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Il tramonto dell'euro -Alberto Bagnai (Autore) Come e perché la fine della moneta unica salverebbe democrazia e benessere in Europa

Creato il 04 febbraio 2014 da Robertoborz
Il tramonto dell'euro -Alberto Bagnai (Autore)  Come e perché la fine della moneta unica salverebbe democrazia e benessere in EuropaINTRODUZIONE
Il 16 novembre 2011 inauguravo il mio blog, goofynomics.blogspot.it, pubblicando un articolo dal titolo I salvataggi che non ci salveranno. La tesi sostenuta era semplice. I migliori economisti internazionali indicavano come i problemi dell’Eurozona non dipendessero dal debito pubblico, in calo pressoché ovunque allo scoppio della crisi, ma da quello estero. I paesi del Sud erano resi fragili dalla crescente esposizione delle loro banche, famiglie e imprese (cioè del settore privato) verso i creditori del Nord.  Lo squilibrio da curare non era quindi uno squilibrio di finanza pubblica, ma uno squilibrio esterno, di competitività, causato dalla rigidità dell’euro, che si traduceva in un crescente debito privato, in gran parte (ma non solo) verso l’estero. Colpendo le famiglie con maggiori imposte e minore spesa sociale, l’austerità non avrebbe sanato il vero squilibrio, anzi: lo avrebbe aggravato. Le famiglie si sarebbero trovate in maggiori difficoltà, e, a valle, lo stesso sarebbe successo alle imprese (dato il crollo della domanda interna), e poi alle banche (che avrebbero cominciato a non rivedere i soldi indietro, né dalle famiglie né dalle imprese).  I “salvataggi” del governo non ci avrebbero salvato. Inutile dirlo, a distanza di un anno, tutti gli obiettivi dichiarati dal governo in termini di risanamento e crescita sono stati mancati. 1 L’evidenza è schiacciante: la previsione di crescita del Fondo monetario internazionale per l’anno in corso (2012), che nell’ottobre del 2011 era pari allo 0.3 per cento, nell’aprile 2012 era crollata di quasi due punti, a -1.9 per cento. Le ultime previsioni sono ancora più fosche: -2.3 per cento nel 2012, con un -0.7 per cento che ci attende per il 2013. Il presidente della Corte dei Conti denuncia apertamente il “corto circuito rigorecrescita”,  2 e come suggello finale del fallimento arriva, dal meeting di Tokyo del Fondo, la conferma ai massimi livelli scientifici del fatto che le politiche di austerità, principalmente quella del nostro governo, stanno strangolando l’economia europea. 3 E così, perfino dal partito che fino a ieri più si sdilinquiva per la ritrovata “presentabilità” del nostro esecutivo, arriva ora la proposta di “rottamare l’agenda Monti” con la sua “austerità autodistruttiva” che aggrava la situazione di una “unione monetaria insostenibile”. 4 Proposta che, se pure fatta per motivi di bottega politica interna (un po’ di “febbre da primarie”), sarebbe ovviamente stata inconcepibile un anno fa, quando usciva il mio articolo. Previsione azzeccata, quella dell’articolo, ma non c’è di che menarne vanto: che in recessione l’austerità sia comunque una scelta sbagliata è cosa ovvia, desumibile da qualsiasi testo del primo anno di economia.  Il che, ovviamente, apre un mondo di domande, le vere domande: *perché mai esecutivi “tecnici” (quindi, si suppone, a loro agio con i manuali universitari) insistono nell’ignorare le più elementari norme di buon senso economico?  *Perché questa ostinazione suicida a difendere un’unione monetaria visibilmente insostenibile, che sta mettendo in pericolo non solo l’economia, ma anche e soprattutto la democrazia europea?  *Perché in Italia, a differenza di quanto accade in altri Paesi, nessuno sembra disposto a mettere in discussione il dogma dell’irreversibilità dell’euro?  Era stata l’urgenza di queste domande a suggerirmi di aprire il blog, per cercare di rispondere, ma soprattutto per capire se ero veramente solo a pormele. Mi preoccupava la plumbea uniformità dell’informazione italiana, totalmente schierata in una difesa aprioristica della moneta unica, appoggiata alla distorsione sistematica dei fatti storici (ne vedremo tanti esempi). In un panorama simile non era per nulla ovvio che una voce dissonante venisse presa in considerazione.  Il blog ha avuto fin dall’inizio un successo inaspettato: in meno di un anno ha oltrepassato un milione e mezzo di visite, molti fra i più di duecento articoli pubblicati sono stati ripresi da altri blog e forum, anche all’estero (tradotti in greco, spagnolo, portoghese), il tam-tam della rete mi ha condotto a prender parte a dibattiti, a trasmissioni radiofoniche e televisive, e ad esprimermi su testate importanti.  L’esperienza più bella di questo anno di lavoro è stata la scoperta di non essere solo, di essere seguito da un numero crescente di persone spiritose, colte, informate, provenienti da tutte le fasce sociali: operai, alti magistrati, studenti, liberi professionisti, casalinghe, pensionati, funzionari ministeriali, precari, tassisti, agricoltori, commercianti, cassintegrati, residenti in Italia e all’estero, capaci di contribuire al dibattito arricchendolo di nuovi punti di vista.  Persone che mi hanno dato tanto in termini di motivazione, di stimoli, di informazioni, di suggerimenti su quali fossero le preoccupazioni più vive dei loro concittadini. Persone animate da una feroce passione civile, da un disperato amore per il proprio Paese e per l’Europa (che non è né l’euro, né l’Unione europea), e dall’urgenza di trovare i termini per esprimersi, i dati per argomentare. Sono state loro il vero “valore aggiunto” del blog.  Ne ho guadagnato la fiducia rifiutandomi di seguire i saggi consigli degli amici: “Parli troppo difficile, non mettere citazioni, non mettere grafici, semplifica, la gente si annoia, non capisce”. Ma, pensavo io, perso per perso, tanto vale essere se stessi. Tanto più che parlare a tutti, in realtà, è non parlare a nessuno: la tentazione di raggiungere un pubblico vasto porta a esprimersi per slogan, per luoghi comuni. Ma per questo, per quello che chiamo il “luogocomunismo”, ci sono le televisioni. Trasmettere il nulla a molti mi sembrava un compito comunque meno utile del trasmettere qualcosa a qualcuno.  Cercavo consonanza, non consenso, del quale non saprei cosa fare, non essendo un politico. Così, ho fatto a modo mio, documentando ogni asserzione, inserendo dati, grafici, tabelle, riferimenti alla letteratura scientifica e ai rapporti delle principali istituzioni internazionali. E poi ho risposto a tutti, ho litigato con molti, e spesso ho fatto pace: una maieutica talora rude, ma appassionata, sincera e paritaria, e alla fine efficace. Perché dall’altra parte, dalla parte dei miei lettori, molti dei quali sono diventati amici, si era accumulata negli anni l’insofferenza verso la “fuffa”, verso l’informazione approssimativa, verso le affermazioni non comprovate, ma anche verso il linguaggio paludato dei “tecnici” e quello prudente e opportunistico dei politici.  Sono stati i lettori del mio blog a chiedermi di scrivere questo libro, per tanti motivi: perché anche se il blog seguiva un suo percorso, il materiale accumulato era tanto e non sempre facile da reperire, e faceva comodo disporre di un compendio delle cose che ci eravamo detti in un anno; perché in un Paese fra gli ultimi in Europa per uso di internet,5 un progetto di divulgazione appoggiato solo al web rischiava di essere sterile; e anche perché sarebbero stati facilitati, nei loro mille dibattiti quotidiani, dal poter esibire l’auctoritas di un testo scritto.  Certo, di testi sulla crisi ce n’erano, per lo più ben schierati sul fronte “eurista”, volti quindi a cantare le lodi dell’euro o, in modo più critico, a “salvarlo” da se stesso. Occorreva un testo che si ponesse finalmente il problema di salvare i cittadini dall’euro. A questo scopo bisognava documentare l’insostenibilità della moneta unica così come viene dimostrata da decenni di studi economici e innumerevoli precedenti storici; chiarire il legame fra l’euro e la disintegrazione economica europea; evidenziare i rischi che la costruzione dell’Eurozona pone per la democrazia, imponendo la crisi economica come metodo di governo; descrivere in modo semplice e non terroristico le modalità e le conseguenze pratiche di un eventuale percorso di uscita, definite in una letteratura ormai consolidata e, infine, indicare delle possibili linee di sviluppo lungo le quali riprendere – dopo l’infelice parentesi dell’unione monetaria – un reale percorso di integrazione culturale, sociale ed economica europea.  Questo è quanto il testo cerca di offrire, nella speranza di arricchire il dibattito con prospettive nuove. Roma, 15 ottobre 2012  Alberto Bagnai (Autore)

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