L’aspirante
Biondo è andato in vacanza, e con lui il Taccuino, la penna e la mia voglia di
scrivere, giustificata dall’assenza di un'incombente urgenza e dalla presenza
di un'incombente voglia di riposo da studio, città, social... Non è andato in
vacanza però il bisogno di raccontare che, in seguito ai fatti accaduti, si è
tradotto in esigenza di denunciare. O forse, come un Dio (a cui per scelta non
diamo nome) ci consiglierebbe meglio, di commiserare, perché di miseria si tratta,
e nient’altro.
Il
sette gennaio scorso, due uomini vestiti di nero si sono presentati nella sede
del settimanale satirico Charlie Hebdo in
rue Nicolas Appert, ed hanno sparato con i loro kalashnicov il direttore
Stéphan Charbonnier, i disegnatori francesi Georges Wolinski,
Jean Cabut, Bernard Verlhac, Philippe Honoré, i
collaboratori Mustapha Ourrad, Elsa Cayat, Bernard Maris, Michel Renaud,
un inserviente ed un agente di polizia. Il settimanale aveva già subito altri
attentati, a causa delle sue vignette irriverenti e corrosive, ritenute
blasfeme nei confronti di alcuni principi religiosi. Charlie Hebdo è un giornale ateo e
laico. Scomodo.
E così, dopo l'incendio alla sede del 2011, la scossa è arrivata più forte con un vero e proprio attentato senza precedenti per la Francia. Si è trattato a ben vedere di un riprovevole attacco alla libertà di espressione, sancito dall’articolo 12 della Costituzione Italiana:
“Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio
pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. Tutti
hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo
scritto e ogni altro mezzo di diffusione.”
ma già nato insieme alla nozione stessa di
Stato, così come lo intendiamo oggi, libero e democratico. La prima formulazione l’avevano data proprio i francesi nell'articolo 11 della
Dichiarazione francese del 1789 , così affermando:
“La libera comunicazione dei pensieri e delle
opinioni è uno dei diritti più preziosi dell’uomo”
In forza dell'universalità di tale diritto, scegliamo di
dedicare questo articolo alle vittime della strage di Charlie Hebdo.
Qualcuno evidenzierà il fatto che il terrorismo, quello
fanatico ed estremo, tutti i giorni attacca, abbattendo decine di civili, ignorati
dal resto del mondo e dalla giustizia. A queste morti innocenti (più
innocenti di quelle dei disegnatori di Charlie si potrà credere) probabilmente
non avremmo mai pensato di dedicare una puntata del Taccuino. Lo ammetto. Ma
come una famiglia che patisca più acerbamente e disgraziatamente la morte di un
suo componente, rispetto a quella di un estraneo, noi oggi con estrema umiltà vogliamo
commemorare le vittime del giornale in quanto ci sentiamo parte della loro
stessa famiglia (non siamo anche noi un giornale irriverente?). Soprattutto chiamiamo in causa quella libertà di espressione che muove la nostra passione
più grande, scrivere e comunicare, e denunciamo il suo oltraggio meschino, che
nessuna Religione, che si definisca tale, può rendere giustificabile. Con tale premessa
ci scrolliamo dalle eventuali critiche di egoismo occidentale.
Piuttosto che allinearci alla retorica dei Je suis Charlie,
che rimbombano sui social network in caratteri e disegni diversi, abbiamo
deciso di parafrasare questo messaggio secondo il significato che noi diamo.
Noi siamo Charlie perché ci piace ridere delle contraddizioni.
Noi siamo Charlie perché crediamo nella forza della parola.
Noi siamo Charlie perché sosteniamo la libertà di pensiero ed espressione, che
niente e nessuno potrà negare.
Noi siamo Charlie perché crediamo che il Dio che l’uomo si costruisce con la sua immaginazione, a tratti, abbia qualcosa di ridicolo.
Noi siamo Charlie perché quando abbiamo visto la copertina
del nuovo numero, dopo la strage e il dolore, siamo risorti anche noi, ed il
nostro spirito combattivo.
Noi siamo Charlie perché crediamo come Luz che “I terroristi
in fondo sono solo persone che hanno dimenticato di essere stati bambini un
giorno e che hanno perso il senso dell’umorismo”.
Noi siamo Charlie perché crediamo che se davvero un Dio
esiste, è un Dio misericordioso, che piange delle miserie umane, e piange
insieme a Luz, suo disegnatore, ma senza condannare, perché il suo messaggio è
sempre quello: "Tout est pardonné".
Il
14 gennaio Charlie è ricomparso in edicola, come un Cristo risorto che riscatti
le iniquità subite con la forza della sua libertà. Perché con le armi e la
violenza non sempre si può vincere. Mentre con una matita sì.