Manco a dirlo. Ci provano appena si può. Che la politica tenti da qualche tempo di mettere il bavaglio alla Rete, e alla libertà di espressione in Rete, è un dato di fatto. Ricordate Radio Popolare? Radio Alice? Radio Aut di Peppino Impastato? Negli anni '70 accadeva la stessa cosa. Solo che l'obiettivo erano le cosiddette “radio libere”, quelle che nel giro di pochi anni si trasformarono in vere e proprie discariche pubblicitarie: non tutte, quasi... Arrivarono quelle “commerciali” e il mondo dell'informazione cambiò, esattamente quello che accadde qualche tempo dopo con le televisioni. Ma arrivati a questo punto dovremmo aprire un capitolo a parte. Da un po' ci siamo convinti che la discriminante fra blog liberi e quelli che liberi lo sono un po' meno, sia la pubblicità. C'è una vasta area, che potremmo definire “ibrida”, che non si è capito bene cosa sia. Ed è la pubblicità che fa la differenza. Sicuramente non quella del salumiere sotto casa o del negozietto di articoli indiani, ma le banche, le assicurazioni, le multinazionali della bellezza, le finanziarie, le compagnie petrolifere, la telefonia. Più giriamo per la Rete e più ci rendiamo conto che di blog e di siti sponsorizzati ce ne sono una miriade e ci poniamo una domanda: le tasse le pagano? Quella di essere un blog è davvero una scelta di libertà o la conseguenza di un ragionamento di natura economica? Lo diciamo perché, nel nostro piccolissimo, di proposte di banner e popup, da quando i contatti sono visibili e il numero è aumentato costantemente negli anni, ne riceviamo parecchie. Ma mentre per noi conta la “scelta” fatta all'inizio, quella di continuare a essere Radio Popolare e di non trasformarci in Radio DJ, per molti altri il blog è diventato una fonte di reddito se non, in molti casi, nell'unica entrata fissa mensile. Quindi, secondo noi, una scelta intelligente da parte del governo, di qualsiasi governo, dovrebbe essere quella di differenziare le fonti di informazioni profit da quelle no-profit, esattamente come avviene per le associazioni, e non di stare ogni volta a ciurlare nel manico tentando di togliere il diritto di pensiero e di espressione in nome, poi, di cosa? della democrazia? dell'ordine pubblico? della convivenza civile? Ma per favore! Facciamo pagare le tasse a chi ci guadagna e lasciamo in pace chi invece ci investe (gratis) un'ora al giorno del suo tempo. E invece no. Siccome la Rete è per la maggior parte frequentata da sinistrorsi che hanno iniziato a fracassare le palle anche alla stessa pseudo-sinistra, Pd e Pdl uniti tentano blitz. Ci provano. Vogliono inserire norme che limitino fortemente la libertà di espressione, introdurre sanzioni che manco La Repubblica e Il Corriere della Sera. E anche se siamo convinti che l'unica differenza fra noi e i grandi gruppi editoriali italiani sia rappresentata da De Benedetti e Agnelli, equipararci a loro è un'offesa che fanno a noi che, pur di non avere padroni, continuiamo ad avere problemi non per arrivare a fine mese ma a domani. Chi ci segue sa che i nostri commenti sono in buona fede. Ogni tanto ci scappa qualche innamoramento politico che termina nel momento in cui ci rendiamo conto che il nostro amore non è ricambiato: amare da soli è una iattura di proporzioni colossali; lo sapevano pure i romantici dell'Ottocento che, infatti, si suicidavano. Ma lontani da qualsiasi atteggiamento autopunitivo, se Di Pietro ci delude glielo scriviamo non mandandoglielo a dire, lo stesso vale per Grillo, lo stesso per il Pd, idem per Sel. Chi ci delude lo puniamo, a maggior ragione se lo abbiamo amato.
Magazine Politica Italia
Il tentativo silenzioso di imbavagliare la Rete: diffamazione anche per i giornali web. E ci hanno provato pure con i blog
Creato il 25 luglio 2013 da Massimoconsorti @massimoconsorti
Manco a dirlo. Ci provano appena si può. Che la politica tenti da qualche tempo di mettere il bavaglio alla Rete, e alla libertà di espressione in Rete, è un dato di fatto. Ricordate Radio Popolare? Radio Alice? Radio Aut di Peppino Impastato? Negli anni '70 accadeva la stessa cosa. Solo che l'obiettivo erano le cosiddette “radio libere”, quelle che nel giro di pochi anni si trasformarono in vere e proprie discariche pubblicitarie: non tutte, quasi... Arrivarono quelle “commerciali” e il mondo dell'informazione cambiò, esattamente quello che accadde qualche tempo dopo con le televisioni. Ma arrivati a questo punto dovremmo aprire un capitolo a parte. Da un po' ci siamo convinti che la discriminante fra blog liberi e quelli che liberi lo sono un po' meno, sia la pubblicità. C'è una vasta area, che potremmo definire “ibrida”, che non si è capito bene cosa sia. Ed è la pubblicità che fa la differenza. Sicuramente non quella del salumiere sotto casa o del negozietto di articoli indiani, ma le banche, le assicurazioni, le multinazionali della bellezza, le finanziarie, le compagnie petrolifere, la telefonia. Più giriamo per la Rete e più ci rendiamo conto che di blog e di siti sponsorizzati ce ne sono una miriade e ci poniamo una domanda: le tasse le pagano? Quella di essere un blog è davvero una scelta di libertà o la conseguenza di un ragionamento di natura economica? Lo diciamo perché, nel nostro piccolissimo, di proposte di banner e popup, da quando i contatti sono visibili e il numero è aumentato costantemente negli anni, ne riceviamo parecchie. Ma mentre per noi conta la “scelta” fatta all'inizio, quella di continuare a essere Radio Popolare e di non trasformarci in Radio DJ, per molti altri il blog è diventato una fonte di reddito se non, in molti casi, nell'unica entrata fissa mensile. Quindi, secondo noi, una scelta intelligente da parte del governo, di qualsiasi governo, dovrebbe essere quella di differenziare le fonti di informazioni profit da quelle no-profit, esattamente come avviene per le associazioni, e non di stare ogni volta a ciurlare nel manico tentando di togliere il diritto di pensiero e di espressione in nome, poi, di cosa? della democrazia? dell'ordine pubblico? della convivenza civile? Ma per favore! Facciamo pagare le tasse a chi ci guadagna e lasciamo in pace chi invece ci investe (gratis) un'ora al giorno del suo tempo. E invece no. Siccome la Rete è per la maggior parte frequentata da sinistrorsi che hanno iniziato a fracassare le palle anche alla stessa pseudo-sinistra, Pd e Pdl uniti tentano blitz. Ci provano. Vogliono inserire norme che limitino fortemente la libertà di espressione, introdurre sanzioni che manco La Repubblica e Il Corriere della Sera. E anche se siamo convinti che l'unica differenza fra noi e i grandi gruppi editoriali italiani sia rappresentata da De Benedetti e Agnelli, equipararci a loro è un'offesa che fanno a noi che, pur di non avere padroni, continuiamo ad avere problemi non per arrivare a fine mese ma a domani. Chi ci segue sa che i nostri commenti sono in buona fede. Ogni tanto ci scappa qualche innamoramento politico che termina nel momento in cui ci rendiamo conto che il nostro amore non è ricambiato: amare da soli è una iattura di proporzioni colossali; lo sapevano pure i romantici dell'Ottocento che, infatti, si suicidavano. Ma lontani da qualsiasi atteggiamento autopunitivo, se Di Pietro ci delude glielo scriviamo non mandandoglielo a dire, lo stesso vale per Grillo, lo stesso per il Pd, idem per Sel. Chi ci delude lo puniamo, a maggior ragione se lo abbiamo amato.
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