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C'è stato un periodo durante il quale (purtroppo) mi si sarebbe potuto benissimo definire un nerd. O un merd, fate voi. E come tutti i nerd/merd di turno ero un accanitissimo lettore di saghe fantasy, e non che ci sia un male, dato che come ogni genere letterario ha le sue valenze - oltre al pluriosannato Tolkien, pensiamo a Ursula K. LeGuin o Michael Moorkoock - solo che in quell'epoca leggevo praticamente solo quello. E fra le varie cose mi sono imbattuto nella celeberirma A song of ice and fire di George R.R. Martin, una saga effettivamente diversa dalla altre perché, pur restando ambientata in un contesto medievaleggiante come vuole la tradizione, si concentrava sul lato più sporco di quell'epoca, ancora più di quanto poteva aver fatto un David Eggins, per dirla tutta. Non si inventava nulla di nuovo, ma si alzava l'asticella del sopportabile e del politicamente corretto con squartamenti, incesti, intrighi e brame sessuali. In breve, vuoi per l'effettiva qualità della storia o per l'entusiasmo giovanile, lessi più della metà dei volumi in un'estate. E quando venne realizzata la serie-tv, beh... non potei di certo esimermi dal guardarla!
Lord Eddard Stark, signore di Grande Inverno, viene invitato dall'amico Robert Baratheon, signore dei Setti regni, a diventare il suo primo Cavaliere del Re. Ma le cose non sono così semplici perché i Targaryen, i re rinnegati del precedente regno, stanno organizzando la loro avanzata, dando così inizio alla guerra dei Sette Regni. Ma è più degli intrighi interni che ci si deve guardare le spalle, perché...Che dire, la serie fa sicuramente il suo effetto, che si sia un fanboy delle avventure dei Sette Regni oppure no. L'universo ideato dal buon Martin è mantenuto in tutta la sua coerenza, e non si lesina sulle scene più disturbanti. Squartamenti, nudi e altre simpatiche amenità sono mantenute in tutta la loro meravigliosa meraviglia, ma non fu questa la cosa che mi colpì inizialmente. A colpirmi prima di tutti l'assoluta fedeltà ai romanzi (quelli della versione italiana sono una suddivisione in due parti del volume originale, quindi Il trono di spade e Il grande inverno vanno letti consecutivamente), perché quasi ogni avvenimento si svolge come scritto sulle pagine dei romanzi. Certo, la fedeltà non è assoluta e totale perché libri e serie-tv agiscono secondo dinamiche e logiche ben diverse, ma comunque è un fattore che non lascia del tutto indifferenti. Quindi, se siete dei fan, state tranquilli, i vostri beniamini faranno quasi tutto quello per cui li avete amati sulla carta, solo che qui hanno una loro fisicità live-action. Ma se alcuni dicono che questo è un punto di forza della serie, io invece lo catalogo in minima parte come una debolezza, perché dimostra poca volontà nello svolgere un adattamento personale o coraggioso - infatti ricordo che io sono uno di quelli che ama quando le opere vengono coerentemente stravolte, si veda il finale di Watchmen. Ma queste sono solo pippe mentali che si possono effettuare solo se si è lettori dei libri, e dato che non tutti possono averlo fatto (non è una lettura così immancabile, alla fine) mi limiterò alla serie. Ecco, diciamo quindi che la storia intriga, affascina e fa venire voglia di finire tutte le puntate di questa prima stagione, facendo sussultare per i vari colpi di scena. Eppure si vede che libri e film sono due cose diverse proprio per alcuni problemi nella consecutio temporale di questi episodi, e dirò presto perché. I libri sono destinati per essere una storia unica, aprono un discorso e (dovrebbero) chiuderlo a fine volume, ed è quello che accade nei volumi di Martin, dove iniziavano degli intrighi per poi chiudersi a fine volume, dando inizia ad altri nell'inizio del capitolo successivo. Nella serie-tv avviene più o meno lo stesso, ma con alcune problematiche. Il problema infatti è che si suddivide in dieci parti qualcosa destinato a essere un unico tomo, arrivando a mettere troppe cose in alcune puntate cardine e troppo poche in altre, cosicché succede che certi episodi passano senza che non accada nulla, se non un'interminabile sequela di chiacchiere e organizzazioni di intrighi di corte, senza che se ne chiuda nessuno. Nulla di troppo problematico - come però accadrà in seguito - ma l'ho ugualmente sentito. La serie quindi è bella, ha i suoi punti di forza e un'alta spettacolarità, ma anche dei parziali difetti che non la rendono il capolavoro che molti dicono, anche perché il tutto avviene con una regia che più classica di così non si può. Vero fiore all'occhiello però è il cast, che vede Sean Bean, il Boromir de La Compagnia dell'Anello, e il nano Peter Dinklage, vera rivelazione attoriale dell'intero progetto. Unico anello debole è Lena Headey, già vista in 300, mentre la giovanissima Emilia Clarcke spicca per bellezza e ogni volta che compare nuda è una festa per gli occhi!Un inizio decisamente di grande stile che merita sicuramente di essere visto, nonostante si prenda forse un po' troppo sul serio. Ma d'altronde, era così pure sui libri.Voto: ★★★½
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