di Raffaele Mantegazza
Consiglio a tutti la lettura del libro di Martin Buber “Il cammino dell’uomo”. Vi è narrata tra l’altro la storia di un rabbino che in sogno vede un tesoro nascosto lontano da casa sua; si mette in cammino e per anni cerca il tesoro ma non lo trova. Torna a casa scornato e deluso e incontra un amico che gli dice “Sono anni che ti cerco perché ho sognato che c’era un tesoro sotto il tuo camino, a casa tua. Mi sono messo in viaggio per dirtelo ma non ti ho trovato”. I due vanno a scavare e trovano il tesoro. E’ la storia del popolo giudaico, che ha capito quando profonda e straordinaria fosse la sua patria solo quando l’ha perduta. Ma è anche la nostra storia, di noi che di fronte alle migrazioni abbiamo paura di perdere le nostre radici e non capiamo che le radici sono intricate, miste, bastarde fin dalle loro origini e che proprio il confronto con i migranti ci permette di capire realmente la nostra cultura. Accogliere i migranti con gli slogan leghisti (ricordiamo il manifesto con la scritta: “Immigrati? Fuori dalle balle”) oltre a non contribuire a discutere i problemi della migrazione (che ci sono ma non di risolvono con gli slogan violenti o con la militarizzazione delle coste –di 7500 Km. di coste!) ci impedisce di capire la nostra cultura. Una cultura si capisce solo quando la si osserva dal di fuori, mettendola a rischio, rischiando di perderla per poi ritrovarla arricchita. Il (non-)discorso della Lega sulle migrazioni, fatto di insulti e di offese (altro sarebbe fare proposte concrete e realizzabili per gestire i problemi che ogni migrazione porta con sé- anche quella italiana nel mondo!), ci fa perdere la grande occasione che le migrazioni ci offrono quella di riflettere sul nostro mondo e sulla nostra cultura: che è parziale, incompleta, frammentaria e solo aprendosi al confronto con le altre, e perdendo una parte di sé, può trovare e condividere il vero tesoro.