Magazine Cinema
Visto in Dvx, in lingua originale con sottotitoli in inglese.
Cocteau chiude la sua trilogia sul poeta e la conclude scrivendo il suo testamento artistico. Il film è esplicito, il protagonista è Cocteau stesso che si muove in un mondo che soggiace alle regole dei suoi film precedenti, con i suoi personaggi/attori che si auto citano a più riprese e a più livelli (Cegeste, il protagonista di “Orfeo” è il suo Virgilio), con alcune sue opere pittoriche mostrate sfacciatamente e alcune sue composizioni declamate o raccontate; infine con una sua esposizione dell’idea di poeta, in una sorta di interrogatorio/intervista.
Ancora una volta Cocteau attinge agli effetti scenici base, soprattutto il rewind creando una serie di scene sempre efficaci (la bolla piena di fumo nell’incipit e nel finale; la ricostruzione del fiore); utilizza anche il colore in una sequenza fondamentale e si appoggia ad un’estetica più basilare come quella del teatro (tutta la parte iniziale è girata in un teatro di posa esplicitato). Il mondo fantastico che lo circonda lo interessa meno questa volta e l’intero film non è proteso a mostrarne l’irrealtà, si limita a descrivere Cocteau in una lunga pubblicità di se stesso.
Molte le comparsate per lo più mute di personaggi del calibro di Aznavour o Picasso; ma chi più mi ha stupito è stato un impensabile Yul Brynner.
Meno affascinante ed interessante dei due capitoli precedenti, ma li conclude coerentemente.
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