Capita che dopo un anno in cui ti sei “fatto il mazzo”, decidi che una giornata di relaxtotalenonpensoaniente te la sei meritata. Che dopo una primavera di pioggia, fulmini e temporali (che l’autunno a confronto pare la bella stagione) decidi di passare la tua prima giornata al mare, spaparanzato stile quattro di bastoni, col sole che ti brucerebbe le palpebre se non fosse per il libro, che in tutto l’inverno non sei riuscito a terminare, a farti da scudo.
Capita che per per evitare il traffico di quei 70 km che ti dividono dall’amata spiaggia rispolveri la moto e che a culo ti si avvia al primo colpo perché il letargo della batteria è stato meno affamato d’energia del solito.
Zaino in spalla, giubbotto, guanti e via.
Giornata caldissima, grande decisione quella della moto, in men che non si dica sei sul litorale.
Capita che nonostante il budget non proprio abbondante pensi di nuovo che te lo meriti: scegli il lido migliore, non vuoi ragazzini intorno e il casino di persone che potrebbero distrarti dalla missione di completare quel cazzo di libro*.
Venticinque euro ombrellone e lettino, ma sei contento lo stesso, la moto l’hai parcheggiata in striscia bianca, gratis, e questo basta a farti felice. La spiaggia è deserta, i posti sono quasi tutti prenotati da villeggianti che probabilmente prima del mese prossimo non si vedranno.
Verso l’una una famigliola alquanto benestante si appropria dell’ombrellone di fianco. Papà sui quarantacinque, fisico ancora atletico, modi gentili. Mamma carina e dolce con un tono di voce così pacato che sembra quasi coccolare ad ogni frase la figlia più o meno ventenne, biondina dal sorriso “furbetto” e ben curata, che da qui a qualche anno si trasformerà in una bella gnocca di sicuro.
“Mi è andata bene, questi non si sentirebbero manco se fossero in quarantadue sotto quell’ombrellone” pensi, e ritorni beato alle avventure di Robert Langdon. Uno sguardo dall’altra parte, vedi le sdraio vuote ma qualcosa ti tiene in ansia. È quello lì, in lontananza, proprio vicino alla riva che alza un braccio per farsi notare.
“Roberto!!!!” come una specie di ruggito.
Papà Roberto con calma fa un piccolo gesto di saluto, quasi a volersi nascondere. La biondina Quasignocca il cenno lo fa addirittura con la testa. “Speriamo non venga qui” le si legge in volto.
Il tizio si avvicina: “Roberto! Anche tu qui? Da quanto tempo non ci incontravamo!“.
Quella voce è di un brutto, di un fastidioso, di un nervoso che la mia ansia precedente si sta teneramente trasformando in panico. In quel momento ho pensato “gutturale” ma pochi secondi dopo ho capito che è “rutturale”. Si tratta di una specie di rutto continuo, ogni parola viene fuori dal fondo della gola, proprio dallo stesso posto in cui nasce il rutto più terribile scatenato dal più gasato bicchiere di coca cola ghiacciato che possiate immaginare.
Rutturale: “Allora Roberto, come ti trovi a Milano?“
Roberto: “Bene grazie! Certo, mi manca un po’ Napoli, ma riesco a scendere spesso e ogni tanto la mia famiglia mi raggiunge lì”
Rutturale: “Eh, quest’anno è stata dura per il mister!“
Roberto inizia a perdere un pochino della tranquillità di quando è arrivato. Si tratta di un uomo dello staff dell’allenatore di una delle squadre di Milano. Non facciamo nomi, ma avrete ben capito come me, di chi si tratta: l’anno scorso a Napoli ed ora a Milano. E Seedorf non credo stesse dalle parti di Napoli lo scorso anno.
“Ma forse lo spogliatoio è stato più difficile da gestire. Com’è Samuel? E Cambiasso?” dice Rutturale in una tempesta di rutti.
“Due professionisti” replica secco Roberto.
Bravo, frase secca, senza prolungarsi. Rutturale capirà che non vuoi essere cagato il cacchio. Ora saluta e va via.
Ma Rutturale è uno tosto. Si sdraia sulla sabbia tipo omino del coccobello dopo una giornata di lavoro. “Meno male che c’era Palacio, è forte quello“. Roberto fa un cenno con la testa e si concentra sulla bottiglia di minerale che sta per aprire.
“Carlooooo? Carloooo? Vieni qua che ti presento la figlia di Roberto!“. Carlo, il figlio di Rutturale, grazie al cielo non ha preso dal padre (almeno non le corde vocali), e della figlia di Roberto veramente non gli frega una emerita mazza. Rutturale invece ha ben chiaro il piano: Carlo e la figlia di Roberto insieme gli aver ebbero assicurato un futuro a fracassare i maroni al povero Roberto, il cui panico inizia a marcarne il volto.
Dall’una circa, fino alle quattro, Rutturale schianta il povero Roberto di rutti… scusate, di domande, col poverino che si limita a rispondere si o no. L’apice lo raggiunge con la domanda del secolo, quella che nessuno avrebbe mai chiesto a Roberto, quella che non si sarebbe mai aspettata. “Ma è più forte Cavani o Higuain?” e Roberto ha anche risposto con una cosa che nessuno avrebbe mai immaginato potesse essere detta da uno del mestiere e che non vuole essere fracassato i coglioni: “Cavani è un grande atleta, Higuain è fortissimo e ha grande esperienza” che più o meno equivale a “cazzo vuoi che ti dica?”.
Nel frattempo Langdon rifiuta di muoversi dal giardino di Boboli di Firenze. Proprio non ce la fa. Evidentemente Langdon non ama particolarmente i rutti.
Alle ore 16:40, tre pagine del mio libro più avanti, Rutturale, che ormai va a ruota libera, cambia argomento: “Credo stia per piovere“. Roberto ha un brivido. Quasignocca si alza e richiude il telo mare. La mamma gentile si riveste. Roberto e famiglia salutano e scappano via, ora più rilassati di prima. Rutturale sempre sdraiato sulla sabbia alza lo sguardo al cielo. Io sposto il libro ormai fermo sulla stessa pagina da ore e scorgo i nuvoloni avvicinarsi.“Buuuuuuurrrrrrpppp!” ma stavolta non è Rutturale, il suono è lo stesso, ma viene proprio da quei nuvoloni.
Zaino in spalla, giubbotto, guanti e via.
Il tempo di arrivare alla moto che sento il “tic” della goccia sbattere sul casco. Settanta chilometri in moto sotto la pioggia con ogni tuono che mi ricorda Rutturale, l’uomo dalla voce più ruttosa del mondo e col potere di controllare i fenomeni atmosferici.
* Inferno, di Dan Brown. Lo finirò di leggere questa estate, si spera.