Dionisio, poco più che ventenne, combattente dell’esercito siracusano, è costretto ad assistere allo spaventoso massacro di Selinunte, splendida città greca al confine con la provincia cartaginese, a causa delle titubanze del governo democratico. Lo sdegno e la rabbia alimentano in lui tre ferree convinzioni: le democrazie sono inefficienti; i cartaginesi sono i mortali nemici dell’ellenismo e devono essere sradicati dalla Sicilia; l’unico uomo in grado di condurre a termine una tale impresa è lui stesso. Dionisio vuole trasformare la Sicilia in un’isola greca, e per realizzare il suo progetto è disposto a travolgere qualunque ostacolo. Inizia così l’avventura di un uomo che costituì il più grande esercito dell’antichità.
Dicono che un romanzo sia un biglietto per un viaggio. È una frase condivisibile, specie se si parla di una storia capace di condurci in un’altra epoca, in un tempo remoto, così lontano da sembrare quasi fantastico. Inutile dire che la ricostruzione storica, per quel che ne so, è perfetta: parliamo di un autore acclamato, uno studioso, non ci si aspetta niente di meno.
Ma quello che veramente colpisce di questo romanzo è la profondità psicologica dei personaggi. Dionisio e gli altri bucano la pagina, le tante sfaccettature dei caratteri emergono con chiarezza. E alla fine, se le descrizioni delle battaglie entusiasmano e avvincono il lettore, se le macchine da guerra e le strategie militari affascinano la sua mente, ciò che veramente lo cattura è il percorso umano di Dionisio, la sua condizione quasi ossimorica di sognatore spietato.
Con l’avanzare degli anni, delle guerre, delle morti, Dionisio si indurisce, la sua ossessione aumenta, la paranoia si fa strada. Ma in tutto questo, è sempre palese quel nocciolo di purezza, di sogno, di amore perso eppure mai perduto che spinge il Tiranno a fare quel che fa, a tentare un’impresa grandiosa: liberare la Sicilia dai Cartaginesi, rendere l’isola una grande potenza greca.
Sin dal principio sappiamo che non ci riuscirà mai del tutto, ricordiamo bene dai tempi della scuola che i Cartaginesi saranno sconfitti definitivamente solo dai Romani, al termine delle guerre puniche. Ma è un pensiero razionale, che ben presto lascia il posto a una strana forma di empatia. Perché nonostante tutto non si può restare indifferenti al fascino di quest’uomo, grande e dannato, spesso vittorioso eppure irrimediabilmente sconfitto.
Consigliatissimo.
Aniello Troiano