di Cosimo Piovasco di Rondò – Ecco qui la notizia: 20 milioni di euro, mica cazzi (perdonatemi la parola: ma quando cce vò cce vò), pronti pronti per provare a salvare (?) una cooperativa da anni sull’orlo del precipizio. Lo si è appreso ieri dalla stampa trentina. Una notizia che fa impallidire, e perfino scomparire, quella che avevamo dato noi un paio di settimane fa: una regalia da 100 mila euro all’anno, per la medesima cooperativa. “A Fra, chettesserve?”. Sembra di essere tornati a quei tempi là – erano i tempi decandenti e pompeiaini del regime democristiano -, a parti inverse – allora era l’impresa che finanziava la politica, oggi, nell’ultimo estremo Soviet italico e forse europeo, capita il contrario -. “A Fra, chetteserve?” – “Chemmmeserve? 20 milioni di euro, me servono”. La scelta, che qualcuno – scommettiamo? – prima o poi ci racconterà essere strategica, pare sia stata partorita giusto qualche giorno prima delle ultime elezioni provinciali. Ultimo (?) strascico dell’impero decadente dellaista? O alba radiosa e ridente di una rinnovata tensione sovietizzante?
In tutta questa vicenda, comunque, c’è qualcosa che ha a che fare da vicino con la stagione dellaista. Circola un aneddoto nei sottoscala della politica trentina. Si dice che Lorenzo Dellai, gardolotto – nel senso di originario di Gardolo, frazione a nord di Trento -, avesse eletto questa coop a sua cantina di riferimento e che da lì, da questa storia di affinità elettive e di contiguità fra vino e politica, sia nato tutto: il sogno della grandeur prima, e l’incubo del crac dopo, cioè ora. Buona parte della storia recente, e forse anche meno recente, della politica trentina si è fatta in cantina. Il kesslerismo, con tutto il suo carico di sogni e di promesse (realizzate), è germogliato a San Michele. Nella austera e monacale cantina dell’Istituto. Altre architetture, altre teste e altri uomini.Il dellaismo, con i suoi velleitari sogni di grandezza e la sua spaventosa e fragile vacuità, invece si è saziato e ipertrofizzato fra le stanze della coop lavisana. Ora arriva il conto da pagare. E gli epigoni dellaisti sembrano intenzionati a pagarli. E nessun Forcone, sembra dietro l’angolo. Almeno a nord di Trento. E nemmeno a sud. Buon Natale.Cosimo Piovasco di Rondò di Franco Ziliani – Non ho nulla da aggiungere a quello che hai scritto e condivido la tua indignazione, Cosimo, sacrosanta, per la bella “pensata”, se così la si può definire, di far pagare i debiti contratti da quella cooperativa del vino, tanto cara al potere politico trentino, e con tanto di santi in paradiso, a Trento e a Roma, ai cittadini, ai contribuenti, e non a quelli che quel buco enorme, per manifesta incapacità, hanno creato.Venti milioni di euro sono una cifra importante, uno schiaffo in faccia alla crisi che tanti italiani e trentini misurano sulla loro pelle ogni giorno. Nel mondo normale le imprese che vanno male, che hanno pesanti deficit, che non sanno stare sui mercati, chiudono, ed i loro amministratori ne pagano le conseguenze.Nel magico mondo trentino, invece, quando si può contare sugli amici degli amici, su protezioni e coperture, arrivano in soccorso le scatole cinesi del mondo cooperativo e con i soldi di mamma Provincia, ovvero con i soldi dei cittadini, la cooperativa protetta viene se non salvata, tenuta a galla, come succede oggi con l’intervento delle Poste (e che ci azzecca? direbbe un demagogo molisano) con Alitalia.Condivido la tua indignazione Cosimo e l’incazzatura per un Trentino che sembra essere immune e indifferente (forse perché in fondo in ogni trentino o quasi si nasconde, mica tanto, un cooperatore…) alla sacrosanta protesta dei Forconi o movimento 8 dicembre come lo si voglia chiamare.E mi incazzo, oh yes, ancora di più, leggendo su L’Adige del 20 dicembre un’altra notiziola a margine di questo annunciato salvataggio pubblico di Lavis. Leggo sul Trentino Corriere Alpi “Siglato un accordo di partnership tra il Gruppo LaVis e il Gruppo Cairo, una delle realtà leader dell’editoria italiana. L’accordo vede protagonista il Gruppo LaVis con i suoi più importanti brand, impegnato in uno scambio di servizi che toccano il mondo dell’arte e della cultura, dello sport e della comunicazione.Il Gruppo Cairo, noto ai più per la gestione dell’emittente La7 e come patron del Torino calcio, è anche proprietario di una folta schiera di riviste di stampa periodica ed editore di numerose collane di testi. Cesarini Sforza diventa per la stagione 2013-2014, Official supplier del Torino, fornendo gli spumanti per i momenti ufficiali della squadra, opportunità di visibilità amplificata anche dalla presenza nello Stadio torinista delle insegne della Casa Spumantistica di Ravina. Da segnalare inoltre la programmazione nel periodo pre-natalizio, su “La7”, di uno spot pubblicitario Cesarini Sforza in corrispondenza dei momenti di maggior audience dell’emittente”.E allora mi vengono tanti interrogativi.Ma Cesarini Sforza è ancora proprietà esclusiva della Cantina Lavis? E se Lavis è un gigantesco buco, che abbisogna ancora dell’intervento di Mamma Provincia di Trento per tentare di non annegare completamente, come diavolo fa a spendere dei soldi (pubblici) per firmare un accordo, che sicuramente non è a titolo gratuito o scambio merce, con il Torino calcio per diventarne il fornitore ufficiale spumantistico?E come fa a pagare lo spot pubblicitario in onda, come altri spot di aziende vinicole tipo il farinettianoVino libero o lo spumante Charmat Maximilian I della Cantina di Soave, sulla rete televisiva dell’ex assistente di Silvio Berlusconi in Fininvest, ex direttore commerciale e vice direttore generale di Publitalia 80 ed ex amministratore delegato di Arnoldo Mondadori pubblicità Urbano Cairo?E a quanto ammonta, quanti soldi ha sborsato o sborserà Cesarini Sforza – Cantina Lavis per questo accordo con Torino e la 7? Possiamo saperlo?Sorvolo su un altro aspetto ridicolo di questo accordo, il fatto che l’alessandrino di nascita Cairo, presidente del Torino, abbia scelto uno “spumante” trentino come official supplier della squadra invece del piemontesissimo Alta Langa, e mi chiedo anche quali saranno gli “spumanti” oggetto dell’accordo, se i Trento Doc oppure, come è più probabile VSQ come il Cesarini Sforza Brut Riserva, uno “spumante” Charmat che non porta alcuna indicazione in etichetta del suo essere trentino. E quale vantaggio verrà alla causa del vino trentino dalla “presenza nello Stadio torinista delle insegne della Casa Spumantistica di Ravina”? Nessuna.E allora a chi serve questa operazione? Esclusivamente a Urbano Cairo e alle casse del Torino calcio, non certo alla disastrata Cantina Lavis e alla sua costola spumantistica.Per concludere, viene davvero da incavolarsi e da chiedersi se questo Sistema Trentino, se questa corrispondenza di amorosi sensi tra politica, cooperative, cooperative del vino (alcune in particolare), finanza, banche, non abbia qualcosa di morboso, anzi di malato. Un qualcosa che temo non potrebbero curare nemmeno i forconi, se salissero dal Veneto sino alla terra (bellissima) del Concilio…Buon Natale comunque, magari stappando una bottiglia o due di quelle buone, che anche in Trentino non mancano…Franco ZilianiMagazine Cucina
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