Introduzione
L’articolo offre un’approssimazione teorica ed empirica a proposito delle misure che si stanno prendendo e che potranno essere prese in un prossimo futuro sui temi legati all’acqua nell’ambito dell’agenda di sicurezza internazionale in questi primi lustri del XXI secolo. In primo luogo si affronta il potenziale conflittuale di questa risorsa naturale e si stabilisce la molteplicità di ruoli che può giocare in eventuali conflitti. In secondo luogo si descrivono e si analizzano brevemente quei conflitti interstatali registrati nell’ultimo secolo dove il controllo dell’acqua sia stata la causa principale o comunque concorrente. In terzo luogo si analizzano quei conflitti interstatali intorno a questa risorsa naturale durante il XXI secolo, in particolare il periodo che va dal 2001 al 2007, per fornire una panoramica sulla possibile evoluzione dei principali conflitti esistenti, così come il possibile emergere di altre controversie interstatali in altre regioni. Infine sono previste alcune considerazioni finali.
Le risorse idriche portatrici di conflitti: caratterizzazione, distribuzione, disponibilità e accesso
La protezione delle risorse naturali ha ricevuto tradizionalmente meno attenzione (fatta eccezione degli idrocarburi)rispetto alle altre dimensioni del fenomeno multidimensionale della sicurezza. Tuttavia, con la fine delle ideologie dei conflitti post Guerra Fredda, si sta generando un interesse crescente nell’agenda politica e nel dibattito accademico a proposito del ruolo che alcune risorse giocheranno nell’agenda di sicurezza internazionale durante il XXI secolo. Nonostante ciò, già negli anni 60′ il presidente americano Kennedy dichiarò:
“Chiunque fosse in grado di risolvere il problema dell’acqua sarà degno di due premi Nobel, uno per la pace e uno per la scienza”.
Come ha notato Clare:
“Fino a tempi recenti i conflitti internazionali sono stati mossi da considerazioni politiche e ideologiche, al contrario le guerre del futuro saranno principalmente legate al possesso e al controllo dei beni vitali, in particolare di quelle risorse necessarie alle moderne società industriali”.
Inoltre prosegue Clare affermando:
“Perché sono preziose, conferiscono potere e ricchezza, e il conflitto per le risorse sarà un tratto sempre più importanre del panorama mondiale”.
Le risorse più importanti per il futuro saranno principalmente gli idrocarburi, le risorse idriche (in particolare l’acqua dolce), le risorse degli oceani (attualmente più contaminati che sfruttati, ma dai quali passerà necessariamente il futuro dell’umanità), i minerali (inclusi i diamanti)e il legname da costruzione.
Nel caso concreto dell’acqua dolce (con la quale intendiamo le risosrse di acqua dolce, risorse idriche o semplicemente acqua) il Bundestag tedesco, in una risoluzione del 2001 stabilì: “Dato che le nazioni sono sempre più in competizione per l’uso delle fonti d’acqua naturali o fiumi che generalmente appartengono a diverse entità Statali, questa situazione mostra segni di una potenziale fonte di conflitto internazionale. L’accesso all’acqua pulita, [...] soprattutto è una questione di potere tra paesi. Rispondere a questa domanda è di somma importanza per lo sviluppo delle opportunità dei paesi. Una distribuzione iniqua e la mancanza di cooperazione nella gestione delle acque di confine sta già portando a problemi di distribuzione che celano un gran potenziale di violenza”.
Già alla fine del XX secolo, precisamente nel 1995, Ismail Serageldin, allora Vicepresidente del Banco Mondiale dichiarò:
“Se molte delle guerre di questo secolo furono per il petrolio, i conflitti armati del prossimo secolo saranno per l’acqua”.
E nel 2000 Kofi Annan, allora Segretario Generale dell’ONU, affermò che:
“l’agguerrita concorrenza per l’acqua dolce si potrebbe convertire in una fonte di conflitti e guerre nel futuro”.
Il 71% della superficie terrestre è coperta da acqua salata e dolce. Dell’acqua totale del pianeta solo il 2,5% è acqua fresca, e solo lo 0,025% è acqua dolce liquida superficiale.
L’acqua dolce è l’elemento essenziale per la vita; è insostituibile, ha usi molteplici (agricoltura, energia, industria), è rinnovabile (tranne alcune acque sotterranee denominate acque fossili) ma allo stesso tempo è scarso in termini economici di fronte alle infinite necessità umane; ha un carattere transnazionale; la sua disponibilità è molto variabile e dipende fortemente dalle condizioni climatiche (soprattutto dalle precipitazioni); la sua distribuzione è diseguale tra i paesi e le persone del mondo e anche lo stesso accesso è molto irregolare.
In questo senso Ravnborg ha sottolineato:
“Poiché l’acqua è una risorsa tanto vitale quanto limitata, [...] da origine a intense pressioni politiche. Perché l’acqua ignora le frontiere politiche, tali pressioni potranno essere causa di conflitti internazionali o influenzare quelli già esistenti”.
Così, per esempio, la Cina concentra il 7% dell’acqua dolce globale ma possiede anche il 20% della popolazione mondiale. Solo otto paesi, Brasile, Canada, Indonesia, Cina, USA, Colombia, Perù e India concentrano, in ordine decrescente, più della metà delle riserve planetarie di acqua dolce. Inoltre, solo tre paesi (Brasile, Canada e Cina) concentrano quasi un terzo delle stesse (29%), e solo due, Brasile e Canada, quasi un quarto delle stesse (22%).
Per tutto questo possiamo affermare che l’acqua dolce costituisce un potenziale generatore di conflitti di primer ordine, come vedremo in seguito. La scarsità, reale o percepita, attuale o prevista, transitoria o permanente, è la caratteristica che conferisce all’acqua la sua dimensione geopolitica.
Conflitti interstatali per il controllo dell’acqua dolce (1898-2007)
L’acqua è la fonte di molti conflitti registrati nell’arco della storia dell’umanità. Peter H. Gleick (al quale faremo riferimento spesso in questo articolo) ha stabilito una “Cronologia dei conflitti dell’acqua”, una delle più complete ed esaustive ad oggi pubblicate, che vanno dal VI secolo d.C. (quando i Goti assediarono Roma, bloccarono i loro acquedotti e addirittura cercarono di penetrare nella città) fino al 2007, anno nel quale i contadini del Burkina Faso, Ghana e Costa d’Avorio attaccarono quegli animali in concorrenza con l’uomo per l’approviggionamento delle risorse idriche.
Un’altra cronologia, raccolta nel Transboundary Freshwater Dispute Database (TFDD), realizzata dal dipartimento di Geoscienze nell’Università dello Stato dell’Oregon e che va dal 1948 al 1999, mostra che 507 episodi dei 1831 relazionati con l’acqua in questo periodo furono conflitti violenti, dunque più di un quarto. Nel corso della storia i conflitti legati all’acqua sono stati da un lato:
■ a) conflitti armati;
■ b) conflitti armati circoscritti alla realizzazione di manovre militari;
■ c) conflitti non armati.
Dall’altro si sono contrastati a) attori statali, b) attori statali e attori non statali, c) attori non statali.
Il Pacific Institute for Studies in Development, Environment and Security (in seguito Pacific Institute), guidato dal citato Gleick, ha stabilito una tipologia che distingue sei ruoli diversi che le risorse e i sistemi idrici possono giocare in questi conflitti:
- a) Oggeto di controllo (attori statali e non statali): fornitura di acqua o di accesso ad essa sono alla radice delle tensioni.
- b) Strumento militare (attori statali): le risorse e/o i sistemi idrici sono utilizzati come armi nel corso di un’azione militare.
- c) Strumento politico (attori statali e non statali): le risorse e/o i sistemi idrici sono utilizzati per un fine politico.
- d) Strumento terrorista e obiettivo terrorista (attori non statali): le risorse e/o i sistemi idrici sono gli obiettivi della violenza o della coercizione da parte di attori non statali oppure strumenti per esercitare tale violenza o coercizione.
- e) Obiettivo militare (attori statali): le risorse e/o i sistemi idrici sono obiettivi di azioni militari.
- f) Controversie per lo sviluppo (attori statali e non statali): le risorse e/o i sistemi idrici costituiscono una fonte importante di concorrenza e di controversia in contesti di sviluppo economico e sociale.
In questo articolo faremo nostra la classificazione del Pacific Institute, anche se ci proponiamo di distinguere sette tipi di ruoli que possono svolgere le risorse e i sistemi idrici, separando nel quarto ruolo l’obiettivo terrorista dallo strumento terrorista. Ci proponiamo anche di aggiungere l’aggettivo “ciberterrorista” ad entrambi i casi.
Di seguito si descrive e analizza brevemente ognuno dei sei conflitti che nel periodo 1898-2007 hanno affrontato due o più Stati e nei quali il controllo dell’acqua dolce è stata la causa principale o concorrente e per tanto che in questi conflitti (armati, manovre militari o non armati) la stessa acqua giochi simultaneamente ruoli distinti rispetto a quelli menzionati e dei quali tra le cause di tali conflitti si incontrino anche fattori di natura etnica, religiosa, territoriale o nazionale. Prima di descrivere e analizzare ognuno dei sei conflitti, offriremo un quadro generale di ognuno:
- 1) 1898. In quell’anno si fu sul punto di cadere in un conflitto armato tra il Regno Unito/Egitto e la Francia dopo che una spedizione di quest’ultima realizzò il tentativo di controllare le sorgenti del fiume Nilo Bianco (che insieme al Nilo Blu forma il più noto Nilo). La negoziazione per un accordo tra le parti evidenziò “la drammatica dipendenza dell’Egitto dal Nilo, che da allora condizionò la posizione dei governanti sulla questione”.
- 2) 1947-2013. La divisione del Gange tra l’India e il Pakistan dell’Est (dal 1971 Bangladesh) aveva generato tensioni tra i due paesi, e nel 1962 la costruzione della diga di Farakka da parte dell’India incrementò l’ostilità. Da allora entrambi i paesi hanno firmato diversi accordi, vigenti nei periodi 1977-1982, 1982-1984, 1985-1988 e 1996-2013, periodo che teoricamente si concluderà nel 2026.
- 3) 1947-1960. La nascita dell’India e del Pakistan provocò che la valle del fiume Hindustan rimanesse separata tra entrambi i paesi ed emersero così delle controversie a proposito dell’uso delle acque per l’irrigazione. Dopo dodici anni di colloqui promossi dalla Banca Mondiale, nel 1960 si raggiunse un accordo tra le parti.
- 4) 1962-1967. Nel 1965 nel quadro dei negoziati con il Paraguay per lo sviluppo del fiume Paranà, il Brasile sospese i suddetti negoziati con una dimostrazione unilaterale di forza, nella quale occupò la zona e richiedeva il controllo delle cascate del Guairà. Le truppe fuorno ritirate nel 1967 dopo aver raggiunto un accordo per creare una commissione mista di lavoro sul tema dello sviluppo regionale nell’area.
- 5) 1965-1966. Durante questo biennio si registrarono degli scontri armati destinati ad impedire lo sviluppo di qualsiasi piano arabo per deviare le sorgenti del fiume Giordano (Hasbani e Banias) che avrebbe potuto anticipare il trasferimento nazionale israeliano. La Siria arrestò le sue opere di deviazione nel Luglio 1966.
- 6) 1986. Il Sud Africa appoggiò un colpo di stato nel vicino Lesotho per rovesciare il governo che appoggiava l’African National Congress (ANC), il quale applicava le politiche anti-apartheid e manteneva una posizione propria sul tema delle risorse idriche. Il nuovo governo del Lesotho, risultante dal golpe, firmò inmediatamente l’accordo sulle acque delle Terre Alte del Lesotho.
Adesso vediamo più nel dettaglio ognuno dei sei conflitti, iniziando dal primo.
Iniziative militari della Francia e del Regno Unito/Egitto
Il conflitto per l’acqua del 1898 tra la Francia e il Regno Unito/Egitto nel Nord dell’Africa si inquadra nel contesto storico del colonialismo. Uno dei principali obiettivi de queste due potenze nel loro tentativo di controllare e espandere i propri territori coloniali africani consisteva nell’ottenere il controllo di tutte le risorse possibili all’interno di quei territori, e le risorse idriche rappresentavano un bene molto prezioso. Prima di questo conflitto il Regno Unito aveva avuto a che fare con diversi conflitti.
Dopo l’acquisto della Compagnia del Canale di Suez da parte del Regno Unito nel 1875 attraverso il Primo Ministro Benjamin Disraeli (1874-1880) e prima della celata dominazione coloniale, l’Egitto nel 1881 con il colonello Arabi Pachà, si ribellò e prese il controllo di Alessandria, ma la rivolta fu definitivamente soffocata nel 1882 con le truppe inviate dal primo ministro William Ewar Gladstone, successore di Disraeli.
I problemi per il Regno Unito proseguirono nella zona quando i dervisci, in una nuova rivolta, occuparono il Sudan. Vi fu inviato nel 1884 il generale britannico Gordon per coordinare il ritiro delle truppe britanniche dal territorio sudanese. Tuttavia, per la sfiducia nei confronti dei devisci, decise di chiedere rinforzi per riconquistare il paese. Questi rinforzi arrivarono così tardi a causa della riluttanza di Gladstone nell’inviarli, che Gordon nel 1885 fu assassinato dai ribelli dervisci. Così la guerra di riconquista del Sudan si prolungò fino al 1889. La battaglia di Omdurman (1898), nella quale le truppe anglo-egiziane sconfissero i ribelli dervisci guidati da Muhammad Ibn Abdallahi (successore di Mahdi dopo la morte di quest’ultimo, fu promotore della prima rivolta sudanese contro il Regno Unito) e la vittoria risultò fondamentale affinché il Regno Unito potesse, un anno più tardi, di nuovo controllare la zona insieme all’Egitto.
Proprio nel 1898 sorse un conflitto tra Francia e Regno Unito per il controllo della città sudanese di Fascioda, molto vicina al Nilo. Le truppe francesi arrivarono nella zona durante una missione espansionistica, ma trovarono la presenza di truppe britanniche che come noto stanziavano nella zona da diversi anni. Sotto la pressione internazionale e il timore di compromettere futuri accordi di cooperazione e alleanze nella zona contro eventuali nemici futuri, la Francia decise di ritirarsi nel 1899 per mantenere relazioni amichevoli con lo stato britannico. In questo modo la vittoria nella battaglia di Omdurman e la successiva ritirata francese permisero al Regno Unito di prendere il completo controllo del Nilo.
Conflitto non armato tra Pakistan dell’Est (poi Bangladesh) e India (1947-2012)
Il conflitto per il controllo delle risorse fluviali del delta del Gange tra il Bangladesh e l’India iniziò nel 1947 e da allora ad oggi si sono succeduti vari accordi tra entrambi i paesi in materia di risorse idriche nella zona. Anche se nel 1947 l’India ottenne l’indipendenza dal Regno Unito attraverso un processo promosso dalla stesso governo britannico durante la seconda guerra mondiale, il processo d’indipendenza non si dimostrò per nulla facile e pacifico, dato che il paese recentemente dichiaratosi indipendente dovette far fronte a numerosi episodi violenti e crisi interne, soprattutto di matrice religiosa. In questo contesto, nello stesso anno nel quale l’India raggiunse l’indipendenza, il Pakistan si separò dalla stessa e conseguì lo status di paese indipendente con una maggioranza musulmana. Il nuovo paese fu diviso in due parti separate dall’India: Pakistan dell’Ovest e Pakistan dell’Est, il quale a sua volta si scisse dalla nuova entità statale nel 1971 e si convertì nell’attuale Bangladesh.
Nel 1951 il governo indiano annunciò la sua decisione di costruire la diga di Farakka Dam, vicino al confine con il Pakistan dell’Est, con l’obiettivo di poter trasferire l’acqua attraverso un canale al fiume Hoogle e al porto di Calcutta (che aveva bisogno di acqua per evitare che rimanesse inutilizzato a causa del fango). Questa decisione pregiudicava gli interessi del Pakistan dell’Est, la cui principale fonte idrica era lo stesso fiume Gange. Il Pakistan inviò le sue denunce alla comunità internazionale appellandosi ai diritti storici per il controllo delle acque del Gange, ma l’India a quel punto si appellò ai propri diritti di sovranità per costruire una diga sul proprio territorio. Il conflitto trovò un compromesso nel 1971, quando il Pakistan dell’Est diventò uno Stato indipendente (con l’aiuto dell’India) e fu costituito lo Stato del Bangladesh. La collaborazione dell’India in questo processo facilitò l’avvicinamento delle posizioni l’India e il Bangladesh per la gestione e il controllo delle acque del Gange. Per raggiungere questo accordo si creò una commissione fluviale mista. Nel 1975 fu completata la costruzione della diga di Farakka e dal 1977 fino ad oggi sono in vigore una serie di accordi tra i due paesi per lo sfruttamento delle risorse idriche del Gange:
■ Nel 1977 firmarono un accordo in virtù del quale il Bangladesh aveva diritto all’uso di una percentuale del flusso del Gange superiore al 60% nei periodi di secca ma in cambio doveva costruire un altro canale dal fiume Brahmaputra al Gange per aumentare la portata d’acqua di quest’ultimo. L’accordo è stato in vigore fino al 1982.
■ Nel 1982 firmarono un altro accordo, vigente fino al 1984, che ha dato seguito ad un terzo accordo, in vigore dal 1985 al 1988, anno in cui, dopo aver sofferto una serie di inondazioni, il Bangladesh rifiutò gli aiuti dell’India, accusandola di non aver controllato e regolato il flusso del Gange.
■ L’ultimo accordo risale al 1997 e fu denominato come “Trattato di condivisione delle acque del Gange” con il quale dopo anni di raffreddamento dei rapporti tra i paesi per la questione del Gange, si ristabilirono gli accordi di gestione delle acque nell’ambito di un rapporto di collaborazione.
Conflitto non armato tra India e Pakistan (1947-1960)
Come abbiamo visto in precedenza, con le proclamazioni di indipendenza di India e Pakistan (entrambe nel 1947) emersero i primi problemi intorno alle risorse idriche della zona. Il principale problema era la condivisione da parte di entrambi i paesi delle risorse idriche nel bacino del fiume Indo, dato che durante l’epoca coloniale britannica furono costruiti una gran quantità di canali e infrastrutture che servirono per costituire un sistema di irrigazione e di approvvigionamento idrico nella zona.
Dopo la firma di un accordo nel 1947 in virtù del quale i due paesi si impegnavano a mantenere il sistema idrico coloniale esistente, nel 1948 l’accordo si sciolse visto che, secondo la parte indiana, il Pakistan non firmò il rinnovo dell’accordo. In questo contesto l’India tagliò il flusso d’acqua del fiume Indo, che nasce nel suo territorio, argomento utilizzato dall’India per adottare la sua decisione unilateralmente anche su altri affluenti dell’Indo come: il Beas, il Ravi, il Chenab e Il Jehlum. A quel punto il Pakistan si vide seriamente pregiudicato con la decisione indiana e molti dei raccolti (che dipendevano dall’acqua proveniente dai suddetti fiumi) perirono, e così decise di negoziare con l’India una distribuzione equa delle risorse idriche della zona.
Tuttavia l’India pretese tutti i diritti sugli affluenti dell’Est (Sutlej, Beas e Ravi) e rivendicò una tassa da parte del Pakistan per l’uso di queste acque. La posizione di superiorità dell’India che stava costruendo all’interno del suo territorio delle infrastrutture che la beneficiavano sull’accesso alle risorse idriche e per tanto sul controllo che poteva esercitare dal proprio territorio sulle risorse idriche del Pakistan, obbligarono a quest’ultimo a firmare un nuovo accordo nel 1948. Inoltre, la decisione del 1949 del Pakistan di non svalutare la propria moneta rispetto alla sterlina inglese, provocò che l’India non riconoscesse il valore della rupia pakistana anteriore alla svalutazione e sottopose il Pakistan ad un blocco economico nel 1950 affinché quest’ultimo avesse poco margine di manovra.
Ma questa situazione durò fino al 1960 quando, attraverso la mediazione della Banca Mondiale e con la firma del “Trattato sulla condivisione delle acque dell’Indo”, e il conflitto si risolse in maniera più equa: da un lato, furono assegnati diritti esclusivi all’India sui fiumi dell’Est (Sutlej, Beas, Ravi) e di conseguenza diritti esclusivi al Pakistan sui fiumi dell’Ovest (Indo, Jhelum e Chenab) con la successiva deroga del precedente trattato che obbligava il Pakistan a pagare una tassa per l’uso dell’acqua in determinati fiumi.
Operazioni militari di Brasile e Paraguay (1962-1967)
Il conflitto tra Brasile e Paraguay per il controllo delle risorse idriche del fiume Paraná risale al XIX secolo. Allora, nel 1872, firmarono il “Trattato dei limiti” il quale disponeva: “Il territorio dell’impero del Brasile si divide dalla Repubblica del Paraguay dal canale del fiume Paraná, da dove cominciano i possedimenti brasiliani nella foce del fiume Iguazú fino al Salto Grande delle Sette Cascate dello stesso Paraná”. Ciò nonostante, in base all’accordo le risorse idriche del fiume erano sotto il controllo comune di entrambi i paesi.
Poi, nei primi anni 60′ del XX secolo, il problema tra Brasile e Paraguay si accentuò. Nel 1962 il Brasile era in pieno periodo riformista e il governo di João Goulart decise di elaborare un nuovo documento sul godimento delle risorse idriche nei Saltos del Guairá, che si trovavano sul corso del fiume Paraná. Così, considerando il “Trattato dei limiti” del 1872, iniziò un periodo di negoziazione tra i due paesi per raggiungere un accordo comune per lo sfruttamento delle risorse nella zona attraverso la mediazione di una commissione mista. Le negoziazioni si prolungarono fino al 1964, quando il presidente Goulart fu rovesciato da un colpo di stato compiuto dal generale brasiliano Humberto Castelo Branco.
Nel 1965, in piena dittatura brasiliana, Branco decise, in maniera unilaterale, di occupare militarmente la zona dei Saltos del Guairá, servendosi della presunta necessità di “Mantenere in quel punto un minimo di sorveglianza per evitare la formazione di eventuali gruppi guerriglieri e combattere in maniera efficace le operazioni di contrabbando. Il Paraguay, diffidando del Brasile, inviò nella zona una commissione di verifica rispetto al compimento delle disposizioni del citato “Trattato dei limiti”. Dopo che i membri della commissione (la quale dimostrò che la vera intenzione del Brasile era ottenere il controllo delle risorse idriche unilateralmente) furono arrestati dai soldati brasiliani, il Paraguay chiese la mediazione degli Stati Uniti per risolvere il conflitto. Gli USA accettarono il ruolo di mediatore e nel 1966 Brasile e Paraguay firmarono “Il Patto di Foz de Iguazú”, in base al quale il Brasile avrebbe ritirato le sue truppe dalla zona e le risorse idriche avrebbero continuato ad essere controllate da entrambi i paesi attraverso una commissione mista. Il Brasile ritirò le sue truppe nel 1967, e negli anni a venire si creò un comitato di controllo attraverso il quale si arrivò alla firma di diversi accordi sul tema dello sfruttamento delle risorse idriche nella zona.
Il conflitto armato tra Israele e Siria (1965-1966)
Il fiume Giordano, i suoi affluenti e altre risorse idriche del Medio Oriente sono state oggetto di obiettivi geopolitici, economici e di sussistenza degli stessi territori limitrofi. Negli anni 60′ del XX secolo si registrò un conflitto tra Israele e la Siria inserendosi come un altro esempio all’interno della cronologia dei conflitti d’acqua nella regione. In quel decennio Israele si trovava impegnato nella costruzione del nuovo Stato nazione e nella realizzazione di un grande piano idrologico nazionale per fornire adeguatamente i bisogni della sua popolazione, opera che contava dell’aiuto americano.
Una delle infrastrutture previste era un acquedotto nazionale, ma data la decisione del Consiglio dell’ONU nel 1954 di vietare la costruzione o l’azione militare nella zona smilitarizzata tra la Siria e Israele, quest’ultimo, con il sostegno finanziario degli Stati Uniti, decise di iniziare le opere dell’acquedotto nel Mar di Galilea (Lago Tiberiade), allegando ragioni di estrema necessità per la sopravvivenza del suo popolo. La risposta araba, specialmente della Siria, alla decisione israeliana non si fece aspettare e nel 1964 la Lega Araba approvò la costruzione di una serie di infrastrutture per deviare gli affluenti del nord del fiume Giordano (in particolare i fiumi Hasbani e Banias), con l’obiettivo di ridurre la portata d’acqua di cui aveva estremo bisogno il progetto israeliano. A quel punto Israele decise di effettuare un intervento militare e attaccò le infrastrutture che ostacolavano gli interessi del proprio progetto.
Nonostante nel 1966 il progetto arabo fu paralizzato e malgrado le continue lamentele dei paesi arabi alle Nazioni Unite, Israele continuò i suoi interventi militari per paura di perdere le risorse idriche che considerava essenziali per lo sviluppo del paese. Così, nel 1967 iniziò la Guerra dei Sei Giorni, nella quale a Israele si oppose una coalizione di diversi paesi arabi (Egitto, Giordania, Iraq e Siria). In questa guerra Israele occupò, tra gli altri territori, le alture del Golan(un’autentica chiave strategica per avere il controllo sulle risorse idriche della zona e per proseguire il progetto di sviluppo sopracitato) e le sue risorse naturali, inclusa l’acqua.
Da allora ad oggi si sono susseguite innumerevoli controversie, rivendicazioni e conflitti di matrice politica, strategica ed economica tra i vari paesi della regione.
Il conflitto armato tra Sudafrica e Lesotho (1986)
Il conflitto tra Sudafrica e Lesotho per il controllo delle risorse idriche nella zona, in particolare il fiume Orange (principale fiume del Lesotho), risale agli anni 50′ del XX secolo. Nel 1965, dopo un periodo di grave siccità, il Sudafrica riprese il suo interesse nel riversare le acque del fiume Orange nel fiume Vaal, e a tal riguardo presentò al Lesotho un primo progetto nel 1967. Il Lesotho, considerando che i suoi interessi non venivano soddisfatti con quel primo progetto, al seguito di varie negoziazioni, decise di rifiutarlo nel 1972, ma nel 1975 il Sudafrica, prevedendo una diminuzione delle proprie risorse idriche negli anni a venire se non avesse attuato il progetto in questione, decise di riaprire i negoziati con il Lesotho, il quale però nel nuovo trattato pretendeva da un lato il permesso a generare energia idroelettrica all’interno del proprio territorio e per uso proprio, e dall’altro che nel nuovo accordo non venisse incluso il fiume Caledon, poiché considerato come un patrimonio nazionale. Il Sudafrica, nonostante disponeva di un piano alternativo nel caso di una risposta negativa da parte del Lesotho, decise di influenzare a suo favore il progetto dato che il piano alternativo sarebbe risultato più oneroso e con minori benefici. Le negoziazioni si prolungarono fino al 1986, quando il Sudafrica impose un blocco economico al Lesotho e collaborò nella pianificazione di un colpo di stato nel paese a causa di evidenti divergenze politiche con il governo di Leabua Jonathan, vicino al ANC, allora il partito politico sudafricano d’opposizione. Il governo nato dal colpo di stato si mostrò subito favorevole alla firma del trattato con il Sudafrica, e nel 1986 firmarono il “Trattato sulle risorse idriche delle Lesotho’s Highlands”, in base al quale il Sudafrica raggiunse finalmente l’obiettivo di trasferire le acque di cui aveva bisogno dal fiume Orange attraverso una serie di infrastrutture, mentre il Lesotho otteneva la il diritto di poter generare energia idroelettrica sotto il controllo sudafricano. I costi di manutenzione del progetto si sarebbero ripartiti in base all’uso delle infrastrutture da parte di ogni paese, e i gli utili netti si sarebbero suddivisi così: un 56% al Lesotho e un 44% al Sudafrica. Inoltre, con il fine di controllare e monitorare lo sviluppo dell’intero progetto si crearono diversi soggeti superpates come la Commissione Tecnica Mista e Permanente, l’Autorità di Sviluppo delle Lesotho’s Highlands e l’Autorità del Tunnel per il trasferimento del Caledon.
Conflitti del XXI secolo
Attualmente possiamo distinguere una serie di fattori che hanno portato a conflitti durante questo secolo, e in passato, e che costituiscono una potenziale fonte di nuovi scontri:
- a) La popolazione mondiale sta aumentando e pertanto aumenta il fabbisogno di beni.
- b) L’inquinamento delle risorse idriche è in aumento sebbene si stanno facendo notevoli sforzi per ridurre i livelli di inquinamento ambientale.
- c) Ci sono 145 paesi che condividono 263 bacini idrografici di frontiera (acque condivise).
- d) Molti paesi, soprattutto quelli del Terzo Mondo, sviluppano una inefficiente gestione delle risorse idriche caratterizzata dalla disorganizzazione e da sprechi. Al punto che in molte occasioni risulta più appropriato parlare di una insufficienza d’ acqua piuttosto che di una non disponibilità per mancanza di mezzi adeguati all’accesso della stessa. Come rilevato dalle Nazioni Unite nel 2003, il pianeta: “è di fronte, all’inizio di questo secolo XXI, ad una grave crisi di acqua. Tutti i segnali sembrano indicare che la crisi sta peggiorando e continuerà a farlo, a meno che non vengano prese delle misure correttive. Si tratta di una crisi di gestione delle risorse idriche, causata essenzialmente dall’uso di metodi inadeguati”.
- e) L’esistenza di cambi climatici (a volte improvvisi) che portano ad una salinizzazione dell’acqua dolce, a una perdita di zone umide e a delle problematiche legate al drenaggio.
Cominceremo descrivendo e analizzando, molto brevemente, un elenco di episodi conflittuali interstatali (armati o non armati) verificatosi nel periodo 2001-2007, selezionati dalla già citata cronologia di Gleick:
■ Nel 2001 i palestinesi distrussero le linee di alimentazione per gli insediamenti israeliani di Yitzhar e al Kibbutz Kissufim, e furono interrotte le forniture al campo profughi Agbat Jabar dopo che i palestinesi attaccarono le stazioni di pompaggio. Da parte loro i palestinesi accusarono Israele della distruzione di una riserva d’acqua potabile, di impedire la rifornitura con veicoli da rimorchio e di aver danneggiato le componenti di un importante depuratore.
■ Nel 2003 durante l’invasione dell’Iraq, le truppe guidate dagli Stati Uniti causarono ingenti danni e distrussero alcuni sistemi di approvvigionamento delle acque, considerando le grandi dighe del paese come obiettivi militari. Di fatto, il sistema di approvvigionamento di Baghdad fu distrutto da un missile.
■ Nel 2004 una relazione del Pentagono sulle capacità militari cinesi (Annual Report on the on the Military Power of the People’s Republic of China 2004) incluse tra le possibilità che Taipei si dotasse di alcuni sistemi deterrenti alla capacità coercitiva della Cina attraverso la presentazione di minacce credibili a centri urbani o ad obiettivi rilevanti, come per esempio la diga delle Tre Gole. La Cina mostrò il suo disappunto perché considerò un suggerimento americano a Taipei quello di considerare come obiettivo la diga, ma gli Stati Uniti negarono categoricamente la supposizione cinese.
■ Anche nel 2004 gli Stati Uniti paralizzarono due progetti idrici nella Striscia di Gaza come rappresaglia per l’incapacità dell’Autorità Nazionale Palestinese (ANP) di trovare i responsabili dell’attacco mortale di un convoglio diplomatico americano nell’Ottobre 2003.
■ E nel 2006 gli Hezbollah provocarono ingenti danni, con missili, ad un impianto depuratore israeliano e in seguito a vari sistemi di approvvigionamento nel sud del Libano (depositi, oleodotti, stazioni di pompaggio e altre infrastrutture adiacenti al corso del fiume Litani).
In seguito offriremo una panoramica generale, per regione, dei potenziali conflitti per l’acqua dolce nel mondo.
Medio Oriente
Proprio il giá citato fiume Litani è una potenziale fonte di conflitti tra Israele e il Libano, paese che da alcuni anni accusa lo stato israeliano di manomettere il flusso. Lo sfruttamento delle risorse idriche della zona potrebbe mettere a confronto Israele con gli altri paesi arabi vicini. Le controversie per le acque del Giordano, vitale come il Mar di Galilea per il fabbisogno israeliano, continuano da quando nel 1967 fu costruito uno degli elementi scatenanti della Guerra dei Sei Giorni. Di fatto, giá da decenni, l’acqua dolce è uno dei fattori di tensione in questa regione caratterizzata dall’inestabilitá.
E’ inoltre possibile un conflitto tra Turchia da un lato e Iraq e Siria dall’altro, come conseguenza della drastica diminuzione della portata delle acque dei fiumi Tigri e Eufrate in seguito alla costruzione del Grande Progetto Anatolia da parte della Turchia (avviato nel 1985, prevede la costruzione di una dozzina di dighe per l’irrigazione a circa un milione e mezzo di ettari, producendo energia elettrica e permettendo al paese di diventare esportatore regionale di acqua ) il tutto discapito degli altri due paesi.
Asia Centrale
In Asia Centrale si potrebbero generare nuovi conflitti tra, da un lato, il Kirghizistan e il Tagikistan (potenze idriche centroasiatiche che possiedono circa il 90% delle acque dolci nella regione), e dall’altro lato il Kazakistan, il Turkmenistan e l’Uzbekistan (altamente carenti in acque) per l’accesso delle risorse idriche dei fiumi Amu Darya e Syr Darya.
Subcontinente Indiano
Nel Subcontinente Indiano si potranno inasprire gli attuali conflitti tra l’India da un lato (dove l’acqua `una questione di sicurezza nazionale) e dall’altro il Pakistan, il Bangladesh e il Nepal, soprattutto considerando la grande domanda di risorse idriche di questi paesi per il settore agricolo sul quale si poggiano le loro economie. L’India e il Pakistan si contendono la regione del Kashmir, ricco di acqua, e le risorse idriche provenienti dall’Indo, poiché l’India puo’ controllare il fiume Jhelun che il Pakistan considera come il suo principale accesso idrico. L’India poi continua ad avere dei conflitti con il Nepal, il Bangladesh e la Cina nella sovraffollata zona del Gange Brahmaputra (dove vivono circa 600 milioni di persone). Infine l’India ha ancora delle controversie aperte con il Bangladesh associate a molti dei cinquanta fiumi che arrivano proprio da quel paese dirigendosi verso est nel territorio indiano.
Sudest Asiatico
Nel Sudest Asiatico si potrebbero generare dei conflitti tra la Cina (che possiede più di 85000 dighe, quasi la metá di quelle presenti nell’intero pianeta) e alcuni paesi come laa Cambogia, il Laos, il Myanmar, la Thailandia e il Vietnam, tutti paesi adiacenti al fiume Mekong (che nasce sul Tibet), sulle cui risorse idriche la Cina esercita una grande pressione e pretende di controllarle per soddisfare i fabbisogni di una straordinaria domanda di acqua dovuti all’elevata crescita economica. Infine potrebbe essere un’altra fonte di contrasti l’attuazione dell’ambiziosa strategia dell’Himalaya sempre da parte della Cina, che mira al controllo di ingenti quantitá di acqua nella regione e che potrebbe provocare una situazione di elevata tensione soprattutto con l’India.
Africa
In Africa si potrebbero produrre dei forti contrasti tra quei paesi situati nella zona dei Grandi Laghi e quelli che si affacciano ai fiumi Congo, Zambesi, Volta, Niger e Nilo. Nel nord dell’Africa lo sfruttamento delle risorse del Nilo per l’irrigazione e la produzione di energia elettrica costituisce una fonte di tensioni, come dimostra il fatto che l’Egitto tradizionalmente abbia minacciato l’Etiopia con l’uso della forza se questa avesse approfittato dell’acqua del Nilo Blu, oltre ad essersi costantemente interessato alle politiche idriche del Sudan. In particolare una delle molteplici cause della saguinosa guerra civile sudanese fu la costruzione del canale di Jonglei, un progetto egiziano-sudanese con il quale si cercavano di sfruttare le risorse idriche del Nilo, e sulle quali il Nord e il Sud (dal 2011 Sudan del Sud), mantenevano posizioni molto distanti.
America
Prenderemo in esame il continente americano nel suo complesso per l’interconnessione e la futura prevedibile interdipendenza idrica tra le regioni che lo formano tra le quali si verifica un’accentuata disomogeneitá delle risorse idriche. Nel Nord America, gli Stati Uniti sono la quinta potenza idrica del pianeta pero’ esercitano una grande pressione per l’acqua poiché sta subendo un considerevole processo di diminuzione e inquinamento delle risorse idriche. Per esempio Stati come la California, il Colorado, il New Mexico, il Texas e la Florida e fiumi come il Colorado, si trovano al limite delle proprie capacit´di fornitura. In una situazione simile di “stress idrico” si trova buona parte del Messico, in particolare tutta quella zona che si estende parte dal confine con gli Stati Uniti fino alla capitale Città del Messico.
Al contrario, il Sudamerica è una regione molto ricca in risorse idriche (ancora in gran parte inutilizzate), dovuto fondamentalmente all’esistenza di otto fiumi lunghi e con gran portata d’acqua (Magdalena, Orinoco, Rio delle Amazzoni, San Francisco, Paraguay, Paraná, Uruguay e Rio de la Plata) e, soprattutto, il denominato Sistema Acuífero Guaraní (SAG), una delle principali riserve di acqua dolce del pianeta che alcuni considerano come il futuro Medio Oriente dell’acqua. Si tratta di un autentico mare sotterraneo di acqua dolce situato al di sotto della superficie del Brasile (nella maggior parte) e Argentina, e, in misura minore, del Paraguay e dell’Uruguay. La sua estensione è approssimativamente di 1,2 milioni di chilometri quadrati (km2) e dove sono conservati circa 37.000 chilometri cubici (km3) di acqua.
Il SAG è una delle riserve d’America in cui gli Stati Uniti hanno maggiore interesse e di fatto sono stati accusati di sopravvalutare la minaccia jihadista rappresentata dalla zona conosciuta come Triple Frontera, uno spazio di confine tra Brasile, Paraguay e Argentina situato giusto al di sopra del Acquifero Guaraní, per aumentare la sua presenza in quella zona. Tuttavia, ci sono autori come Caro che facendo riferimento a quella zona la descrivono come il covo dell’islamismo fondamentalista, e molti mezzi di informazione hanno messo in risalto le attività degli Hezbollah, di Al Quaeda e della Jihad islamica in questa zona ad alti indici conflitti e violenza dove operano le organizzazioni internazionali criminali di ogni tipo.
Anche l’Argentina negli ultimi anni ha posto delle truppe intorno al SAG (e ad altre aree di potenziale conflitto per il controllo delle risorse naturale) nel contesto della sua nuova dottrina militare di guerra per le risorse, una guerra il cui scaturire è considerato molto probabile. Tra queste risorse troviamo quelle del Campo de Hielo Sur,che coinvolge direttamente il vicino Cile, la più grande estensione di ghiacciai continentali non polari con accesso terrestre. Il Plan Ejercito Argentino 2025 ritiene che un conflitto per le risorse idriche sarà all’orizzonte la minaccia più importante per la sicurezza argentina.
Gli Stati Uniti stanno lavorando nella realizzazione di tre macroprogetti (uno in ogni regione americana) per l’approvvigionamento delle acque che in futuro potrebbero generare diversi conflitti con altri paesi, in particolare con Venezuela, Bolivia, Ecuador o Argentina.
- a) La North American Water and Power Alliance (NAWAPA), sorta inizialmente dall’esercito americano verso la metà del XX secolo;
- b) Il Plan Puebla-Panamá (PPP), attualmente Progetto Mesoamérica (PM));
- c) la Iniciativa para la integración de Infraestructura Regional Suramericana (IIRSA) è il più complesso e ambizioso dei tre.
La NAWAPA ha l’obiettivo di deviare l’acqua dal Canada dell’Ovest (seconda potenza idrica mondiale) e dall’Alaska (anche lui molto ricco in acque) verso il resto degli Stati Uniti. Il PPP e il PM comprendono la costruzione di importanti infrastrutture in America Centrale e lo sfruttamento delle risorse idriche del Messico (concentrate negli stati del sud di Chiapas e Yucatán) e del Guatemala, in particolare la provincia de Petén, che possiede grandi laghi (Petén Itza, Yaxhá, El Tigre, Salpetén) ed è attraversata dai importanti fiumi come il Usumancinta, Mopán, La Pasión, San Pedro, Azul San Juan e Salinas. Per quanto riguarda il IIRSA, si tratta di un progetto faraonico che coinvolge dodici paesi sudamericani e prevede un sistema di forniture idriche per tutto il Sudamerica, per poterlo a sua volta collegare con il Centro e Nord America, attraverso la costruzione di una complessa rete di vie di trasporto fluviale (idrovie), di zone industriali e di grandi impianti idroelettrici.
Da ciò, tra le altre ragioni, il sempre maggior interesse da parte degli Stati Uniti, durante gli ultimi anni, nel firmare trattati di libero commercio con i paesi centroamericani e sudamericani, e il materializzarsi dello sventurato progetto di Area del Libre Comercio de las Americas (ALCA), con il quale si è cercato di estendere il Tratado de Libre Comercio de America del Norte ( NAFTA ) al resto dell’intero continente americano, fatta eccezione di Cuba.
Considerazioni finali
Ad oggi molti importanti fiumi si prosciugano prima di sfociare nel mare, come nel caso del Nilo in Egitto, del Fiume Giallo in Cina, dell’Indo in Pakistan, del Grande e del Colorado negli USA. Nel Maggio 2012 la Intelligence Community Assessment denominata come Global Water Security, creata su richiesta del Dipartimento di Stato americano per stabilire l’impatto che avranno sugli interessi di sicurezza nazionale le questioni globali legate all’acqua (water problems): scarsità, bassa qualità e eccesso di acqua. Questo conferma che nell’agenda della politica di sicurezza americana i temi legati alle risorse idriche richiamano un sempre maggior interesse. Non a caso, il documento della Global Water Security pone il Sud dell’Asia, il Medio oriente e il Nord Africa come le regioni del pianeta che nei prossimi trent’anni dovranno affrontare i maggiori problemi inerenti al tema dell’acqua, come naturale conseguenza dell’elevata crescita demografica e di un eccezionale sviluppo economico. Il documento considera di una certa importanza per la sicurezza nazionale americana i bacini fluviali dei fiumi Indo, Giordano, Mekong, Nilo, Tigri e Eufrate, Anu Darya e Brahmaputra. Il bilancio generale del report indica che nel periodo compreso tra il 2012 e il 2040 l’acqua dolce disponibile non si adeguerà alla crescente domanda a causa della inefficace gestione delle risorse idriche, e che i problemi relazionati con l’acqua danneggeranno in particolar modo quei paesi chiave nella produzione alimentare e di energia, e tutto ciò rappresenterà un rischio per i mercati mondiali nel settore alimentare e un grosso ostacolo alla crescita economica. Il rapporto prevede inoltre che nel corso del prossimo decennio, molti paesi strategicamente importanti per gli interessi degli Stati Uniti avranno problemi connessi all’acqua, aumentando il rischio di instabilità, incrementando le tensioni regionali e tutto ciò li porterà a trascurare la loro cooperazione con gli USA su questioni rilevanti per gli interessi di sicurezza nazionale della prima potenza militare del pianeta.
(Traduzione dallo spagnolo di Alessio Rivosecchi)