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Il “terrorista” Mandela e l’insipienza prevedibile del razzismo biologico

Creato il 09 dicembre 2013 da Catreporter79

Il Paese che Frederik Willem de Klerk , uomo coraggioso e politico illuminato, lasciò nelle mani di Nelson Mandela, si presentava come un immenso giardino, nel quale ad una piccola parte degli occupanti era data la possibilità di consumare la quasi totalità dei frutti, facendoli però raccogliere ai veri proprietari, nutriti con le bucce e con i semi di quei frutti, se e quando non cadevano dall’ albero, morendo per coglierli.
Ecco come si snodava la quotidianità, in quel giardino:

“I neri vivono o ai margini delle grandi città (in miniere e fabbriche), o nelle grandi fattorie degli afrikaaners (ognuno dei quali ha dagli 8 ai 16.000 ha): questi operai non percepiscono un salario, ma possono coltivare un pezzo di terra e avere del bestiame per poter vivere. Infine ci sono quelli che vivono nelle riserve.

I neri non possono scegliere il luogo dove vivere, dove lavorare, il tipo di educazione da dare ai figli. Sono soggetti a trasferimenti forzati ogni volta che il governo scopre che nel loro sottosuolo vi sono minerali preziosi (è successo ad es. di recente con il rame). Non hanno diritti e la legge non punisce polizia e militari che commettono reati contro di loro.

La spesa totale pro-capite per l’educazione è di 780 $ per i bianchi e di 110 $ per i neri.

La pensione media mensile è di 94 $ per un bianco e 41 $ per un nero.
L’87% del territorio (con oro e diamanti) è assegnato alla minoranza bianca.

Gli africani vivono in riserve che rappresentano meno del 13% della superficie sudafricana.

Il lavoratore nero abbassa lo sguardo in segno di inferiorità quando incontra un bianco, il quale non vuole sentirsi osservato.

C’è un medico ogni 330 bianchi e uno ogni 91.000 neri (nel bantustan KwaZulu ce n’è uno ogni 150.000 ab.: è la proporzione più bassa di tutto il Terzo mondo). Un medico bianco non può soccorrere un nero.

I bambini neri in carcere sono sempre privi di assistenza legale e i genitori non sanno dove vengono rinchiusi né di cosa sono accusati. Le condanne per loro variano da un minimo di 6 a un massimo di 9 anni di reclusione.

Nessun genitore può entrare nelle scuole senza il permesso della polizia.

Uno studente che passeggia per strada durante l’orario scolastico può essere imprigionato per due settimane.

Qualsiasi alunno o persona colpevole di gettare sassi, appiccare fuochi o usare altre forme di violenza può essere immediatamente arrestato o ucciso dalla polizia.

Nei ghetti le scuole possono anche avere classi di 70 ragazzi.

Nessuno può parlare agli studenti, nell’ambito della scuola, di argomenti che esulano dal programma ufficiale. Ancora oggi le scuole si attengono al Manifesto dell’educazione nazionale cristiana, che afferma: “il compito del sudafricano bianco nei confronti dell’indigeno è quello di cristianizzarlo e aiutarlo a progredire culturalmente.

L’istruzione degli indigeni deve essere basata sui principi di custodia, non-uguaglianza e segregazione (ed è un’istruzione bantu, cioè molto povera, in quanto riservata ai neri.

Più volte il governo ha cercato d’imporre come lingua d’insegnamento l’afrikaans e non l’inglese). Lo scopo di questa educazione è quello di far capire qual è lo stile di vita dell’uomo bianco, specialmente quello della nazione boera”.

A scuola non ci si può andare se non si ha un nome “cristiano”, che i bianchi sappiano pronunciare.

La divisa scolastica dei neri è giacca e pantaloni scuri senza cravatta. Le ragazze portano una gonna blu e una camicia bianca abbottonata fin sotto il mento.

Sui banchi c’è un vocabolario di inglese/afrikaans (lingua dei boeri): la parola “baas”, che in afrikaans significa “padrone”, viene tradotta con “uomo bianco, eroe e uomo intelligente”.

Un tribunale bianco, per mandare a morte 14 persone nere, ha usato come formula il “common purpose”, ovvero la “comune volontà” di aver ucciso un poliziotto collaborazionista nero durante una manifestazione politica (è la cd. “responsabilità indiretta”, che oggi viene invocata dal governo USA per giustiziare coloro che provocano, anche indirettamente, la morte per overdose).

Una donna vedova o abbandonata dal marito o che rifiuta un lavoro sgradito può essere trasferita in un altro posto, anche molto lontano. La legge vieta i matrimoni misti.

Dal 1985 vige lo stato di emergenza.

Non è possibile distinguere tra l’uccisione di una persona per reati “comuni” e per reati “politici”, perché il Sudafrica non riconosce questa seconda categoria.

Il Sudafrica (se si esclude l’Iran su cui non si hanno dati certi) detiene il record del più alto numero di condanne a morte e di esecuzioni del mondo (negli anni 70 in media 79 all’anno; negli anni 80, 119). Oltre a ciò andrebbero conteggiati i decessi che si verificano nelle carceri prima della sentenza”

A questo corteo di abomini morali, vanno aggiunti i massacri, gli strupri e le umiliazioni giornaliere che la maggioranza nera fu costretta a subire, nella più completa impotenza, per quasi 4 secoli.

Questi, i cardini e i perimetri di quel sistema che vede il suo atomo tra il 1652 e il 1657, quando l’olandese Jan van Riebeeck fondò la colonia del Capo, e concretizzatosi in un agghiacciante rivestimento istituzionale dal 1948 al 1993.

Questo, l’irrazionale sistema che la minoranza bianca (9%-10%) aveva imposto, prima per convenienza economica e dopo per paura, agli autoctoni, ovvero al restante 75% della popolazione.

L’ iconoclastismo ideologico (quando non egocentrico) di chi cerca di destrutturare l’immagine comunemente accettata e condivisa di Nelson Mandela, non potrà che apparire quindi immaturo, fragile vulnerabile. Ma ecco perché ed ecco di che cosa si tratta:

-Mandela viene accusato di essere stato un “terrorista”, di aver cioè fatto parte del braccio armato del l’ ANC. E’ vero (o meglio, lo fu per una parte della sua vita), ma la lotta armata, specialmente se e quando volta all’annientamento di un sistema irricevibile come quello imposto dalla comunità anglo-boera in Sud Africa, non è di per sé esecrabile e, spesso, emerge come l’unica strategia possibile ed ipotizzabile verso il raggiungimento di uno status quo formulato sull’emancipazione e la consapevolezza (ampie porzioni di Santa Romana Chiesa ammettono la lotta armata e lo stesso Mahatma Gandhi acconsentì a dotare il suo Paese di un imponente arsenale bellico)

-Mandela avrebbe beneficiato di finanziamenti dalle potenze straniere, USA, GB ed Israele in testa. Premesso come, anche in questo caso, ricevere appoggi o finanziamenti da soggetti altri, esterni e diversi, non sia di per sé condannabile (UQ, PLI, DC, MSI, FI,Lega Nord hanno giovato per anni di iniezioni economiche e di appoggi politici da parte di USA, stato ebraico e Vaticano), le potenze occidentali hanno, invero, sempre favorito e foraggiato il Sud Africa bianco, perché visto come un contraltare all’intraprendenza castrista nel continente africano-

-Mandela sarebbe il responsabile primo del caos e delle divisioni etniche che ammorbano e sconvolgono in Sud Africa, nonché del “genocidio bianco” (fenomeno reale e preoccupante) in atto dal 1994. In realtà, è stata la minoranza bianca, attraverso una gestione nefanda sul piano morale e folle su quello strategico-politico, a creare le condizioni, mattone dopo mattone , per la situazione che sta sperimentando nel suo quotidiano, dal dopo de Klerk ad oggi. Sebbene inaccettabile sotto il profilo etico, il razzismo cosiddetto di “reazione” è una risposta “fisiologica” alla prevaricazione ed alle violenze che una comunità è stata costretta a subire (in storiografia si chiama “Legge del pendolo”)

Una minoritaria (ma rumorosa) porzione del conservatorismo internazionale, si dimostra ancora una volta indefessamente legata ai frame del razzismo classico-biologico, ammanettata ad un passato che non conosce e ad un presente che non riesce a codificare. Per alcuni, è ancora l’elemento biologico a fare l’uomo. Per costoro, autoghettizzatisi al di là della Colored Lines, la “Doccia salutare”, il “Brusca e striglia” e il “Saettino puro sangue meneghino”sono e rimangono il baricentro cognitivo e il sentiero ideologico d’elezione.



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