Il triste paradosso dei prolife che si prendono cura delle donne che hanno abortito

Da Marypinagiuliaalessiafabiana

La sindrome post-aborto è la nuova arma con cui i militanti prolife combattono la loro guerra santa contro i diritti e la salute delle donne. E’ appellandosi a questa che sono riusciti a conquistare a Roma lo sportello “Da donna a donna” ovvero un luogo dove le donne che hanno abortito e che per questo “si trovano a vivere un forte disagio emotivo e psicologico”  potranno essere amorevolmente accolte da operatrici che le ritengono delle assassine.

Gli sportelli romani si trovano presso il CAV e la Caritas, sono cofinanziati dal Ministero del Lavoro e delle politiche sociali e sono solo uno dei numerosi casi in cui vengono utilizzati soldi pubblici per dei servizi fortemente discutibili e ideologicamente orientati.
Che tipo di aiuto può avere una donna che ha abortito da fanatici e fanatiche religios* che considerano l’interruzione di gravidanza un assassinio e portano avanti strenuamente una battaglia contro l’autodeterminazione delle donne? Il malessere che una donna può provare, ma anche non provare, (vedi a proposito nuovo libro di Chiara Lalli sull’argomento) dopo una interruzione di gravidanza, non potrebbe dipendere anche da questa colpevolizzazione continua che viene fatta loro dai militati per la vita? E noi da chi li mandiamo? Un vero paradosso!

I nostri soldi dovrebbero essere impiegati per garantire la piena operatività dei consultori pubblici, no per permettere a gruppi religiosamente schierati di influire con violenza nelle scelte delle donne in relazione alla loro sessualità e alla libertà di non essere madri o di esserlo quando decidono loro.

Basta con sportelli costosi ed effimeri che servono più a chi li apre che a dare risposte adeguate ai problemi che pretende di risolvere, non ne possiamo più! [...] Se tutti i finanziamenti destinati negli ultimi vent’anni a progetti, iniziative creative e multiformi sportelli a tempo dedicati alle donne fossero stati concentrati nel migliorare o aprire nuovi servizi come i consultori, i centri antiviolenza, i servizi per l’infanzia… le donne e le famiglie avrebbero adesso un sostegno reale alle loro difficoltà di vita e sarebbero più contente.

Queste le parole di Pina Adorno, della Consulta dei Consultori Romani.

Fonte qui


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