Clamorosa accelerazione degli eventi nel corso della giornata di ieri. Borse a picco, spread allucinante, immediata risposta del Presidente della Repubblica: nessuna incertezza sulle dimissioni di Berlusconi, a breve governo tecnico o elezioni. Poco dopo Fini e Schifani annunciano che la Legge di Stabilità sarà approvata sabato. Sabato sera o domenica mattina, dunque, il Cavaliere salirà al Quirinale per l’ultima volta da Presidente del Consiglio.
Ma è stata un altro avvenimento a sorpresa a togliere le nubi di incertezza sul futuro (e i mercati oggi hanno gradito): Napolitano ha nominato Mario Monti senatore a vita. Il Presidente della Bocconi da più di un anno che è ritenuto un papabile leader di un governo tecnico, la mossa del Capo dello Stato è uno scacco matto.
Le elezioni anticipate o un governo PDL-Lega-UDC sono ancora possibili, ma un altro evento le ha rese meno probabili: Silvio Berlusconi ha dato il suo benestare al governo tecnico. Una svolta inaspettata che ha scombussolato gli ambienti del PDL ma che arriva da lontano e che tra poco spiegheremo.
Il PD e il Terzo Polo sono fortemente favorevoli a questa soluzione. Si sono defilati Lega e IDV, mossa elettorale più che altro, visto che stare all’Opposizione conviene sempre nei sondaggi e comunque con i loro numeri non minerebbero l’insediamento di un governissimo. Qualche problema in più lo creano gli ex AN che dal ventre del PDL lasciano trasparire il loro malcontento. Ma se Berlusconi sceglie una via, il partito imbocca quella. Chi non ci sta è fuori, ma non sarebbe una sorpresa se il PDL si dividesse un minuto che Berlusconi non è più Presidente del Consiglio e leader assoluto.
Da dove arriva questo cambio di idee? Da ciò che sta più a cuore a Berlusconi: le sue aziende. Ieri Mediaset è andata malissimo: -12% e sospensione per eccesso di ribasso. Da qui i colloqui intensi con Fedele Confalonieri, Bruno Ermolli, Piersilvio e Marina riguardo le sue imprese. Si è fatta sentire anche la finanza internazionale: il fondo canadese Mackenzie Cundill Investment e quello newyorkese BlackRock (due autentici colossi) che detengono il 3,44% e il 2,28% hanno fatto presente a Berlusconi che potrà pure perdere la carica di Presidente del Consiglio, ma bisogna comunque preservare il benessere del suo patrimono mediatico. Le parole definitive sono arrivate da Ennio Doris: sì al governo tecnico, è questo che ci chiede l’Europa, ci vuole una personalità di prestigio o è la fine.
E allora chi meglio di Mario Monti?
Un uomo che incarna in persona i poteri forti. Sessant’otto anni, varesino, laureato alla Bocconi (manco a dirlo) e specializzato a Yale insieme a quel James Tobin premio Nobel per l’economia e ispiratore della famosa tassa sulle transazioni. A 27 anni è già insegnante di Economia a Torino, nell’85 si trasferisce alla Bocconi dove sarà direttore dell’Istituto di Economia politica, rettore e infine Presidente.
Pur essendo stato sempre ai margini della cronaca e del teatrino della politica, Monti ha collezionato numerosi incarichi prestigiosi. È stato relatore della Commissione sulla difesa del risparmio finanziario dall’inflazione nell’81, presidente della commissione della Commissione sul sistema creditizio e finanziaria, membro della Commissione Sarcinelli nell’86-87 e del Comitato Spaventa sul debito pubblico (’88-’89). Ha fatto parte del consiglio di amministrazione della Fiat, è stato vicepresidente dell’Iri e della Banca commerciale italiana.
L’anno d’oro è il ’94. Oltre alla carica di Presidente della Bocconi ereditata dopo la morte di Spadolini, Berlusconi lo nomina commissario europeo insieme a Emma Bonino. Nella commissione guidata da Jacque Santer assume le deleghe a mercato interno, servizi finanziari, integrazione finanziaria, fiscalità ed unione doganale. Nel ’99 Prodi prende la presidenza della Commissione, D’Alema lo conferma e gli viene assegnata la delega alla Concorrenza. In questo ruolo condurrà le importanti battaglie contro la fusione tra General Eletrictric e Honeywell e comminerà una multa di 500 milioni a Microsoft per delle violazioni delle regole dell’antitrust.
Nonostante Berlusconi non lo riconfermi nel 2004, preferendogli Buttiglione, l’ascesa di Monti ai vertici della finanza mondiale non si arresta. L’anno successivo diventa international advisor per la potentissima Goldman Sachs. È presidente europeo della Commissione Trilaterale, chiacchierato club neoliberista ed è nel comitato direttivo del Gruppo Bilderberg, la ristretta cerchia di economisti, banchieri e politici che una volta l’anno si riuniscono e decidono i destini del mondo.
Non c’è dubbio che la mano di Napolitano che ieri ha firmato la sua nomina a senatore a vita e presto firmerà quella a premier è stata guidata da Angela Merkel, dalla City, dalla BCE e dal Fondo Monetario che gradiscono molto Mario Monti.
Il Fatto lo descrive così:
La sua caratteristica è la centralità: non è alto ma nemmeno basso, non è grasso e neppure magro, parla in modo sommerso e apparentemente noioso. In pubblico non ride mai e non è mai polemico.
Ieri ai margini di un convegno a Berlino ha parlato già da Presidente del Consiglio:
l’Italia ha un lavoro enorme da fare.
Le richieste dell’Europa e della comunità internazionale all’Italia, in termini di risanamento dei conti e di stimolo allo sviluppo, sono quello che dovrebbe essere chiesto ad ogni Paese, per una maggiore crescita, che deve avvenire non da ulteriori prestiti, ma attraverso la rimozione degli ostacoli alla crescita stessa.
La crescita richiede riforme strutturali che tolgano ogni privilegio alle categorie sociali che ne hanno, cancellando il problema italiano di chi protegge la propria circoscrizione elettorale.
Se l’Italia non avesse fatto parto dell’euro ci sarebbe più inflazione, politiche meno disciplinate e meno rispetto per le generazioni future. Politicamente e storicamente, l’Italia non può ignorare le sue responsabilità in quanto membro fondatore dell’UE.
Si moltiplicano in queste ore già le voci sulla composizione del nuovo esecutivo, che dovrebbe evidentemente sottostare ai paletti imposti dai partiti che lo sosterranno. Verso la riconferma Nitto Palma alla Giustizia, la Gelmini all’Istruzione, Frattini agli Esteri e Fitto agli Affari Regionali. Immancabile Gianni Letta Sottosegretario alla Presidenza. Agli Interni possibile Amato, qualora Maroni debba essere sostituito causa forfait della Lega, che sarebbe anche vice premier. All’Economia in pole Saccomanni, senza dimenticare Grilli, con l’inevitabile siluramento di Tremonti. Allo Sviluppo Economico troverebbe un posticino Bini Smaghi, al Welfare Pietro Ichino. Paolo Baratta alla Cultura e La Russa alla Difesa potrebbe placare la furia degli Ex AN. Il PD si prenderebbe la poltrona da Ministro dei Rapporti con il Parlamento con Enrico Letta, che sarebbe anche vicepremier.
Boatos ancora prematuri che però evidenziano come si viaggi veloci verso il governo tecnico. Un esecutivo fortemente sostenuto da Giorgio Napolitano e che quindi potrà varare manovre mal digerite o dai partiti o dal popolo come il taglio ai parlamentari, l’alzamento dell’età pensionabile o una patrimoniale. In agenda anche una più feroce lotta all’evasione, le liberalizzazioni, la riforma fiscale e del mercato del lavoro.
C’è già lo slogan: Governo Monti, sacrifici pronti.
Fonti: Wikipedia, Dagospia, La Stampa, Il Giornale, Il Fatto Quotidiano, Repubblica