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Il telo

Creato il 13 ottobre 2012 da Federbernardini53 @FedeBernardini

Image All’alba del 15 dicembre dell’anno 1308, dopo un anno e due mesi di assedio, Hugues de Chaumont, precettore di Provenza, consegnò la fortezza di Draguignan al suo nemico, Olivier Ambert, abate di Saint Etienne. Fu una resa senza condizioni: la guarnigione di Draguignan era stremata dalla fame e il barone di Chaumont, piuttosto che vederla perire, si affidò alla clemenza del cugino, l’abate di Saint Etienne. Bruciò il Baussant, bagnato dal sangue di Renaud de Varennes, che aveva sventolato sino all’ultimo sulle mura di Ruad e aprì le porte del castello.

Quando Olivier Ambert fece il suo ingresso a Draguignan, i cavalieri, i sergenti e i fanti, sfiniti e laceri, erano schierati in formazione di battaglia nella corte della fortezza. L’abate vittorioso ordinò loro di deporre le armi ai suoi piedi e solo al precettore di Provenza fu concesso di consegnare nelle sue mani la spada con la quale il comune antenato Bertrand aveva combattuto ai Corni di Hattin.

-Mi duole, caro cugino- disse l’abate, -di dover essere io a disarmarti e ancor più mi duole che tu abbia tradito re Filippo e papa Clemente.-

-Che siano maledetti entrambi!- urlò con quanto fiato gli restava in gola il barone di Chaumont.

-Baussant! Baussant! Baussant!- gli fecero eco i commendatori e i cavalieri, facendo rumorosamente cozzare i loro guanti di ferro sugli usberghi.

-Voi siate maledetti, cani eretici!- ribatté con disprezzo l’abate. -Risponderete dinnanzi a Dio e agli uomini della vostra empietà!-

-Che Dio assista il nostro Maestro!- urlò ancora il barone di Chaumont.

-Che   Dio   assista de Molay!-   gridarono  i commendatori  e i cavalieri.

-Tacete, dannati sodomiti, adoratori di idoli! Il vostro Maestro ha già confessato tutti i suoi e i vostri crimini e presto arderà sul rogo insieme  a voi- li minacciò Olivier Ambert con voce tonante. –Che i fanti vadano liberi alle loro case! Voi sarete messi in catene e condotti alla prigione del Tempio-.

Al precettore di Provenza fu concesso il privilegio di rimanere agli arresti nel suo alloggio. I precettori di Normandia e di Aquitania languivano ormai da oltre un anno nelle carceri del Tempio.

***

 -Domani stesso partiremo alla volta di Parigi- disse l’abate al cugino, che aveva invitato alla sua mensa.

-Ci sapremo difendere, chiameremo Dio a testimone della nostra purezza, Egli ci salverà-.

-Tu bestemmi, cugino, a Parigi ti attende Guillaume Imbert, il Grande Inquisitore-.

-Non lo temiamo, abbiamo combattuto il Turco a Ruad e molti sono morti senza emettere un gemito- ribatté orgogliosamente Chaumont.

-Anche se non dovrei- continuò l’abate con tono mellifluo, -lascia che ti dia un consiglio, cugino: ti conviene rivelare subito a me i tuoi segreti, mostrami dove celate Baphomet e ti prometto che intercederò presso il re e il papa affinché ti sia concessa clemenza…Imbert è un demonio e non potrai resistergli, Molay e i precettori di Normandia e Aquitania hanno già confessato ogni cosa…tutto, tranne dove celate Baphomet-.

Il barone di Chaumont proruppe in una fragorosa risata. –Baphomet…Baphomet, sai tu dov’è, cugino?-

-Ah…se lo sapessi!-

-E neanche io lo so, perché Baphomet non esiste, è solo un’invenzione di Guillaume de Nogaret e dei suoi scherani-.

-Non mentire, in molti hanno parlato e ce l’hanno descritto. Dimmi dov’è celato!-

-Frugati nel buco del culo, cugino, forse lo troverai lì-.

-Taci, dannato sodomita!- sbraitò l’abate, colpendolo con uno schiaffo.

Chaumont si asciugò col dorso della mano il sangue che gli colava dalla bocca e lo guardò con aria di sfida. –Vigliacco! Se ci fossimo incontrati in campo aperto e non mi avessi preso per fame, ti avrei dilaniato il cuore, cugino-.

-La tua diabolica ostinazione ti costerà la vita, Hugues, ormai sei vinto, non condannarti, ti puoi ancora salvare, te lo giuro su Dio. Voglio solo che tu mi riveli dove si cela Baphomet-.

-Anche se volessi non potrei, solo a un cavaliere del Tempio si può svelare il volto di Baphomet e tu non lo sei-.

-Ordinami!- disse con tono perentorio l’abate, porgendogli la spada.

-Non serve, per entrare nel Tempio mi devi baciare tre volte il buco del culo e devi sputare tre volte sulla croce-.

-Sono pronto a farlo!- gli rispose senza indugio.

Il precettore di Provenza sogghignò. –Anche tu, prete sacrilego, credi a queste storie! E saresti anche disposto a fare ciò che ti ho chiesto per soddisfare la tua ambizione. Dio ci vede e sa chi di noi è dalla parte della verità; tu e i tuoi padroni sarete perduti in eterno, potrete spogliarci di tutto e arderci sul rogo, ma voi brucerete per sempre tra le fiamme dell’inferno. Che siano maledetti re Filippo e papa Clemente!-

-Ora basta, infame idolatra! Non serve trattarti da uomo, tu e i tuoi accoliti siete solo una   muta di cani  rabbiosi  da mettere alla catena…saprà bene Guillaume Imbert come trattarvi. Riportatelo nel suo alloggio!- urlò schiumante di rabbia ai suoi scherani e quelli, prontamente, obbedirono.

***

Era l’ora fra il notturno e il mattutino. Il gelo e il buio invadevano la camera, divenuta prigione, del barone di Chaumont, che aveva atteso invano il sonno liberatore, pregando la Vergine Maria. Si avvolse intorno al corpo nudo la pesante pelliccia che ricopriva il suo letto e si diresse verso l’ampia finestra, accecata da una spessa tenda di pannolano. L’invetriata che un tempo la chiudeva era stata frantumata dai colpi di balista durante il lungo assedio e, non appena il barone scostò il drappo, il suo volto fu ferito da una lama di ghiaccio. Non una fiaccola illuminava la notte in quell’ala del castello di Draguignan, ma la valle che si stendeva a perdita d’occhio ai suoi piedi era bianca di neve, scintillava alla luce del plenilunio. Contemplando quel biancore purissimo, la sua disperazione gli apparve, per contrasto, ancora più tetra: il suo cuore si contrasse dolorosamente, lasciandogli un vuoto nel petto.

-Vergine Maria- esclamò, -abbi pietà di noi! L’anticristo è seduto sulla cattedra di Pietro e ci dilania con le sue dita artigliate…se noi saremo perduti il mondo intero lo sarà. Abbiamo scavato nel tempio di Salomone e abbiamo scoperto l’antica sapienza, con cui abbiamo eretto cattedrali di pietra  e di luce; abbiamo conosciuto tutti gli uomini della terra, compresi quelli che vivono al di là del grande mare, e abbiamo sognato di renderli fratelli, con un solo Dio e una sola legge, nella pace e nella prosperità; abbiamo parlato con il Veglio della Montagna e abbiamo letto nel suo cuore il nostro stesso anelito; abbiamo versato il nostro sangue per difendere il sepolcro   del tuo  figlio dal Turco ed ora, quello che si fa chiamare il suo vicario, si rivolta contro di noi e ci soffoca, per carpire il nostro sapere e la nostra ricchezza e metterli al servizio del maligno. Per il sangue di Cristo, Vergine Madre, volgi verso di noi, tuoi fedeli servitori, il tuo sguardo misericordioso e sollevaci dall’abisso nel quale siamo caduti!-

Le lacrime che gli scendevano sulle guance, cristallizzate dal gelo, brillavano come piccole stelle di speranza al chiarore lunare, ma anche il suo cuore s’era fatto di ghiaccio: l’ululato del lupo squarciò il silenzio della notte e gli trafisse il petto gonfio d’angoscia come un colpo di misericordia.

-Vergine Maria, il demonio ha scoperchiato gli avelli degli inferi, stanotte, e le anime dannate brancolano nel buio, in cerca del nostro sangue! Abbi pietà di noi, Vergine Maria, per il sangue di Cristo!-

***

All’ora prima, gli scherani di Olivier Ambert entrarono nella sua camera: il precettore di Provenza aveva già indosso l’usbergo, la tunica bianca con la croce patente di sangue sul petto e il mantello. Era pronto per il viaggio. Quando giunsero a Parigi erano i primi di gennaio dell’anno 1309.

Nell’orrenda carcere del Tempio, poté rivedere i suoi confratelli, il precettore di Normandia e quello di Aquitania, piagati nel corpo e nell’anima ma non ancora domi.

-Il Maestro, fratelli, ditemi del Maestro! Mio cugino, l’abate di Saint Etienne, mi ha mentito…non è vero che si è accusato dei crimini immondi che ci vogliono a tutti i costi attribuire? Non è vero…ditemelo, fratelli!-

-Olivier Ambert, che Dio maledica lui e papa Clemente, ha detto   il vero,   ma solo in parte-   gli rispose   con tono grave il precettore di Normandia. –Il Maestro ha avuto un momento di debolezza, si è lasciato vincere dalla paura e, credendo di agire per il bene suo e dell’Ordine, ha fatto alcune  ammissioni, ha invocato clemenza, ma poi è tornato in sé e ha ritrattato tutto. Gli altri, che hanno confessato ciò che i carnefici volevano che confessassero, l’hanno fatto solo perché non erano più in grado di sopportare i tormenti…-.

-Guarda, Hugues, guarda cosa mi hanno fatto!- gli disse un vecchio cavaliere, mostrandogli i piedi mutilati. –Guarda!- ripeté porgendogli un sacchetto di tela: conteneva le ossa carbonizzate che si erano staccate dai suoi piedi a causa della tortura.

-Mi hanno dato il tormento del grasso e del fuoco, ecco come mi hanno ridotto!-

-Non abbiamo più speranza di salvezza, ma difenderemo la verità e l’onore sino all’ultimo, sino al rogo che ci hanno già preparato prima di concludere il processo- soggiunse il precettore d’Aquitania.

-Ciò che voi dite mi addolora, ma nello stesso tempo mi conforta, fratelli- replicò Hugues de Chaumont. –Povero Maestro, poveri fratelli, cosa vi hanno fatto! Il vostro…il nostro sangue ricadrà su di loro. Che Dio maledica re Filippo e papa Clemente!-

Prima che Imbert iniziasse l’inchiesta a suo carico, il barone de Chaumont chiese ed ottenne di poter parlare con Jacques de Molay: lo trovò fiaccato nel corpo ma forte nell’animo.

-Sono risuscitato dai morti- gli disse il Maestro con un ambiguo sorriso. –Mi hanno flagellato, coronato di spine e crocifisso a una porta poi, credendomi morto, mi hanno avvolto nel sudario, quello che mi portavo sempre appresso…te lo mostrai in Palestina ricordi?-

-Sì, Maestro, ricordo- gli rispose con le lacrime agli occhi.

-Ma dopo due giorni…sono tornato fra i vivi…guarda!- gli disse mostrandogli il telo. –L’impronta del mio corpo piagato è rimasta impressa sulla stoffa. Ho già trovato il modo per farlo portare fuori di qui; voglio che si conservi in memoria del mio sacrificio. E voglio anche che si conservi la memoria della dignità con cui sapremo affrontare il martirio-.

-Non temere, Maestro, il mio cuore non ha mai tremato e non tremerà neanche questa volta-.

-Lo so, ne sono certo, Hugues, per noi non c’è speranza, ormai, possiamo solo morire con dignità, gridando la nostra innocenza. Ma ti conforti sapere che molti dei nostri fratelli si sono salvati, in Spagna, in Portogallo, in Scozia…e da quei paesi riprenderanno l’opera che noi abbiamo dovuto interrompere…Ci sono cose che non posso dirti, le rivelerò prima di morire a colui che designerò come mio successore…noi veniamo da lontano…da molto lontano e siamo destinati ad andare lontano, se l’Ordine perisse, il mondo stesso perirebbe. Abbi fede, la luce che accesero Hugues de Paynes e i suoi poveri cavalieri di Cristo non si spegnerà. Abbi fede e sii forte, figlio mio, che Cristo, nostro Signore, ti guidi!-

Fu quella l’ultima volta che si videro. Nei giorni seguenti, dopo la territio verbalis e la territio formalis –gli scrupolosi legisti come Imbert erano ligi alle loro macabre regole- Hugues de Chaumont, precettore di Provenza, sopportò senza un gemito i tratti di corda, l’acqua e il fuoco e spirò, col nome della Vergine Maria sulle labbra.

Pochi anni dopo, nel 1314, Jacques de Molay e gli ufficiali del Tempio, gridando la loro innocenza in faccia ai carnefici, salirono   sul rogo.   Filippo il Bello,  Clemente V e Guillaume de Nogaret non tardarono a seguirli nella tomba, mentre la luce accesa da Hugues de Paynes e dai suoi poveri cavalieri di Cristo, non si è ancora spenta.

Federico Bernardini

Illustrazione: La Sacra Sindone, fonte http://it.wikipedia.org/wiki/File:Shroudofturin.jpg



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