26 agosto 2012
Che le vacanze estive stiano portando consiglio ai politici italiani è sicuramente un bene, visto che le giornate burrascose, trascorse a monitorare lo spread ora dopo ora, avevano fatto ricredere in molti su quel governo Monti pacato e deputato a fare le riforme necessarie all’Italia. Le riflessioni sotto l’ombrellone, invece, pare stiano determinando una rinnovata volontà di accordarsi su una questione particolarmente spinosa: la legge elettorale. Se questo accordo dovesse chiudersi, forse, c’è chi giurerebbe sull’eventualità delle elezioni anticipate.
Agosto duemiladodici, mese tranquillo. È un privilegio che gli italiani non avevano da tempo, giacché l’anno scorso le porte della Camera e del Senato si riaprivano a ridosso del rosso dei calendari per partorire una sudatissima «manovra di ferragosto» e scongiurare l’avvento dei falchi speculatori su un’Italia moribonda ed esposta al mattatoio finanziario e borsistico. Quest’anno ci è andata bene, tutto sommato. E così, presa una boccata d’ossigeno, si è avuta la tranquillità per riflettere sulla legge elettorale. Se si dovesse fare, sarebbe col proporzionale. Un ritorno al passato, forse. Ma con importanti novità. Premio di maggioranza del 15% al primo partito: perché se non sono gli italiani a dare stabilità ad un governo, sarà la legge stessa a favorirla. Soglia di sbarramento innalzata al 5%, forse per contrastare i probabili effetti frazionistici del proporzionale. Infine, un mix fra collegi uninominali e liste bloccate. Anche se le preferenze rimangono una questione aperta. Ma non si può ancora dire l’ultima parola.
La deadline per una riforma di questo tipo, peraltro, è molto stretta. Se si volesse approvare una legge elettorale in tempi utili, occorre farlo entro settembre. Perché, poi, ci sarebbero appena i tempi tecnici per le elezioni anticipate. Questo si traduce in un impegno molto intenso delle Camere e dei partiti politici a dialogare ed approvare in tempi record una riforma del Porcellum. Accantonare, per esempio, il ddl corruzione, rimasto impantanato, e concentrarsi solo sulla legge elettorale. È una sfida non da poco, anche se si stanno vedendo proprio in questi giorni i primi barlumi di intesa. C’è anche un altro rischio, e lo sottolinea Giuseppe Calderisi, deputato del Pdl. Quello della coincidenza delle elezioni anticipate con il semestre bianco di Napolitano. Con le elezioni a novembre, spiega Calderisi, «ha una sua consistenza la questione dell’ingorgo istituzionale». Assisteremmo, infatti, all’assurdità di un Parlamento neoeletto, costretto ad affrontare un Presidente della Repubblica in scadenza per la formazione di un nuovo governo. Precedenti di questo tipo c’erano stati anche nel 1992 e nel 2006, sotto i mandati di Cossiga prima e Ciampi poi. Ma l’ingorgo fu saggiamente scongiurato, perché entrambi i Presidenti si dimisero anticipatamente. Napolitano potrebbe anche dimettersi anticipatamente ma, considerato che la scadenza del suo mandato sarebbe nel maggio 2013, significherebbe un licenziamento non di pochi giorni ma di sei mesi. Il Pdl sta riflettendo bene sull’eventualità di una campagna elettorale in anticipo. Ma prima delle nazionali ci sarebbe l’impegno su un fronte molto delicato, quello siciliano. Infatti, il 28 ottobre ci saranno le elezioni per il nuovo Presidente della regione e proprio di recente la nomenklatura del centrodestra ha dato il suo beneplacito per la candidatura di Nello Musumeci. È la prima volta che il Pdl non ha un candidato proprio. Musumeci è leader del movimento Alleanza Siciliana e la sua presenza infastidisce l’altro uomo della destra in Trinacria, ossia Gianfranco Miccichè. Polemiche a parte, questo primo appuntamento sarà un nodo importante da sciogliere per la futura strategia del Pdl.