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Il Tagliator Cortese non esiste

Creato il 05 luglio 2012 da Faustodesiderio

È arrivato il momento di tagliare e tutti ora invocano la strana figura del Tagliator Cortese che è quello che non taglia qua ma là, che taglia lì e non qui. Perché tagliare è giusto e necessario ma se le forbici arrivano a tagliare i rami secchi dell’albero nel mio giardino, scatta subito la protesta e si grida all’ingiustizia e si dimostra che le cose che si vogliono tagliare non sono sprechi ma bisogni e risorse fondamentali per la crescita e dunque bisogna sforbiciare altrove, nell’altro giardino vicino dove – come è noto – l’erba è sempre più verde. È una storia antica che si conosce bene, sia nel mondo politico sia nel mondo giornalistico.

Il governo Monti ha fatto i compiti a casa e in Europa ma è necessario continuare a “studiare” e, soprattutto, ottenere risultati. Sappiamo che per molti anni abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità e sappiamo da molto tempo che saremmo dovuti correre ai ripari con calcolo e lungimiranza. Ma sono queste due virtù che appartengono sempre al governo che verrà e mai a quello che c’era. Ora, invece, il governo che c’è sa che l’unica cosa che non può tagliare sono proprio i tagli: si fa sul serio. I partiti – e i sindacati, è chiaro – sono chiamati a fare la loro parte che significa che non devono ostacolare ma sostenere. Se poi sono in grado di sostenere e tagliare personalmente, beh, facciano pure. Ma se ci troviamo in queste condizioni è proprio perché chi avrebbe dovuto non ha fatto. Non fu forse proprio il ministro Renato Brunetta ad annunciare di dover licenziare gradualmente ma nell’arco dei cinque anni della legislatura trecentomila dipendenti pubblici? Dunque, decenza vuole che se ora c’è un governo che vuole e deve fare ciò che non fu fatto non si passi a difendere l’indifendibile presentandosi come i difensori dei più deboli e i salvatori della patria ma, al contrario, ai tagli individuati dal governo nell’ambito dello spreco e dello sciupio pubblico si aggiungano altri tagli nel gran mondo della casta politica per dare il “buon esempio” che tra le riforme è la migliore.

Questa storia della spending review è davvero strana. Quella che deve essere la normalità – la revisione della spesa – è vista come un’eccezione, a dimostrazione che abbiamo vissuto in un mondo capovolto che è diventato parte della mente nazionale e ora che si prova a rimettere le cose al loro posto tutto è percepito come anormale e sottosopra. E invece non c’è cosa più normale in uno Stato serio della “revisione della spesa” ossia fare i conti e vedere ciò che ci si può permettere e ciò che è un lusso, ciò che è uno spreco, ciò che è un privilegio, ciò che è improduttivo, ciò che è un abuso, ciò che è un’ingiustizia. Il governo Monti – glielo ha scritto ieri anche il Giornale, guarda un po’ – non deve indietreggiare perché sarebbe un errore grave che non tarderebbe a ricadere su Stato e nazione. Però, proprio perché la revisione della spesa non è solo materia di bilancio, non deve commettere un altro errore: quello di far passare i tagli solo come una dolorosa operazione di riordino dei conti. Fare bene i conti è il primo dovere di uno Stato moderno: tagli, investimenti, tasse, servizi sono cose che stanno tutte insieme. Chi non l’ha capito o finge di non averlo capito è pericoloso.

tratto da Liberal del 5 luglio 2012



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