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IL TESORO PIU' GRANDE di Fabiola D'Amico ( Cap. 24 ) - ULTIMO CAPITOLO!!!

Creato il 07 aprile 2011 da Francy
*ATTENZIONE!*QUESTO E' L'ULTIMO CAPITOLO DEL NOSTRO ROMANCE  A PUNTATE SE NON L'AVETE ANCORA LETTO...SIETE AVVISATE!  PER TUTTE LE ALTRE BUON DIVERTIMENTO CON L'ENTUSIASMANTE FINALE !

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IL TESORO PIU' GRANDE di Fabiola D'Amico ( Cap. 24 ) - ULTIMO CAPITOLO!!!
   Qualche mese più tardi
 
    «Mamma!». Il bimbo si agitò tra le braccia della giovane donna, che amorevolmente si affrettò a dondolarlo sussurrandogli tenere parole fino a quando non tornò nel mondo dei sogni.  Con un pigro sorriso tra le labbra, Isabella contemplò il viso del suo fratellino, che ormai considerava un figlio. Chissà cosa sta sognando! Si domandò, guardandolo sorridere. Ogni giorno si stupiva di quel bambino, dei suoi sorrisi, delle sue parole. Ricordava ancora il giorno in cui aveva detto la sua prima parola: «Papà!».   Da quel giorno non si era più fermato, incalzato da Juan che, ogni qual volta poteva, giocava con il bimbo insegnandogli giochi e parole, alcune delle quali non adatte a un bimbo. Tra i due era subito nata una grande intesa, al punto che Carlos lo preferiva a Isabella, ma la donna non ne era per nulla gelosa, troppo felice che gli unici uomini della sua vita si amassero tanto. Certo, avrebbero dovuto affrontare ancora molte prove, ma il legame si stava rafforzando sempre di più.  Il grido di un gabbiano distolse Isabella da quegli allegri pensieri; il sole stava tramontando e gli uomini tornavano nelle loro case. Nel silenzio che precede la notte, si levarono nell’aria gli allegri scoppiettio dei fuochi. Come sempre il falò e l’odore del legno fecero irrigidire Isabella. Quei suoni e quel calore rievocavano troppi tristi ricordi.   A volte, durante la notte, le orribili immagini della morte del padre, la sua prigionia, tornavano a tormentarla, e soltanto tra le forti braccia di Juan riusciva a scacciare il passato.   Inconsapevolmente strinse il corpicino di Carlos, quasi a volerlo proteggere da quel mondo ostile in cui era nato e che con il tempo non l’avrebbe per nulla ripagato della perdita dei genitori, così come non aveva dato soddisfazioni a lei.   La corte reale aveva decretato chiuso il caso del Conte Torrelles e per nessuna ragione era voluto ritornare a discuterne. Poi in gran segreto aveva concordato, per non incorrere in altri guai, così come avevano minacciato Juan e Isabella, di ritirare le accuse in nome della donna.   Né  il sovrano né le altre più importanti cariche politiche avevano voluto lottare contro la Sacra Inquisizione, preferendo lasciarsi derubare. Così Isabella, troppo amareggiata, aveva deciso di rifugiarsi nel mare, e, con Juan, era ritornata all’isola dei pirati.   Si guardò i polsi, dove ancora vi erano i segni della corda; quei giorni sarebbero stati sempre presenti nella sua memoria, ma non doveva permettergli di tormentarla. Mai più. Basta! Si disse Isabella, da quel giorno avrebbe pensato soltanto alla sua vita con Juan e il piccolo Carlos.     «Piccole amiche, state tranquille. Buone, ancora un momento e sarete libere. Così brave…!». La voce di Juan era un sussurro.  Spingendo le ceste lentamente, portò le piccole creature nel fondo del corridoio, fin all’altra apertura che già aveva murato. Qui giunto, aprì leggermente il coperchio, tanto quanto bastava per farle uscire. Poi si allontanò, camminando con prudenza. Sapeva di non correre alcun rischio poiché aveva intorpidito le api e anche se fossero venute fuori dalla cesta non l’avrebbero punto mordere, ma il ricordo del loro ultimo incontro era ancora vivo nella sua memoria; non esistevano creature tanto più terrificanti. Soltanto dopo aver innalzato una prima parete, tirò un sospiro di sollievo e, finalmente, si riposò.   Da due giorni viveva in quella grotta, preparando le terribili prove con cui le generazioni future avrebbero dovuto cimentarsi in nome della ricchezza e del denaro. Più volte, si era stupito per la mente contorta del suo amico, ma per il legame di amicizia che li aveva uniti e per la prova che gli aveva offerto salvando la vita di Isabella non aveva potuto far altro che rispettare le sue volontà. Aveva usato tutti gli accorgimenti necessari per non restare egli stesso vittima dei tranelli, eppure la paura di fallire non l’aveva abbandonato. Aveva preparato la sepoltura dell’amico, seguendo tutte le sue istruzioni, scritte in un foglio che aveva trovato nella caverna sotterranea; ma soprattutto era rimasto sorpreso per tutto il lavoro che Raffaele aveva fatto da quando gli aveva mostrato la tomba. L’uomo aveva preparato massi per chiudere le insenature naturali della roccia, aveva predisposto le trappole, lasciando a Juan solo il compito di sistemarle definitivamente, e infine aveva scritto la mappa di quel grande tesoro.   E ora doveva consegnare quel disegno alle generazioni future. Lavorando sui tranelli e verificandone la mostruosità, Juan aveva deciso di non consegnare nelle mani di nessuno quel pezzo di carta ma ogni volta ricordava che gli aveva dato la sua parola e non poteva più tirarsi indietro. D’altra parte non gli andava che i suoi figli o nipoti cadessero in quella trappola.   Mentre stava seduto, appoggiato alla nuda roccia, in silenzio, gli apparve nella mente l’immagine di Isabella, seduta sulla riva del mare, con gli ultimi raggi che le baciavano i capelli mandando bagliori rossicci. Non la vedeva da due giorni, e, fino a quel momento, il suo pensiero non l’aveva sfiorato, ma ora avvertiva un desiderio prepotente. Promise a se stesso che d’ora in poi non l’avrebbe più lasciata. Poi si disse che un tale impegno non era facile da realizzare con il lavoro che svolgeva, ma se avesse avuto qualcosa di lei, forse non avrebbe sentito molto la sua mancanza. Ma cosa? pensò Juan.     «Ma certo che sciocco sono, avrei dovuto pensarci prima». La voce rimbombò nella caverna vuota. L’idea gli era balenata come un lampo, ma più ci pensava più gli appariva come la soluzione a tutti i suoi problemi.   Carico di nuova energia, finì di eseguire gli ultimi lavori, poi si allontanò  da quel luogo oscuro. Per sempre.    Quando Juan giunse alla spiaggia, Isabella stava ancora osservando il mare, così ebbe l’impressione che qualche forza oscura stesse manipolando le loro vite. Era la stessa immagine che gli era apparsa nella grotta, il sole che tramontava, i bagliori dei suoi capelli, l’espressione serena, ma in un certo qual modo triste.   Quella donna, che tanto aveva sofferto, faceva parte della sua vita e il solo vederla gli riempiva il cuore. Sapeva che non avrebbe potuto farle dimenticare tutto il male sofferto, ma almeno l’avrebbe resa felice per i giorni a venire.     «Buona sera, mia signora!».   Isabella si volse a guardare Juan con un pigro sorriso tra le labbra. Gli occhi splendevano di luce nuova, i capelli leggermente scompigliati dal vento, la bocca socchiusa. Era sensuale e innocente al tempo stesso. Juan desiderò stringerla tra le braccia e amarla fino all’indomani, ma non era il momento.    «Ti stavo aspettando!». La voce di Isabella e quelle parole fecero venire i brividi; il desiderio e l’ardore di prendersi era palpabile nell’aria.  Cercando di trattenersi si chinò a baciarla attento a non svegliare il piccolo, poi si sedette al suo fianco. «Ho portato a termine la mia promessa, se vuoi, possiamo salpare anche stasera».    «Non ho fretta. Qui ci sono delle brave persone che potrebbero avere cura di Carlos per qualche giorno, ci sono delle cose che vorrei discutere in privato con te». Isabella sorrise in modo accattivante.   «Certo se hai altri impegni… possiamo rimandare!».  «No, no…nessun impegno improrogabile. Per i prossimi giorni sarai mia prigioniera». Juan le circondò la vita, avvicinandola.   «C’è solo una cosa che voglio chiederti!».  «Qualunque cosa, mio signore!».   «Voglio che posi per un quadro».  «Un quadro?», Isabella era sorpresa.  «Raffaele mi ha chiesto di far conoscere al mondo intero il suo tesoro, ebbene esaudirò questo desiderio, ma a modo mio. Disegnerò la mappa della tomba sulla tela, poi chiederò a un pittore mio amico di coprirla con un tuo ritratto. Utilizzerà dei particolari colori, che a contatto con l’acqua si sciolgono rilevando quanto sta sotto. Se è destino che quel tesoro sia ritrovato, allora si scoprirà il trucco, viceversa l’umanità sarà dispensata da questo incarico!».   «Juan, sei sicuro di volerlo fare? Non era quello che Raffaele ti aveva chiesto!». Isabella era molto preoccupata.  «Ho esaudito ogni suo desiderio e in un certo quel modo sto realizzando anche questo. E poi non potrebbe accadere nulla di più terribile di quanto quella mente non abbia pensato».  Tra i due calò un improvviso silenzio, in lontananza si udivano le risate dei pirati.     «Ascolta, non voglio che questa faccenda ti turbi in alcun modo. D’ora in poi avrò un unico scopo nella vita: renderti felice. Dobbiamo dimenticare tutto: i nemici di tuo padre, i pirati, e le grotte, dove si nascondono tesori. Queste cose appartengono al passato e al futuro. Noi dobbiamo vivere il presente».  Juan le strinse la mano.  «Io ti amo». Cercando di fare attenzione al piccolo Carlos, Isabella porse le labbra a Juan. La passione li sommerse e tutto il resto del mondo scomparve fino a quando il bimbo non reclamò la loro attenzione, ma nessuno dei due protestò per l’interruzione, più tardi, nella loro camera, avrebbero avuto tutto il tempo per amarsi, e l’avrebbero fatto molto lentamente.                                                                                                                                                                                                                                                    FINE
IL TESORO PIU' GRANDE di Fabiola D'Amico ( Cap. 24 ) - ULTIMO CAPITOLO!!! VI E' PIACIUTO QUESTO ROMANZO AMBIENTATO PER LARGA PARTE IN ITALIA? AVETE DOMANDE DA FARE ALL'AUTRICE, FABIOLA D'AMICO, CHE E' LEI STESSA SICILIANA? FRA QUALCHE GIORNO PUBBLICHEREMO LA NOSTRA INTERVISTA A FABIOLA. LASCIATE I VOSTRI COMMENTI.

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