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Il talento letterario al tempo del Web

Da Bruno Corino @CorinoBruno

Il talento letterario al tempo del Web

La letteratura al tempo del web


Prima o poi qualcuno la domanda dovrà porsela: fra tantiscrittori e poeti “sconosciuti” che “pubblicano” nei diversi siti “letterari”ce ne sarà qualcuno che un giorno andrà a finire in qualche storia dellaletteratura italiana? Personalmente è da qualche anno che metto le mie cose inquesti siti, e mi sono reso conto di come il fenomeno sia piuttosto diffuso. Èvero che per un verso le potenzialità del mediumhanno offerto la possibilità di allargare la propria cerchia amicale favorendouna moltiplicazione esponenziale di questi autori. Tuttavia è vero anche chemolti scrivevano ugualmente senza aspettare l’esplosione del Web. Per quanto miriguarda, ad esempio, io scrivo poesie, racconti e saggi dall’età di dodicianni. E non credo di essere l’eccezione. Chi precocemente, chi più tardi, credoche fossimo in tanti a scrivere e a inviare i propri testi dattiloscritti agliindirizzi delle varie case editrici. Qualcuno, più fortunato, è persinoriuscito ad emergere.Voglio dire, non è che prima dell’affermazione del Web lepersone che scrivessero con questo intento fossero una esigua minoranza, e chesoltanto in seguito siano diventate un vero e proprio esercito. Semplicemente èche prima dell’avvento del Web non se ne aveva la percezione, cioè il fenomeno esistevama non era così visibile come invece lo è diventato dopo.Adesso, mettiamo da parte tutte quelle spiegazioni sociologicheche dicono che il fenomeno sia legato alla scolarizzazione di massa che lemoderne società hanno conosciuto, e torniamo alla domanda di partenza. Dunque,a occhio e croce, senza aver fatto nessun censimento, posso dire che gli autoriche “pubblicano” nei siti siano almeno un centinaio di miglia. Un vero eproprio esercito! Ora, non si tratta di buttarla nel calcolo probabilistico edire: vuoi che in un esercito di centomila autori non vi sia almeno un AntonioTabucchi o un Pier Vittorio Tondelli? Forse ve n’è anche più di uno. Ma ilproblema che mi pongo non è quello di calcolare quanti di questi autenticitalenti ci sono in quel esercito, e neanche rispondere alla domanda: quante possibilitàhanno questi talenti di emergere da questo esercito? La mia domanda va più afondo: coloro che pubblicano nel web hanno la possibilità di farsi riconoscere e di essere riconosciuti come autori talentuosi?Come si può osservare mi pongo il problema da un duplicepunto di vista, attivo e passivo: dal punto di vista attivo, mi domando in che modo l’autore può “segnalare” ilproprio talento; dal punto di vista passivo, invece, mi domando in che modo illettore potrà riconoscerlo. Se restiamo all’interno dell’ambito virtuale, possodire che tale duplice possibilità, di farsi riconoscere e d’esserericonosciuto, rimane piuttosto remota. Dalla mia esperienza, posso dire che gliautori e lettori che si rivolgono al web per scrivere e leggere è una utenzapraticamente autoreferenziale, cioè sono abitualmente i medesimi autori a farsial contempo lettori! Quindi, io autore leggo ciò che altri autori “postano” nelweb allo stesso modo in cui questi altri autori leggono ciò che io scrivo.  Detto ciò non è da escludere che ci sianoanche lettori “puri”, che non siano contemporaneamente anche autori, ossiainternauti che leggono quanto viene scritto nel web e che hanno persino l’opportunitàdi colloquiare con i propri autori preferiti, ma nel nostro panorama, secondome, costituiscono una esigua minoranza. Ora, finché sono gli stessi autori chesi leggono tra loro e una ristretta minoranza di amatori è difficile che siattivi una procedura di riconoscimento che porti a riconoscere in Tizio o in Caioun nuovo Tabucchi o un nuovo  Tondellidel Web.Certo ogni autore, in qualità di lettore, può scrivere un“commento” critico (favorevole o sfavorevole) a quanto letto, ma si tratta diun commento “impressionistico”, nel quale il lettore/autore può esprimere ilmodo in cui ha recepito il testo, ma al di là di questo tono impressionisticonon si va. E non si va, come vedremo, in ragioni di difficoltà oggettive nonper mancanza di volontà da parte del lettore/autore. Tuttavia, prima di inoltrarci nell’esame della procedura diriconoscimento nel mondo del web, vediamo come questa si attivava nel mondo editoriale. In sostanza, s’attivavaquando si metteva in moto un “circolo interpretativo”. In pratica, quandoqualcuno cominciava a “interpretare” con testi scritti ciò che un autore aveva pubblicato.Lo poteva fare con un breve articolo di giornale, una breve recensione, un“elzeviro”. Ognuno di questi interventi critici aveva la funzione di“segnalare” a un pubblico di lettori sempre più ampio la “presenza” di unanovità. Non ha importanza sapere quale fosse lo scopo che induceva qualcuno aparlare dell’opera di un autore. Fatto sta che il parlarne attirava suquell’opera l’attenzione di una cerchia sempre più ampia di lettori. Perciò perun autore pubblicare con una casa editrice era una condizione imprescindibile,senza la quale non poteva attivarsi il circolo ermeneutico. Possiamo definire di primo livello questa  attivazione del “circolo ermeneutico”.Tuttavia, questo primo livello era una condizione, secondome, necessaria, ma non sufficiente ai fini del riconoscimento di un talento letterario.Occorreva che s’attivasse un secondo livello, messo in moto dall’autorevolezza e dal prestigio dell’interprete. Per fare un esempio, negli anni Sessanta,Antonio Pizzuto, un questore di polizia che dopo l’età della pensione cominciòa pubblicare i suoi romanzi, fu riconosciuto come autore di talento quando lasua opera venne valorizzata da critici prestigiosi quali Gianfranco Contini eCesare Segre. Da quel momento la sua opera entra in un circuito ermeneutico di secondolivello, che a sua volta viene incrementato da ogni nuovo interventointerpretativo autorevole, che a sua volta ne alimenta un altro ancora, e cosìvia.È ovvio che affinché questo secondo livello ermeneutico s’incrementinel tempo, l’opera deve sapersi schiudere a un mondo infinito di significati. Quandoinizia lo scavo ermeneutico, magari questo mondo non si svela nell’immediato, ossianel primo livello, ma a poco a poco e nel corso del tempo comincia a rivelarsi,soprattutto quando l’opera “interagisce” con l’epoca presente, in quanto ne hasaputo anticipare delle tendenze. Con ciò non voglio dire che sia sufficientel’autorevolezza dell’interprete per attivare un circolo ermeneutico di secondo livello.Se andiamo un po’ indietro nel tempo, ad esempio, nonostante il fatto che ilpoeta Francesco Gaeta avesse avuto l’avallo autorevole di uno dei piùprestigiosi critici letterari dell’epoca, Benedetto Croce – il quale,prediligendo il suo gusto carducciano, contrappose il pessimismo “eroico” diGaeta a quello “arido” di Gozzano – non per questo tale interpretazione haattivato un circuito ermeneutico di secondo livello. Attualmente, il nome di Gaeta non è citato innessuna storia della letteratura italiana, addirittura, possiamo dire, sequalcuno lo cita ancora è soltanto grazie al fatto che Croce gli dedicò qualcherecensione.Ora tutto ciò accadeva (e accade) nel mondo editoriale o nell’operastampata. Possiamo affermare che le stesse procedure messe in atto in questo mondopossano valere anche nel mondo del web? Vale a dire possiamo stabilire un’equivalenzatra i due mondi? Oppure sussistono delle differenze tali da renderli incommensurabilie quindi da mettere in atto nuove procedure che nulla hanno a che spartire con quelledel mondo editoriale?E quanto scopriremo nella prossima puntata. Intanto, per restarein tema, chi vuole può suggerire qualche spunto ulteriore.

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