IL TESORO PIU' GRANDE di Fabiola D'Amico ( Cap. 11 - 12 )
Creato il 13 marzo 2011 da Francy
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11 Camminarono per un’altra decina di minuti, più volte, Juan ebbe l’impressione che loro girassero intorno allo stesso posto. Dopo un po’ si rese conto che non avrebbe potuto trovare la strada per tornare alla spiaggia con facilità. Finalmente, superato un groviglio di alberi, si ritrovarono sull’orlo di un precipizio. Il guercio li precedette e con facilità, nascosta tra dei cespugli, tirò fuori una scala di corda. Non avevano incontrato nessuna sentinella ma Juan era sicuro che ce ne fossero parecchie nascoste tra le macchie di verde.
Da lì sopra si poteva ammirare la piccola spiaggia, in ombra a causa degli alti dirupi che si estendevano a destra e a sinistra impedendo alla luce del sole di penetrare se non per poche ore. Soltanto una piccola insenatura dava l’accesso al mare aperto. Il porto naturale nascondeva sia la piccola colonia sia le imbarcazioni, a chi si ritrovava a navigare vicino l’isola. Infatti, nessuno si sarebbe inoltrato tra le pendici che scendevano a picco sul mare, col rischio di schiantarsi contro qualche scoglio. Nessuno tranne quei pirati. All’ancora poco distante dalla riva, ma ben nascosto dal mare e dal vento, stava un vascello. Intorno a questo, piccole imbarcazioni facevano la spola tra la riva e la nave. Delle piccole capanne sorgevano sotto i rami degli alberi e tutto intorno c’erano tavoli e sedie, dove le donne e i bambini si affaccendavano nelle loro mansioni quotidiane. Il guercio spinse Juan e Isabella verso uno di quegli alberi, li fece sedere con la schiena contro il tronco, infine li legò. «Stai bene?», Juan cercò di afferrare la mano di Isabella, ma le corde erano troppo strette, così si limitò a sfiorarle il braccio. «Per quanto sia possibile esserlo quando dei pirati ti rapiscono e minacciano di ucciderti». La voce di Isabella era appena un sussurro. «Non devi aver paura, non permetterei a nessuno di farti del male. E poi presto i miei uomini verranno a cercarci». Juan cercò di rassicurarla, ma dentro di sé non era tanto sicuro. Quel posto era troppo nascosto e protetto per essere trovato senza che almeno una delle sentinelle non desse l’allarme. «Juan, ho tanta paura!». Isabella lasciò che le lacrime le scivolassero lungo le guance. Juan diede uno strattone alla corda. Dannazione, doveva fare qualcosa! La spalla tornò a tormentarlo. In quelle condizioni non poteva fare molto, doveva stare calmo e pensare. Cominciò a guardarsi intorno: le sole vie d’acceso alla spiaggia erano i dirupi e il mare. Fuggire dai dirupi non era possibile, lì c’erano le sentinelle e poi chiunque avrebbe potuto vederli mentre salivano la scala di corda. L’unica via di uscita era il mare. Calcolò la distanza dall’albero ai primi scogli. Trecento metri. Se correvano veloci potevano raggiungerli in qualche minuto, troppo. C’era gente ovunque. D’altra parte potevano nascondersi tra gli alberi e gettarsi in mare più avanti. Era un piano troppo pericoloso, non conosceva il fondale e soprattutto la sua nave era molto distante. Se si fossero accorti della loro sparizione, non avrebbero perso molto tempo a trovarli. Avevano numerose barche. Barche, ma certo. Se riuscivano a prenderne una, avrebbero potuto andarsene indisturbati. Anche se era una piccola colonia, nessuno avrebbe badato ad un marinaio che si allontanava verso il mare aperto per andare a pescare. Da lì alle barche non c’erano che pochi metri, se fossero riusciti a nascondersi lì vicino, avrebbero potuto prendere una con la merce dal vascello. Ora che aveva pianificato la loro fuga doveva riuscire a sciogliere quelle corde. E in fretta, non aveva idea di dove fossero andati i loro aguzzini. «Isabella ho trovato il modo per fuggire, ma dobbiamo liberarci. Cerca di allentare la corda, muoviti. Così brava. Vedi dov’è il nodo? » «Alla mia destra», Isabella ricacciò indietro le lacrime, la sua ora non era ancora arrivata. «Credi di riuscire a sciogliere il nodo con i denti?». «Posso provare!». Cercarono di muovere le corde, avvicinando il nodo verso la bocca di Isabella. Non appena fu vicino, Isabella cercò di afferrare il nodo tra i denti e cominciò a tirare, ma una voce sconosciuta la paralizzò. «Ah, così siete voi la capra che è stata catturata. A quanto pare di nome e di fatto, in quanto tempo volevate rosicchiare la mia corda?». Isabella lasciò la corda e si poggiò sconfitta contro il tronco. «Le lodi dei miei uomini non rendono giustizia alla vostra bellezza. Ma vediamo chi è quest’uomo, che incurante, di un’arma puntata alla sua schiena, ha difeso il vostro onore, e si è rimesso a posto la spalla da solo. Un uomo d’indicibile valore, a quanto pare…» L’uomo girò attorno all’albero, continuando a parlare, ma non appena vide il volto di Juan, un’espressione di sorpresa gli si dipinse in volto: «Per tutti i diavoli, ma come ho fatto a non capirlo prima. Soltanto il famoso pirata Juan lo Sparviero, poteva essere così audace. Vecchio mio, che felice sorpresa!». Il pirata si avvicinò a Juan che sorrideva sollevato e felice, e gli batté la mano sulla spalla. «Ahi! Brutta iena, che il diavolo ti porti. Ti meriti una punizione per l’accoglienza che ci hai riservato!». Juan, pur non nascondendo una smorfia di dolore, non riuscì a fare a meno di prendere in giro l’uomo con il quale aveva diviso tutto, prima di diventare un onesto cittadino. «Forza, cosa aspetti a liberarci?!». «Liberare te, un individuo oltremodo pericoloso? Giammai… non puoi accusare i miei uomini di averti trattato male, sei stato tu a costringerli ad essere violenti». Nonostante le parole, si diede da fare e in breve Juan e Isabella furono liberi dalla corda. I due amici si abbracciarono con cameratismo. «Quanto tempo è passato, ma sei rimasto sempre lo stesso, per te il tempo non sembra essere trascorso!». Raffaele non riusciva a trattenere la gioia. «Tu, invece, hai messo su una bella pancetta. Hai i baffi, certo che hai perso l’aria da ragazzino!», Juan lo guardò con attenzione, era cresciuto molto dall’ultima volta che l’aveva visto quasi dieci anni prima. Sembrava invecchiato e dimostrava molto di più dei suoi trent’anni. «Vedo con piacere che ti circondi sempre di bella compagnia», Raffaele rivolse uno sguardo a Isabella, che stava ferma vicino a Juan. «Faccio quel che posso!». Gli rispose lui posando un braccio intorno alla donna, con quel gesto gli stava dicendo che era sua proprietà. «Amico mio, ho capito il messaggio. Senora le porgo le mie scuse per la brutalità dei miei uomini e le prometto che finché resterà qui, sarà trattata con tutti i riguardi che spettano a un ospite importante». Accompagnò le parole con un inchino, poi si rivolse a Juan: «Vedi che non ho dimenticato le buone maniere che mi hai insegnato da piccolo?». «Mi fa molto piacere. Ora dimmi saremo trattati come ospiti liberi di andarcene o come ospiti prigionieri?». Juan sorrise nel fargli quella domanda. «La tua domanda mi offende, vi tratterò come ospiti, ma non potrete andarvene da qui senza il mio permesso». Raffaele non poté trattenersi dal prenderlo in giro, ma quando vide che Isabella era impallidita, si affrettò ad aggiungere: «Juan è meglio che rassicuri la tua donna che stavo soltanto scherzando!». Lui si voltò a guardarla, era pallida e ancora spaventata. La sorpresa e la felicità di aver ritrovato il vecchio amico gli avevano fatto dimenticare il pericolo che avevano corso fino a qualche attimo prima. «Isabella è tutto finito, la fortuna non ci ha abbandonato. Quest’uomo è l’unico vero amico che abbia mai avuto nella mai vita passata». Isabella si lasciò abbracciare e si strinse a lui. Era così stanca e sollevata che avrebbe voluto chiudere gli occhi e non svegliarsi prima di una settimana. «Raffaele, cosa stai facendo?». La voce di una donna, dolce e carezzevole, infranse quell’attimo di tranquillità. Non appena Isabella la scorse, rimase stupita, non mai aveva visto tanta bellezza in una donna. Il viso era lucente come una perla, e aveva dei bellissimi capelli ricci che le scendevano sulle spalle; gli occhi a mandorla erano ingranditi dalla matita con cui aveva tracciato il contorno occhi. La scollatura del vestito mostrava abbondantemente il seno alto e formoso, la vita era stretta, tanto che le mani di Juan avrebbero potuto cingerla per intero. Chissà perché li immaginò abbracciati, nudi sulla sabbia fine. Un inspiegabile senso di gelosia le strinse lo stomaco; guardò Juan per vedere la sua reazione, ma gli sembrò indifferente, anzi sorrise alla nuova arrivata in modo beffardo. «Guarda un po’ chi è venuto a farci visita!». Il tono di Raffaele non era più scherzoso, anzi si era rivolto alla donna guardandola in modo accusatorio. «Juan». La donna pronunciò il nome con voce soave, lanciandogli un sorriso accattivante. «Consuelo! I tuoi gusti in fatto di donne non sono cambiati invece». Dopo un lento inchino si era rivolto a Raffaele, ignorando del tutto la donna, sul cui volto la bellissima espressione che fino a qualche istante prima aveva, fu sostituita da uno sguardo di odio e di disprezzo; la donna fece una smorfia con bella bocca e strinse gli occhi, che divennero piccoli come due fessure; poi rivolse la sua attenzione a lei, guardandola dall’alto in basso in modo sprezzante. Quando tornò a guardare Raffaele, aveva nuovamente cambiato espressione. «Il lupo perde il pelo ma non il vizio. La sua compagnia mi aiuta a superare le notti!». La voce di Raffaele era carica di disprezzo. «Forse quando un giorno incontrerò una dea come la tua Isabella, la sostituirò». «Caverò gli occhi a chiunque osi avvicinarsi al mio uomo!», Consuelo si strinse a Raffaele, poi lo baciò appassionatamente, ma fu un bacio breve perché l’uomo la allontanò in fretta. Dall’alto della rupe un uomo lanciò un messaggio: «Capo, dall’altra parte dell’isola sono sbarcati degli uomini armati, che facciamo?». «Sono i miei uomini, è meglio se vado a informarli che abbiamo trovato amici!». Juan informò Raffaele dell’arrivo dei marinai. «Allora va a dirgli che stiamo per fare festa. Consuelo, offri un tuo vestito alla nostra ospite. Io mi occuperò dei preparativi!». Juan si rivolse a Isabella e a bassa voce le disse: «Non temere, siamo salvi, ma non fidarti di lei, mai!». Dopo averle dato quest’ultimo avvertimento, si allontanò. Isabella e Consuelo rimasero a guardare i loro uomini che si allontanavano, poi Consuelo le disse: «Vieni!». Con fare deciso si diresse verso una delle capanne senza voltarsi indietro, le prese una gonna e una camicia con maniche larghe da un baule e glieli lanciò. Rimase seduta sul letto, fissandola con uno sguardo pieno di malizia, che mise Isabella a disagio. La gonna le andava bene, mentre la camicia le sembrò troppo scollata. Non era abituata a portare abiti così aperti sul collo, era indecoroso mostrare tanta parte del proprio corpo. Sentendosi a disagio le chiese un fazzoletto. Con calma la donna si alzò e le diede un foulard, poi le disse, in tono spezzante: «E cosi sareste la donna di Juan. Che strano, non siete per nulla il suo tipo: così pudica e innocente. A lui piacciono le donne focose, che non disdegnano di usare il corpo per ammaliarlo. Mi amava, ma soprattutto adorava il modo in cui lo accarezzavo e lo toccavo. Ditemi anche con voi geme o finge solamente?». Isabella era così disgustata da non sapere cosa rispondere. «Allora, riuscite a farlo impazzire dal desiderio? Volete sapere i posti i cui adora essere toccato e baciato? Ma forse non siete neanche la sua amante, Juan morirebbe di noia con una come voi. Ditemi ci siete andata a letto?». A quella domanda, Isabella perse tutta la sua timidezza e con voce calma le disse: «Non sono affari che vi riguardano!». «Ti sbagli qui sono la padrona tutti devono ubbidirmi!». Adesso il tono di Consuelo era alterato. «Che assurdità, siete dei pirati. Vivete come paria su un lembo di terra!». Isabella non si sentì disposta a soccombere davanti ad una poco di buono come Consuelo. «Strega!». Con un urlo Consuelo si gettò sopra Isabella. Caddero entrambe a terra. «Ma siete impazzita?». Dove era andata finire? Si chiese Isabella.
«Che cosa sta succedendo qui?». Raffaele entrò nella capanna e non appena le vide sul pavimento, capì che le due donne non andavano d’accordo. «Rinfodera gli artigli, amor mio. La tua gelosia non ha ragione di esistere, o forse, a suo tempo, il nostro amico, non è stato abbastanza chiaro? Alzati e fuori da questa stanza». «Maledetta me la pagherai!». Consuelo lanciò quell’ultima minaccia a Isabella e, dopo essersi sistemata i capelli, uscì dalla casa. «Spero che non vi abbia disturbato più del necessario!». Disse Raffaele aiutando Isabella a rialzarsi. «Io… credo di essere un po’ confusa!» «Immagino che molte persone vi abbiano detto che siete molto bella. Juan è un uomo molto fortunato, ma anche voi lo siete. Non esiste uomo migliore». Isabella pensò ai pericoli che aveva corso in quel viaggio. In ogni occasione Juan l’aveva salvata o aveva cercato di proteggerla e se non fosse stato per la sua stupidità, non si sarebbero cacciati in molti guai. Le venne in mente il modo in cui l’aveva salvata da quei tizi al porto, la tenacia con cui aveva affrontato la tempesta, la rabbia con cui aveva afferrato il guercio. Adesso capiva perché suo padre aveva ingoiato l’orgoglio e le aveva chiesto di cercare Juan. Con lui al suo fianco avrebbe potuto sconfiggere chiunque. «Avete proprio ragione, non avrei potuto incontrare persona migliore di Juan». Uscirono insieme dalla capanna e subito videro la bella Consuelo girare intorno a Juan, accarezzando il petto nudo dell’uomo, con dita lievi. Poi dopo avere lanciato uno sguardo nella loro direzione, gli afferrò il volto con le lunghe dita affusolate e lo baciò sulle labbra, infine tornò a guardare verso di loro e facendo volteggiare la gonna si allontanò. «Non fateci caso, Juan non si lascerebbe mai ammaliare da un’arpia come Consuelo. È soltanto invidiosa». Juan si avvicinò, con lunghe falcate. «Ho tranquillizzato i miei uomini e li ho invitati a unirsi a noi. Spero che non ti dispiaccia». Aveva la fronte aggrottata: Consuelo lo irritava come sempre. Sperava soltanto che il cattivo gusto della donna nel baciarlo davanti a Raffaele e Isabella non gli procurasse guai. «Spero che abbiate il buon senso di lavarvi il viso. A proposito, trovatevi un posto, dove dormire stanotte! Raffaele, posso fare una passeggiata?». Juan alzò gli occhi al cielo, come aveva temuto l’arpia era riuscita nel suo intento. Avrebbe avuto il suo da fare per convincere Isabella che era stato soltanto una vittima. «Senora Isabella siete libera di fare quello che più vi piace!». Raffaele usò un tono raffinato, ma, non appena Isabella si allontanò, scoppiò a ridere. «La mia donna ha colpito ancora, se vuoi ti presto un pagliericcio su cui dormire!». «Non è per niente divertente». Doveva trovare un modo per scusarsi, non avrebbe potuto dormire senza Isabella. Dopo un’ora arrivarono sulle barche anche gli uomini di Juan, che non appena scesero corsero a salutare Isabella per sincerarsi che stesse bene. «Sto bene!». Quella era un’altra prova che era stata accettata nel gruppo e ne era felicissima. Chiese notizie di Leandro. «Senora Isabella grazie a voi il giovane sta benissimo, ha mangiato con appetito e ora dorme. Voleva venire con noi, ma gli abbiamo ricordato che doveva riguardarsi. Così a malincuore è tornato a letto». Luis rispose facendo zittire il resto della ciurma. «Allora quando si riprenderà, organizzeremo una festa per lui!». La proposta di Isabella fu accolta con grida di gioia, ma l’arrivo di Juan gelò l’atmosfera. «Vorrei ricordarvi che la prima persona cui dovete rivolgervi non è la senora Isabella, bensì io. Quanto a voi mia cara, vorrei ricordarvi che certe decisioni spettano al capitano e ai primi ufficiali. Siete per caso uno di questi?». Isabella sarebbe voluta sprofondare, soprattutto perché Consuelo aveva ascoltato il rimprovero di Juan e la guardava con aria di superiorità. Era così presa a osservare Consuelo che non si accorse dell’espressione tranquilla con cui Juan guardava i suoi uomini. Così rimase sorpresa quando lui proseguì: «Per questo motivo, da oggi vi nomino mio secondo ufficiale. E quanto a voi ciurma da oggi prenderete ordini da me e dalla qui presente donna, sono stato chiaro?». Isabella non ebbe neanche il tempo di rispondere perché gli uomini la sollevarono e la portarono fin da Juan, dritto tra le sue braccia. «Non potete impedirmi di dividere il letto. Siete mia, non l’avete dimenticato, vero?»....
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