Destra e Sinistra in Italia non esistono più.
Sottolineo in Italia e aggiungo al momento.
E’ analisi azzardata ma condivisa che oggi siamo davvero nel bel mezzo di uno di quei rari momenti della storia italiana in cui tutto l’ordine cede, si sconquassa, si rovescia.
Così accadde col Risorgimento, una vera rivoluzione della penisola che, divisa per secoli, fu in pochi anni tutt’Una. Così avvenne col crollo del fascismo: nacque la Repubblica e come fiume carsici risorsero i grandi partiti e l’appassionata discussione politica. Più recentemente abbiamo avuto Tangentopoli e il crollo del Muro. Fu l’ora che il marcio democristiano da quarant’anni al potere e lo stantìo Partito Comunista, fossile di un’ideologia fallita, crollassero fragorosamente trascinati nel baratro dai ladruncoli del PSI .
Un cotanto evento sembra stia per accadere -questa l’azzardata tesi- pure adesso.
Con Berlusconi cade l’autocrate indiscusso, sempre al centro della vita politica del paese, da quando ne ho memoria. Nel 1994 quando lui scendeva in campo, io scendevo in giardino a giocare, andavo all’asilo e imparavo parole. Imparavo anche nomi, cognomi di persone e il suo fu forse uno dei primi: Ber-lu-sco-ni.
A volte mi diverto, a casa di un amico, a giocare con un suo originale soprammobile, una clessidra liquida. E’ una piccola teca in cui un sottile divisorio divide un liquido rosso da uno blu. Nel divisorio c’è un foro in rilievo. Quando la lasci ferma i liquidi rimangono separati. Se la rovesci iniziano a mischiarsi goccioline di un colore nel liquido dell’altro. Se invece l’agiti ben bene, i due colori si perdono in un torbido viola indistinto.
Ecco, è come se la nostra storia politica avesse un chè di quel soprammobile.
In Italia ogni sistema di potere procede placido e irreversibile con la cadenza misurata di una clessidra. Destra e Sinistra si riconoscono bene nei momenti di (relativa) quiete, come il rosso e il blu restano separati nella teca ferma. Così era fino a poco tempo fa: bastava sapere chi era contro e chi pro Berlusconi, il divisorio era lui.
Ma è come se ogni tanto un dispettoso burlone si divertisse a giocare con la clessidra della nostra storia politica, ad agitarla ben bene e a non farci capire più niente.
Ora che sta saltando il discriminante Berlusconi, siamo proprio in uno di quei momenti in cui la politica appare opalescente, di un torbido porpora indistinto.
Un partito tradizionalista, conservatore, appiattito spesso su posizioni clericali, contro qualsiasi unione civile se non quella del matrimonio tra uomo e donna, a favore della restrittiva legge sulla procreazione assistita (divieto di fecondazione eterologa, di produrre più di 3 embrioni a volta, di congelarli se non in casi eccezionali, di farne oggetto di ricerca) dovrebbe senz’altro trovarsi a Destra nello schieramento politico. Invece questo partito si chiama Unione di Centro e rimane il perno “moderato” del nostro parlamento.
Un partito che nel suo manifesto mira a costruire un’Italia attenta ai più deboli, garante dei diritti civili di ognuno, che valorizzi e difenda l’ambiente, sostenga l’economia verde, la ricerca, la scuola e la cultura; un partito il cui leader rivendica la necessità del voto agli immigrati, pare favorevole alle coppie di fatto, votò a favore di 3 quesiti su 4 per abrogare la legge sulla procreazione assistita, in questa strana nazione dovrebbe trovarsi a Sinistra di molti altri. Invece si chiama Futuro e Libertà ed è guidato da un post fascista ed ex missino, posizionato convintamente a Destra.
Un partito legalitario, manettaro e additato di giustizialismo, guidato da un ex sbirro ed ex magistrato che prima di entrare in politica era noto avesse “il cuore a destra” dovrebbe essere un partito blu. E invece è rosso: l’Italia dei Valori di Di Pietro è il fulcro radicale del centrosinistra italiano.
Un partito che parla alla pancia della gente, un partito di popolo che col suo linguaggio popolare fa man bassa tra gli operai, che rifiuta qualsiasi orgoglio patriottico e nazionalistico, il tricolore e Mameli parrebbe una “costola della sinistra”. E invece è la Lega, l’estrema Destra xenofoba e secessionista italiana.
Un partito che parla agli operai ma anche agli imprenditori, la cui base poggia su vecchi proletari ma al suo vertice brillano anche nuovi capitalisti, un partito che ha una Paola Concia deputata arcilesbica e iperlaicista ma anche fino all’altro ieri una Paola Binetti deputata col cilicio più papista del papa, ecco dovrebbe essere un partito…
Dovrebbe essere un partito?
Comunque, giusto per darsi un nome deciso e di parte, si chiama Partito democratico e sta a sinistra, ma anche al centro, ma anche un po’ a destra, se Fini lo consente.
Infine un partito che è in realtà è un popolo di sudditi e cortigiane che non segue più la propria coscienza ma si lascia guidare da quella macchiata del monarca assoluto, non dovrebbe neanche esistere in un paese democratico. Il Popolo della libertà invece è il partito più forte, amato e potente di questo strano paese.
Ma forse ancora per poco.
Il divisorio pare cedere, il purpureo caos sta prendendo il sopravvento.
Tutto sta cambiando. E speriamo che non sia come diceva il Principe Tancredi nel Gattopardo: “Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi.”
Speriamo che il viola piano piano decanti, il rosso e il blu puri più di prima tornino a dividersi.
Che a separarli venga un divisorio normale, uno made in Europe, made in Usa: uno che non sia una persona, uno che sia fatto di idee.
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