Il TG1 è morto. Viva il TG3

Creato il 29 novembre 2011 da Massimoconsorti @massimoconsorti
C’era una volta il Telegiornale della Rai, quello dell’immagine in bianco e nero in cui spiccava il globo terrestre che girava e un’antenna che ne captava le notizie. Era la più grande testata giornalistica europea e una delle poche “finestre” sul mondo. Aveva fior di direttori e di giornalisti professionisti in studio e sparsi per il mondo e un livello di serietà di informazione indiscutibile, così come attendibili erano le notizie che ogni sera, con una puntualità svizzera, dava a milioni di italiani sintonizzati sull’unico canale televisivo disponibile. Fu allora che venne coniato il detto: “È vero, lo ha detto la televisione”. Ci toccava vederlo anche a noi ma non per una precoce curiosità politico-giornalistica, semplicemente perché subito dopo ci sarebbe stato Carosello. Il primo direttore del telegiornale della democristianissima repubblica italiana fu un comunista, Vittorio Veltroni, padre di quel Valter che anni dopo avrebbe detto che comunista lui non lo era mai stato. Anche Enzo Biagi, Giorgio Vecchietti, Fabiano Fabiani e Villy De Luca furono della partita, mentre da Londra trasmetteva Sandro Paternostro, da Parigi Ilario Fiore, da Mosca Demetrio Volcic e da New York il mitico Ruggero Orlando. Il prestigio, e gli ascolti, del Telegiornale della Rai restarono intatti anche dopo la riforma del 1976, quando cambiò il nome in TG1 e i primi direttori furono Emilio Fede, Albino Longhi e Nuccio Fava. Inutile ripercorre la storia del TG1, la cosiddetta “ammiraglia” dell’informazione della Rai, fino ai giorni nostri perché, anche nei periodi di maggior oscurantismo politico, la linea editoriale della completezza delle informazioni era rimasta inalterata. L’aria iniziò a cambiare con la direzione di Clemente J. Mimun, l’inventore delle notizie “panino” e dei commenti che ne seguivano: prima il punto di vista del governo, poi quello dell’opposizione e infine della maggioranza, con il risultato che l’ultima parola era sempre e comunque filo governativa (berlusconiana). La concorrenza si fece spietata perché nel frattempo, fra imbrogli e decreti craxiani pro-Silvio, Mediaset iniziò indebitamente a trasmettere sull’intero territorio nazionale affidando la direzione del suo primo telegiornale ad Enrico Mentana già campione mondiale di cerchiobottismo. E arriviamo ai giorni nostri, alla caduta dell’impero del TG1 e di quella del suo Augusto tenutario. L’agonia della ex ammiraglia dura ormai da tre anni. Giorno dopo giorno ha visto assottigliarsi gli ascolti facendosi superare nella ormai storica gara con il TG5. Gli ultimi dati sono impressionanti: TG1 share del 16 per cento, TG5 share al 20,41 per cento. E sapete di chi è la colpa? Del Gran Premio Formula Uno del Brasile e della rubrica di commenti che ne è seguita che ha dirottato gli spettatori verso il TG diretto da Clemente Mimun. Incapace di prendere atto della situazione, e con un’arroganza degna dei migliori tagliatori di teste in circolazione, il Minzo ha detto chiaro e tondo: “Se vogliono rimuovere il sottoscritto per ragioni squisitamente politiche – e pensano di riuscirci – lo facciano pure, io non me ne vado”. Probabilmente a consigliargli di andarsene sarà il giudice Francesco Patrone, che il 6 dicembre deciderà sulla richiesta di rinvio a giudizio per la nota vicenda delle spese personali caricate all’azienda, ma lui, spontaneamente, non ha alcuna intenzione di farlo. A ogni attacco ha sempre risposto con editoriali al fulmicotone rinfacciando a tutti di voler minare la libertà di informazione e forse è vero, visto che l’informazione del suo TG riguardava le cure dimagranti, le vacanze ai tropici, la femmina Panda incinta, l’orso Yoghi in calore e Bubù che si rifiutava di sottostare alle voglie sessuali del suo partner di cartoonia. Più che un TG, quello di sor Augusto sembrava la versione televisiva di Gente con annessi gli inserti cucina e motori e, quando si trattava di parlare di politica, faceva intervenire ospiti del centrodestra che si facevano la domanda e si davano la risposta. Inventore delle interviste senza intervistatore, Minzo passerà alla storia come il peggior direttore del TG1 anche perché il più perseguitato e in perenne missione per conto di Dio (indovinello). E le notizie scomode (per il capo)? Semplice. Non le ha date. Le ha omesse, celate, nascoste, velinate, edulcorate, fatte passare per gossip ed “io mi rifiuto di fare gossip”, ha detto l’Augusto direttore parlando di Patty D’Addario e delle Olgettine. Che Manitù lo fulmini e che lo porti presto a cavalcare nelle verdi praterie del cielo dove ci sarà sempre un Corral pronto ad accoglierlo.

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