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Il tabellone del destino

Creato il 29 marzo 2014 da Povna @povna

Da quel giorno, memorabile, di luglio, tanta acqua era passata sotto i ponti. L’estate dell’egoismo, il settembre dei vestitelli, l’autunno delle funzioni strumentali, l’inverno della compilazione dei bandi, l’arrivo, puntualissimo, di un’attesa primavera. Nel mezzo, tanti eventi: collaborazioni incrociate tra colleghi, attestati di stima, molte e nuove conoscenze; novità dall’altro mondo e anche da quello dell’amicizia storica; notizie shockanti da digerire passo passo, la presa d’atto di nuovi assetti emozionali.
E su tutto (o, meglio, dentro la vita, come sempre), la straordinaria quotidianità del suo lavoro nelle classi, con le quali la ‘povna ha anche quest’anno macinato mondi: il percorso serio sulla via delle scoperte con le attentissime Giovani Marmotte, la nuova fisionomia che hanno preso tutti gli Anatri (di ritorno da un viaggio in Appennino che è stato solo bello); e poi, ovviamente, loro: i Merry Men. Con i suoi uomini del bosco la ‘povna ha preso, dall’anno scorso, la strada impervia del triennio e, tra sbandamenti e folgorazioni certe, ha portato avanti un lavoro singolare e non proprio dentro i canoni. La “classe più pazza della scuola” (cit.), dal canto suo, aveva risposto a voce unanime. E, tra molte risate e molte urla (come succede nei rapporti idiosincratici), erano arrivati al lungo marzo, alle soglie del periodo dell’anno più importante – ma anche di una non più derogabile decisione ‘povnica, che andava negoziata insieme a loro.
E’ stato così che, in una giornata di montagne russe, la ‘povna ha creato – in un afflato di narcisismo imperdonabile (e al grido enfatico di “perle ai porci”) – il tabellone di cui al titolo. Nella realtà, un foglio A4 di risulta (fornito da Rebecca), diviso in due, un “Sì” e un “No” a scandire le due parti. Su questo foglio la ‘povna ha segnato una serie di croci, volta per volta. Ciascuna di esse corrispondeva a un punto a favore e uno a torto rispetto al trasferimento. Perché la verità è che, dopo tutti questi mesi così schiettamente imprevedibili, la ‘povna non sapeva cosa fare.
Giorno dopo giorno, lezione dopo lezione, il bene e il male di quella classe che non conosce vie di mezzo è stato istoriato sul tabellone del destino, con infaticabile prontezza. Tra gli episodi più critici, si ricorda quella volta in cui Soldino si slanciò a corpo morto sul registro (dove il foglio riposava, per quella mattina intonso), al grido di: “No, la prego, no, professoressa! Le prometto che adesso, e per tutta l’ora, stiamo buoni”. Oppure l’occasione in cui si recarono in delegazione sulla casa sull’allbero, una per una, tutte e trentuno le Giovani Marmotte: “Abbiamo saputo del tabellone del destino, datevi una regolata e fate a modo, che noi la prof. la vogliamo, l’anno prossimo. Sappiate che se se ne va noi veniamo tutti quanti a picchiarvi. E non temete che vinciamo, state certi: voi siete grandi, ma noi siamo tantissimi”. E dopo questa orazion picciola, che aveva lasciato i Merry e la ‘povna diversamente zitti, tutti compunti i Marmottini se ne erano scesi seri seri.
Si è arrivati così al giorno X (venerdì 28 marzo): totale delle croci, 32 vs 31, un tema di storia da concludere. Va detto che il giorno prima (e anche alla prima ora dello stesso venerdì, a dirla tutta) si era consumato un melodramma. Con una telefonata a casa di Weber, da parte di Ottusa, a nome del consiglio di classe, nella quale (in assenza di un solo rapporto contro di lui in tutto il quadrimestre, e senza aver parlato col ragazzo) quel genio di collega avvertiva la mamma di venire ai colloqui con urgenza perché “Rischia la sospensione per comportamento, la situazione è grave”.
Un tale abuso di potere (che deriva una volta di più da un’incapacità di gestire la sintassi del discorso: chiedere alla mamma di Weber di venire era legittimo, parlare di sospensione, no di certo) aveva generato in tutti gli uomini del bosco uno stato ingestibile di ansia; e anche un litigio antelucano tra la ‘povna (che la differenza tra merito e metodo la conosce, e anche la venera, e sa che il primo rischia spesso di essere mandato a puttane dal secondo) ed Esagono – che, sulle prime, di fronte alla richiesta di opportuni chiarimenti, aveva risposto con un tono (“Sì, sono io che ho caldeggiato la telefonata di Ottusa, c’è qualche problema, a me non sembra?!”) che alla ‘povna aveva fatto molto male. Ne era seguito un confronto che solo un eufemismo poteva definire “franco e aperto”, con vaffanculo reciproci, e urla, e frasi sibilate come non si scambiavano dai tempi delle incomprensioni d’Onda. Per fortuna la loro stima reciproca è più forte. E tutti e due, ciascuno con i suoi mezzi, avevano cercato, dopo, di chiarirsi e ricucire. L’ora era finita in gloria con una specie di abbraccio, Esagono che le tira (come da copione) un libro in testa e la ‘povna che conferma, puntigliosetta: “E comunque con le parole, in questa storia, ingegneri ignoranti quali siete, avete sbagliato tutto, non negare”.
Esagono china la testa, si avvia per le scale, ammette: “Dai, andiamo giù che siamo in ritardo”. Sbarcano in segreteria. “Oggi scade il trasferimento, a proposito…”. I puntini di sospensione confermano quello che lui non aggiunge con le parole (visto che, come acclarato, non sa usarle).
“No che non lo chiedo” – aveva concluso la ‘povna imitando Soldino con un sorriso storto – “figurati se li lascio nelle vostre mani”.
Risata.
Risata.
La ‘povna sale sulla casa sull’albero. Loro sono zitti e già pronti, tutti ai banchi. La ‘povna consegna i fogli da copiare, nel silenzio. Loro si chinano sui temi, non sillabano verbo. Al suono della campana consegnano educati e con puntiglio. Intanto alla porta bussa l’Ingegnera Tosta (la piscina le attende).
“Arrivederci, cari, vado a nuoto, domani è un altro giorno…”.
Ma è bloccata dal sorriso, radioso e furbo, di Piccolo Giovanni: “Prof., si è dimenticata di segnare il tabellone, saranno almeno due croci positive, andiamo 33 a 31, come minimo…”.
Tace.
Tacciono tutti.
La ‘povna si avvicina al registro, tira fuori il foglio. Lo prende dalla cima. E poi lo straccia. I Merry Men prorompono in un urlo, da veri uomini del bosco.
Alle ore 14.01, mentre il sistema telematico chiude i nodi per presentare la domanda, la ‘povna nuota, felice, le sue cinquanta vasche. Lo sceneggiatore, di lì a breve, le manderà un regalo che sa solo di “Ben fatto”.
La ‘povna, i Merry Men (e di straforo pure Esagono) festeggiano con un chilo di ovetti al cioccolato, fino a rischiare il mal di pancia, per tutto il sabato mattina.


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