Sembra davvero incredibile che non si riescano a trovare fonti iconografiche relative agli eventi che sto riportando, ma ciò dovrebbe far riflettere sul fatto che questi sono così scarsamente considerati. Dubito che essi siano poco noti, perché le fonti letterarie sono della massima rilevanza, credo però che il punto di vista da me scelto, quello dei popoli campani, sia stato trascurato perché l'epopea di Capua è stata del tutto trascurata accanto alla grande guerra tra Roma e Cartagine.
Se vogliamo, lo stesso accade con la presa di Siracusa e la ri-presa di Taranto, contemporanee a questi eventi, ma quanti sanno collocarle esattamente nello schema più grande della Seconda Guerra Punica?
Ciò detto, riallacciandoci ai post precedenti, dopo aver mostrato che possiamo trascurare una chiave di lettura anti-imperialista del tradimento campano, abbiamo raccolto una serie di elementi che dimostrano tutta la cattiva fede di Capua nei confronti di Roma.
Di tanto in tanto gli storici hanno proposto chiavi di lettura quanto meno rivoluzionarie di questi eventi: Capua in realtà era d'accordo con Roma, gli ozi di Capua sarebbero un piano architettato tra Roma e Capua per far perdere vigore ai Cartaginesi, e così via discorrendo.
Non prendo sempre per buone le fonti romane (Livio, Polibio, Appiano, ecc.): ho mostrato nel secondo post di questa serie la singolare coincidenza tra l'ambasceria ad Annibale e la prima calata (217 a.C.) del Punico in Campania. Lì Livio parla della famosa e provvidenziale svista Casinum/Casilinum che impedì ad Annibale di dirigersi direttamente su Roma.
La mia opinione, già argomentata in questa serie di post) è che qui Livio non racconti la verità (il che non vuol dire che sia in mala fede), per almeno tre motivi:
- la strategia di Annibale è quella di alienare le alleanze di Roma, cosa che nel 217 è ancora di là da venire, infatti pochi mesi prima il Cartaginese ha cercato di prendere Spoletium senza successo;
- Annibale cerca alleanze prima di sferrare il colpo decisivo, ma dalla sola Capua ha ricevuto solo vaghe promesse e nulla più;
- Casilinum nella pianura campana e non Casinum alle pendici degli Appennini era il luogo ideale dove l'esercito di cavalleggeri Numidi poteva dar sfoggio di tutta la propria potenza nella maniera più sfacciata (senza contare la ricchezza del suolo, il bisogno di vettovaglie, ecc.).
In questo caso è addirittura evidente che gli autori riportano materiale di propaganda e che lo fanno senza neanche porsi il problema dell'affidabilità delle loro fonti. Si limitano a ripetere quanto in loro possesso, sebbene una minima scorsa al resto della loro stessa narrazione invalida le loro sprezzanti affermazioni. Ozi di Capua… Tsk!
Ma questi autori sono pur sempre gli unici che ci hanno tramandato qualcosa di quei giorni, e quando il loro racconto supera un'analisi critica, non abbiamo motivo per dubitarne. Gli eventi vengono così tramandati da quei giorni lontani fino a noi, che cerchiamo di capire cosa accadde. Armati di queste fonti, vediamo dunque come fu realizzato il tradimento di Capua a spese della res publica romana.
Abbiamo già incontrato l'ambasceria campana al console Terenzio Varrone dopo Canne. Non abbiamo però parlato dell'effetto che essa ebbe sul senato campano
Dopo questo discorso del console, gli inviati furono congedati. Mentre tornavano a casa, uno di loro, Vibius Virrius, disse che era giunto il tempo che i Campani recuperassero non solo il territorio sottratogli ingiustamente dai Romani, ma che raggiungessero addirittura il dominio sull'Italia.Le cautele di Livio nel riportare quest'ultima, oltraggiosa notizia, rendono sospetta la sua veridicità, se non fosse che abbiamo conferma di essa da una fonte precedente e assai stimata:
Essi avrebbero potuto firmare un trattato con Annibale ai loro termini, ed era indiscutibile che quando la guerra fosse finita e Annibale dopo la sua conquista fosse tornato col suo esercito in Africa, la sovranità sull'Italia sarebbe spettata ai Campani.
Tutti furono d'accordo con quanto detto da Virrius, e fecero un tale resoconto del loro incontro col console che fecero credere a tutti che lo stesso nome di Roma fosse stato cancellato.
Il popolo e la maggioranza del senato cominciarono subito a prepararsi per la rivolta; fu grazie all'intervento dei membri più anziani che la crisi fu ritardata di alcuni giorni.
Infine la maggioranza ebbe la meglio, e gli stessi emissari che erano andati dal console Romano vennero mandati da Annibale (quindi anche Vibio Virrio era tra loro).
Trovo detto da alcuni annalisti che prima che la rivolta fosse iniziata o decisa, emissari furono mandati da Capua a Roma per chiedere come condizione per la loro assistenza che un console avrebbe dovuto essere un Campano e, tra l'indignazione che questa richiesta sollevò, si ordinò che gli emissari fossero cacciati dal Senato, e che un littore li conducesse fuori dall'Urbe con l'ordine che non restassero un solo giorno in territorio romano.[Tito Livio, Ab Urbe Condita, XXIII, 6]
Da quell'abbondanza (del suolo campano) e da questo eccesso in tutte le cose, innanzi tutto, si originarono quelle qualità: l'arroganza, che fece chiedere ai nostri antenati che uno dei consoli fosse scelto da Capua…Dunque il quadro morale è a questo punto desolante: visti i Romani sconfitti a Canne, i Capuani cercano prima di trarre il massimo profitto dalla disgrazia dell'alleato chiedendo che uno dei loro massimi magistrati fosse Capuano, e quando ottengono una risposta negativa (ma davvero? Non me l'aspettavo…) vanno a siglare l'alleanza con Annibale. Sospendo ogni mio giudizio morale, giacché Neapolis - I signori dei cavalli è la sede per esprimerlo, qui mi limito a raccontare i fatti.[Cicerone, De lege agraria contra Rullum, II, 95]
Firmato il trattato, sappiamo cosa accadde: violenze sui cittadini romani, atti efferati e, soprattutto, a tradimento, ma non solo. Abbiamo già incontrato il tale Kerrino Vibellio, il Taurea, che venne invitato a un banchetto tenutosi a Capua al quale partecipò Annibale, due cavalieri campani (i Ninnii celeres) che fecero da anfitrioni, e Pacuvio Calavio, di nuovo lui, il meddiss tuticus dell'anno precedente, lui e non Vibio Virrio. Nonostante egli non fosse più il supremo magistrato (nel 216 a.C. è Mario Blossio), è difficile credere che la sua partecipazione a questo banchetto non implicasse un suo profondo coinvolgimento nel tradimento di Capua, e anzi ne indicava il coronamento.
Un solo indizio manca per renderci certi di quanto Livio racconta a proposito di questo tradimento, ed è il contegno che Capua tenne nei confronti dei suoi vicini durante il periodo che il trattato con Annibale fu valido, perché ovviamente schierarsi con Cartagine implicava trovarsi di punto in bianco circondati da nemici, ma questi eventi li riporteremo meglio nel prossimo post.