Oggi voglio fare rotta verso il nord Europa. E non a caso utilizzo l'espressione "fare rotta"; infatti, la creatura mitologica protagonista di questo post sarà proprio un abitante del mare, le cui origini sono da ricercare nella mitologia nordica: il Kraken.
Etimologia
Il nome Kraken deriva dal norvegese krake, termine che indica un animale malsano o aberrante. Lo stesso significato si trova anche nelle parole inglesi crank e crook, dalla fonetica molto simile a quella norvegese. Sempre nei Paesi anglofoni, possiamo ricordare il verbo to crack, che fa riferimento a una rottura. Nell'area teutonica, invece, esiste proprio l'omografo del norvegese krake, derivante da una radice proto-indoeuropea, che rimanda in maniera specifica a una piovra.
Il Kraken distrugge una nave
Le origini
Il Kraken viene alla luce nei testi mitologici norreni intitolati Saga di Örvar-Odds e Konungs skuggsjá (1250), dove però viene chiamato Hafgufa. Si tratta di un mostro marino talmente grande che quando si trova in superficie, a pelo dell'acqua, può essere scambiato addirittura per un'isola. Tale caratteristica verrà sviluppata in maniera più approfondita nel Settecento, quando la figura del Kraken raggiungerà l'apice della propria fortuna. All'inizio dunque il Kraken incarna il motivo della balena-isola, che compare in altri miti con il nome di Zaratan.
Il motivo per cui questa creatura è stata ideata nelle regioni nordiche si può riscontrare nelle somiglianze tra le caratteristiche dell'antenato del Kraken e l'attività vulcanica sottomarina in Islanda. Gli spruzzi d'acqua dalle narici del mostro, le correnti e le ondate che esso provocava coi suoi spostamenti possono essere riconoscibili anche come indizi della presenza di vulcani sottomarini, la cui esistenza era ignota all'epoca.
Il Kraken visto come una balena-isola
Il Kraken nel Settecento
Del Kraken si occupa addirittura Carl von Linné, conosciuto in Italia come Carlo Linneo, che nel suo Systema Naturae (1735) lo classifica tra i cefalopodi con l'appellativo di Microcosmus marinus. In seguito, il celebre studioso non parlerà più di quest'essere, ma il solo fatto che anche un uomo di scienza come Linneo si sia interessato a questa creatura mitologica la dice lunga sull'importanza del Kraken nel XVIII secolo.
La consacrazione alla fama di questo terribile mostro marino si ha però con la Storia naturale della Norvegia, del vescovo danese Erik Pontoppidan, che costituisce il riferimento principale del Settecento su questa creatura. Costui riprende il motivo originario della balena-isola, sostenendo che molte isole raffigurate sulle carte geografiche corrispondessero in realtà alle emersioni periodiche del Kraken.
Bisogna dire però che Pontoppidan non descrive il Kraken come una bestia ostile, perché i disagi che questo causa con i suoi spostamenti (i gorghi, le forti correnti e le onde alte) non sembrerebbero intenzionali, o meglio, il religioso non lo specifica. Ciononostante, il vescovo precisa che se solo avesse voluto, questa bestia avrebbe potuto trascinare negli abissi addirittura la più potente nave da guerra.
Dopo il vescovo Pontoppidan, è lo svedese Jacob Wallenberg a parlare del Kraken nell'opera Mio figlio sulla galera (1781):
Il kraken, anche detto pesce-granchio, [...] non è più grande della larghezza della nostra Öland [ovvero meno di 16 km] [...] Se ne sta sul fondo del mare, sempre circondato da molti piccoli pesci che gli servono come cibo e ricevono cibo da esso; perché il suo pasto [...] dura non meno di tre mesi, e altri tre servono per la digestione. In seguito, i suoi escrementi nutrono un esercito di pesci più piccoli, e per questo motivo i pescatori gettano i piombi dove esso giace [...] Gradualmente, il kraken sale alla superficie, e quando si trova a dodici o dieci braccia è bene che le barche si allontanino, perché di lì a poco esso emerge come un'isola, spruzzando acqua dalle sue terribili narici e creando anelli di onde attorno a sé, fino a distanze di molte miglia.
Con Wallenberg il Kraken assume così le sembianze di un pesce-granchio, non più di una balena-isola.
Tuttavia, delle modifiche consistenti vengono apportate al Kraken verso fine secolo. Nonostante Pontoppidan non avesse mai parlato del Kraken come di una creatura malvagia, nel tardo Settecento prende piede il mito dell'aggressività del Kraken, con numerose varianti. Alcune leggende dicono che il Kraken affondasse solo le navi di uomini corrotti (come i pirati), risparmiando le imbarcazioni dei giusti.
Un altro cambiamento nell'immaginario collettivo riguardante questo mostro si può riscontrare nell'aspetto. Il Kraken alla fine del XVIII secolo smette i panni del pesce-granchio e della balena per vestire quelli della piovra o, in casi meno frequenti, del calamaro. Ciò che rimane costante è la grandezza dell'animale, che rimane considerevole e terrificante. Molto probabilmente, questo cambiamento fisico è dovuto a reali avvistamenti di calamari giganti proprio in quel periodo.
Il Kraken nei panni di un calamaro gigante
Sicuramente il Kraken è uno dei mostri marini più famosi e la sua figura oggi è tornata popolare grazie alle apparizioni in film come Pirati dei Caraibi e Scontro tra Titani. Ciò che a parer mio è affascinante in tutto questo è come l'uomo tenti di trovare sempre delle spiegazioni per degli eventi naturali che non conosce. Ecco dunque che i vulcani sottomarini e i calamari giganti diventano dei temibili mostri, che attentano alla vita dei marinai.
Tutti queste creature spaventose incarnavano l'ambiguità del mare, che era sì una fonte di ricchezza, ma anche un elemento imprevedibile e pericoloso. In fondo, l'uomo rimane sempre piccolo nei confronti della natura. Basta un attimo, ed ecco che il mare si prende tutto. Anche senza l'aiuto del Kraken.Fonti:- Wikipedia, voce "Kraken";- La tela nera, articolo "Kraken" di Gianluca Santini.