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Il tradimento di Capua (parte II - Il progetto)

Creato il 15 giugno 2015 da Marino Maiorino

Innanzi tutto, devo attribuire la scarsezza di immagini di questi post alla mancanza di fonti iconografiche: potrei probabilmente trovare qualche immagine per il piacere degli occhi, ma preferisco inserirle se davvero aggiungono qualcosa alla discorso svolto nel post.
Nello scorso post ho cominciato a dissipare quelle che possono essere le tradizionali accuse rivolte a Roma per giustificare la rivolta di Capua durante la Seconda Guerra Punica. Se dunque la responsabilità di un simile atto non può essere addossata all'Urbe, cosa ci rimane?
Per formazione, sono una persona che non rifugge dalle proprie responsabilità, e invito tutti i nazionalisti sfegatati, gli ultras del territorio, a fare lo stesso e a seguire questi post perché, ancora una volta, vedremo che sono più di duemila anni che le persone di potere della nostra terra si comportano sempre alla stessa maniera.
So bene che le fonti alle quali attingo sono ovviamente di parte e filoromane, ma vedremo che la storia da esse riportata ha quella coerenza che è tipica della realtà, e non quella eccezionalità che è invece delle versioni ex post.
Conosceremo i nomi di diversi Capuani del tempo, a sottolineare che non possiamo neanche additare le colpe di questo misfatto a una sola persona, ma il principale artefice del tradimento a Roma viene individuato in Pacuvio Calavio. Di lui, Livio ne fa un ritratto con luci e ombre:

Pacuvius Calavius aveva posto il Senato di Capua del tutto in proprio potere e nel potere del popolo.
Era un nobile, e allo stesso tempo era favorito dal popolo, ma aveva guadagnato la sua influenza e il potere facendo ricorso a mezzi meschini. Accadde che fu il principale magistrato (meddiss tuticus) l'anno della sconfitta al Trasimeno (il 217 a.C., n.d.r.) e, sapendo l'odio che il popolo aveva nutrito a lungo contro il Senato, pensò che fosse assai probabile che quello cogliesse l'opportunità di ribellarsi e, se Annibale col suo esercito vittorioso avesse visitato i loro dintorni, avrebbero assassinato i senatori e gli avrebbero consegnato Capua.
Per quanto fosse un uomo cattivo, non era del tutto perduto, giacché avrebbe preferito interpretare il ruolo dell'autocrate in una repubblica che fosse costituzionalmente solida anziché in una che fosse rovinata, e sapeva che nessuna costituzione politica poteva essere solida senza un consiglio di stato. S'imbarcò in un piano mediante il quale avrebbe salvato il senato e allo stesso tempo l'avrebbe reso completamente asservito a sé e alla popolazione.

[Tito Livio, Ab Urbe Condita, XXIII 2]

In XXIII 3 e 4 Livio descrive il piano che avrebbe reso la popolazione asservita al volere di Pacuvio, un piano ingegnoso, anche troppo, ma ciò che interessa è che il risultato viene raggiunto, e dopo la sua esecuzione Calavio è di fatto il signore di Capua.
Livio non dà date precise su quanto racconta, quest'informazione dobbiamo dedurla noi. Nel 217 Pacuvio è meddiss, quindi è plausibile che avesse l'influenza per proporre il suo stratagemma al Senato campano, ma siccome questo comportava un'aperta denuncia delle intenzioni "secessioniste" durante una seduta del Senato, è plausibile che Roma ne fosse all'oscuro prima di Canne? Ricordate, parliamo comunque di una città nella quale era presente un presidio romano (o no?)
Ma Livio ci dice anche altro, a proposito di questo Pacuvio: che era genero di Publio Claudio, già console, e suocero di Marco Livio Salinatore, console nel 219, e come tale imparentato a doppio filo con la più alta nobiltà romana. Questo elemento ne faceva quasi un Romano egli stesso, anzi, come ebbe a commentare il console Varrone all'emissario campano Vibio Virrio subito dopo Canne:

Perciò, uomini di Capua, non dovreste aiutarci nella guerra, ma quasi intraprenderla al nostro posto. [...] Dovete ricordare che dopo che vi siete arresi vi abbiamo dato un foedus aequum, vi abbiamo permesso di mantenere le vostre leggi e, quello che era il massimo dei privilegi prima della nostra sconfitta a Canne, abbiamo garantito la nostra cittadinanza alla maggior parte di voi e vi abbiamo resi membri della nostra res publica.

[Tito Livio, Ab Urbe Condita, XXIII 5]

Per parlare in questo modo, davvero i Romani non si aspettavano colpi alle spalle da parte di Capua, ma quest'elemento farà sì che la punizione imposta sui Capuani al tragico esito della rivolta non sia quella che si imponeva ai nemici, ma ai traditori della Patria.
Dunque, quanto sapevano i Romani di quest'aria di sommossa? Basta vedere cos'accade appena firmato il trattato col Punico:

I Campani andarono ben oltre i patti nei loro eccessi criminali. Il popolo catturò gli ufficiali al comando dei nostri alleati e altri cittadini Romani, alcuni occupati in servizio militare, altri presi da affari privati, e ordinò che fossero chiusi nelle terme con la scusa di tenerli al sicuro. Asfissiati dal calore e dai fumi, quelli morirono in lenta agonia.

[Tito Livio, Ab Urbe Condita, XXIII 7]

Pare che i Romani furono presi totalmente alla sprovvista, sebbene alcuni di essi fossero sul posto, e svolgessero a Capua le loro mansioni abituali! Ma è pensabile che un tradimento come quello di un'intera Nazione dell'epoca potesse gestarsi nel ridotto arco di tempo che separa Canne dall'arrivo di Annibale?
Sappiamo che già l'anno prima Annibale era stato in Campania, mentre era dittatore Quinto Fabio Massimo, il Temporeggiatore. Perché la Campania non si ribellò allora? La tragedia del Trasimeno, altra enorme sconfitta, era appena accaduta, dunque c'erano tutte le premesse militari, ma

Tra i numerosi alleati Italiani che erano stati catturati da Annibale al Trasimeno e poi rilasciati c'erano tre cavalieri Campani, che egli aveva irretito con doni e promesse affinché gli procurassero il ben volere dei loro connazionali. Questi uomini ora lo informarono che se avesse voluto portare il suo esercito in Campania, gli si sarebbe data l'opportunità di prendere Capua.

[Tito Livio, Ab Urbe Condita, XXII 13]

Ovvero, Livio stesso ammette che trame già abbastanza diffuse erano state tessute per attuare il tradimento. Annibale va in Campania (dobbiamo credere che dopo una notizia come il possibile tradimento di Capua volesse davvero dirigersi a Casinum invece che a Casilinum?), ma

fino ad ora, sebbene i romani fossero stati battuti in due battaglie, non una sola città si era ribellata, ma tutte erano restate leali, sebbene alcune avevano sofferto molto. Da ciò si può stimare l'ammirazione e il rispetto che gli alleati sentivano per lo Stato romano.

[Polibio, Storie, III, 90]

e anche Livio è dello stesso parere:

il terrore (che Annibale sparse al suo arrivo), sebbene tutto il Paese fosse in preda alla guerra, non fece smuovere la lealtà degli alleati, certamente perché la legge che li governava era giusta e moderata, né essi rifiutarono - e questa è l'unica garanzia di lealtà - di ubbidire ai loro signori.

[Tito Livio, Ab Urbe Condita, XXII 13]

Adoro quando Livio è così melensamente filoromano, perché mi fa immediatamente cercare altrove spiegazioni che spesso dà lui stesso, in questo caso poche righe più in là:

Ma quando Annibale si fu accampato accanto al Volturno, e il più bel distretto di tutt'Italia era in fiamme, e il fumo spiralava dalle fattorie, mentre Fabio continuava a marciare lungo le pendici del Monte Massico...

[Tito Livio, Ab Urbe Condita, XXII 14]

Aspe', altro che lealtà e fedeltà! È che Quinto Fabio Massimo era sul collo di Annibale, e anche se non voleva scontrarsi in campo aperto col Cartaginese (come abbiamo avuto modo di capire in questo post), aspettava solo l'occasione giusta per intrappolarlo, e naturalmente tutte le città dei dintorni si guardavano bene dal tentare alcunché, coi Romani nei paraggi.
Ma si può avere una misura ancora più aspra della doppiezza di Capua in questa vicenda? Purtroppo, sì, essa ci viene da un poeta neapolitano che cantò la guerra annibalica in versi, ed è esplicito quando, parlando di Canne, elenca i popoli di tutte le nazioni che diedero il proprio supporto a Roma, tra le quali troviamo:

Surrentum era lì, e Abella, sprovvista di campi di grano, e Capua su tutte ma lei, ahimé, non sapeva osservare moderazione nella ricchezza, e il suo orgoglio malato incedeva prima della caduta.

[Silio Italico, Punica, VIII 543-545]

Quale crimine peggiore? Prestare il proprio braccio all'alleato con nel cuore già l'intenzione di tradirlo alla prima occasione! I Capuani combatterono e morirono sul campo di Canne, mentre i loro senatori già covavano il sogno di abbandonare Roma per stringere un'alleanza con Annibale!
Dunque, abbiamo tutto: una terra fertile e ricca, una buona occasione per diventare più potenti di quanto lecito, un popolo facilmente raggirabile (checché voglia dare a credere ancora oggi)... Che accadde?
Non vogliatemene ma... lo sapremo nel prossimo post.


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