La risata di Angela Merkel e Nicolas Sarkozy
“Alea iacta est” come disse Cesare attraversando il Rubicone o se preferite “rien ne va plus, les jeux sont faits” come dicono qui in Francia.
Il tramonto dell’impero Berlusconi è stato inesorabilmente sancito dalla lettera che il premier ha recentemente inviato all’unione europea per presentare le riforme che intende effettuare per garantire la stabilità economica dell’Italia.
Risulta abbastanza paradossale che in un’epoca dominata dalla tecnologia, dalle intercettazioni e dagli scambi telematici sia una lettera a condannare il governo Berlusconi.
Basta leggere pochi passi della lettera, che illustra in otto punti le riforme previste a breve termine, per capire che si tratta di un vero e proprio testamento con il quale il primo ministro italiano ratifica la fine del suo governo.
La missiva che Berlusconi ha inviato all’UE rappresenta un testamento, a mio avviso, perché contiene dei propositi irrealizzabili e inattuabili in un paese democratico e rappresenta un drammatico esempio di macelleria sociale.
La lettera d’intenti recapitata a Josè Manuel Barroso e Herman Van Rompuy, alla fine dell’ultimatum di 72 ore imposto all’Italia per presentare le sue garanzie, prevede sostanziali cambiamenti da realizzare nel corso dei prossimi 8 mesi nell’ambito delle pensioni, del lavoro e della pubblica amministrazione.
Questa, dunque, è la risposta del governo italiano alle risatine con cui Angela Merkel e Nicolas Sarkozy hanno confermato davanti agli occhi del mondo che l’Italia è diventata lo zimbello d’Europa.
Personalmente ritengo che i punti sviluppati nel documento di 15 pagine presentato dal premier per tenera a bada Sarkozy e la Merkel (e soprattutto le banche europee) non saranno attuati e porteranno alla definitiva crisi di governo.
Come potranno mai passare le orrende misure proposte da Berlusconi quando il governo non è nemmeno stato capace di mettersi d’accordo sul rendiconto statale?
Il destino del governo sembra ormai segnato e la spada di Damocle, tenuta con due dita dalla Lega Nord, pende inesorabilmente sul suo capo.
I punti chiave della lettera di Berlusconi all’UE prevedono:
- Pensioni: Uomini e donne andranno in pensione a 67 anni a partire dal 2026
- Lavoro: Maggiore flessibilità richiesta ai lavoratori e licenziamenti più facili che tradotto nel linguaggio utilizzato nella lettera corrisponde a “una nuova regolazione dei licenziamenti per motivi economici nei contratti di lavoro a tempo indeterminato e più stringenti condizioni nell’uso dei contratti para-subordinati“. Viene, dunque, cancellato l’articolo 18 dello statuto dei lavoratori e irrigidito l’articolo 8della manovra di agosto.
- Pubblica amministrazione: Un’ulteriore precarizzazione del lavoro attraverso la mobilità obbligatoria del personale e la cassa integrazione tramite “meccanismi cogenti e sanzionatori”.
- Liberalizzazioni e privatizzazioni: In nome del Dio denaro e delle squallide leggi del capitalismo saranno liberalizzati gli orari degli esercizi commerciali.
Le tariffe minime dei professionisti diventeranno ”soltanto un riferimento” e saranno “derogabili”. I servizi pubblici locali saranno “completamente liberalizzati“.
Nonostante il caldissimo Consiglio Europeo, tenutosi mercoledì scorso, sembra aver accettato positivamente la lettera d’intenti di Silvio Berlusconi, bisogna considerare la realtà nostrana e contestualizzare i punti proposti dal premier nel clima che si respira nel nostro Paese.
Come farà questo governo a risolvere rapidamente i problemi interni a una maggioranza sempre più frammentata e divisa ?
In che modo il governo Berlusconi riuscirà a far inghiottire la pillola amara agli esasperati lavoratori italiani e ai sindacati inviperiti ?
La risposta a queste due domande è la chiave di volta per capire se il governo è in grado di attuare quel serrato calendario d’impegni contenuto nella lettera da cui dipende il destino dell’Italia in Europa.
Si tratta di risolvere in pochi mesi la maggior parte dei problemi italiani irrisolti da decenni.
Il testamento del governo attuale è stato, quindi, stilato e firmato con il sangue dei lavoratori italiani e della povera gente a cui si chiede di andare in pensione sempre più tardi (a 67 anni), di essere disposti a farsi licenziare in base all’umore del datore di lavoro e di diventare ancora più precari e flessibili.