sì, signora, posso farlo meglio.”

Vedete, un -18 ti butta giù totalmente. Un +2 invece dice che non sei poi così male.

Per anni ho visto mia madre correggere compiti nell’intervallo, fare visite a domicilio al pomeriggio, comprare pettini, spazzole, burro di arachidi e cracker, e metterli nel cassetto della cattedra per i ragazzini che avevano fame, e un asciugamano e del sapone per quelli che non avevano un buon odore. Sapete, è difficile insegnare a degli alunni che puzzano. E poi i ragazzi possono essere crudeli. E quindi teneva quelle cose nel cassetto, e anni dopo, quando era già andata in pensione, ho sentito dire da alcuni di questi stessi ragazzi: “Sa, signora Walker, Lei ha cambiato la mia vita. Mi ha aiutato a farcela. Mi ha fatto sentire come se fossi qualcuno, quando in fondo sapevo che non era vero. E voglio solo farle vedere cosa sono diventato.”

E quando mia mamma è morta 2 anni fa, all’età di 92 anni, c’èrano così tanti ex-alunni al suo funerale, che mi è venuto da piangere, non perché se n’era andata, ma perché aveva lasciato in eredità delle relazioni che non sarebbero mai svanite.

Possiamo sopportare un maggior numero di relazioni? Assolutamente. Vi piaceranno tutti i vostri alunni? Certo che no. E sapete che quelli più difficili non sono mai assenti. Mai. Non vi piaceranno tutti, e quelli difficili sono là per un motivo. È il legame. Sono le relazioni. E anche se non vi piacciono tutti, la cosa importante è che non devono mai e poi mai saperlo. Quindi gli insegnanti diventano grandi attori e attrici: veniamo a lavorare quando non ce la sentiamo, e ascoltiamo regolamenti che non hanno nessun senso, e insegnamo comunque. Insegnamo comunque, perché questa è la nostra professione.

Insegnare e imparare dovrebbero essere un piacere.

Quanto sarebbe potente il nostro mondo se i nostri ragazzi non avessero paura di rischiare, non avessero paura di pensare, se avessero un paladino? Ogni ragazzo merita di avere un paladino, un adulto che non lo abbandonerà mai, che comprende la forza del legame e insiste che diventi la miglior persona possibile.

È duro questo lavoro? Ci potete scommettere. Oh, Dio, ci potete scommettere. Ma non è impossibile. Possiamo farcela. Siamo docenti. Siamo nati per fare la differenza.
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