Sfumata la festa per la vittoria degli “Yes” in occasione del referendum scozzese, che avrebbe dovuto decretare la fine della Gran Bretagna, le speranze dei nostri autodeterministi sono adesso rivolte alla Catalogna. Non è detto, peraltro, che la consultazione popolare convocata per il 9 novembre dal presidente catalano Artur Mas si svolga all’insegna di una tranquilla giornata di democrazia. Il primo ministro spagnolo Mariano Rajoy, come noto, ha richiamato l’incompatibilità costituzionale di qualsivoglia finalità secessionista e dunque, se il referendum si tenesse lo stesso, non è impossibile che si vada poi a un muro contro muro dall’esito incerto, forse persino tumultuoso.
Intanto, chi può permettersi ancora il lusso di stare comodamente a guardare prende appunti e diffonde considerazioni accademiche. Ne abbiamo avuto un esempio lunedì sera nella puntata di Am runden Tisch andata in onda su Rai Südtirol e dedicata, guarda caso, proprio al tema dell’autodeterminazione. A darsi battaglia, si fa per dire, due ospiti fissi in circostanze del genere, ossia Eva Klotz e Karl Zeller. Le loro rispettive posizioni si possono riassumere con il “forza, cosa aspettiamo, tutti votano e noi stiamo qui a perdere tempo?” della consigliera provinciale di Süd-Tiroler Freiheit, contrapposto al più furbo “un momento, prima cerchiamo di cavare quanto possibile da quello che già abbiamo e poi, se non ci dovesse più bastare, o se ci dovessero togliere ciò che ci spetta, faremo il passo successivo” del senatore Svp. Per fortuna erano presenti anche due volti meno stropicciati dal tempo: la britannica Sarah Greenwood, la quale ha provato a sostenere timidamente la causa generale del “Better Together”, e Wofgang Niederhofer, animatore del blog “indipendentista di sinistra”, com’è stato definito, “brennerbasisdemokratie”.
Siccome gli argomenti di Zeller e di Klotz vengono ormai riproposti senza la minima variazione da decenni, stavolta è interessante soffermarsi su quanto affermato da Niederhofer per conto della piattaforma progressista bbd. Condensando al massimo: discutere di autodeterminazione non dovrebbe significare anteporre il traguardo (qualsiasi esso possa alla fine risultare) al processo del suo ottenimento. Al contrario, è proprio puntando sulla qualità di un simile processo e coinvolgendo alla pari tutti i soggetti locali, vale a dire superando in primo luogo il cleavage etnico o linguistico caratterizzante la stagione autonomistica, che sarebbe possibile valorizzare in modo compiutamente territoriale la vocazione all’autogoverno del Sudtirolo.
Un’analisi raffinata, senza dubbio, ma forse proprio per questo incapace di influenzare un dibattito per tanti versi ancora fermo ai blocchi della sua eterna ripartenza.
Corriere dell’Alto Adige, 9 ottobre 2014