La tecnica ci può mettere delle pezze a colore, rammendare vistosamente qualche strappo, ma come dice il detto spesso pezo el tacòn del buso. Per venirne fuori occorrerebbero prospettive politiche, idee, weltanschauungen che i banchieri non hanno è che comunque non valicano il terreno terribile, drammatico, ma spicciolo del denaro.
Così l’eroe Draghi che con il Ltro ha regalato 1000 miliardi alle banche riuscendo a ridurre un po’ gli spread, a dare respiro ai governatori sistemati nei Piigs, ha in realtà creato le basi per una definitiva rottura dell’Europa. E non lo dico io, ma proprio le espressioni ufficiali di quella finanza che ha creato il disastro senza tuttavia trovare i coperchi. Il Wall street journal ha infatti lanciato l’allarme: i soldi della Bce hanno fatto si che le banche riempite di denaro a un tasso largamente inferiore all’inflazione reale, hanno cominciato ad acquisire titoli di stato dei loro Paesi, proprio quando gli investitori esteri prendevano il volo. Tanto per fare un esempio gli istituti di credito italiani avevano 247 miliardi di titoli italiani a novembre e 324 miliardi a marzo.
Il fatto che una parte sempre maggiore di debito sovrano venga detenuto in mani locali, unito al fallimento sostanziale delle ricette di austerità che portano recessione, stanno creando due Europe: così invece della sperata integrazione si ha invece una frattura ulteriore dell’area euro. In questa situazione infatti non soltanto si formano le premesse per la nascita di una sorta di banco sovrano di fatto, ma ogni Paese avrà molte più difficoltà e resistenze a partecipare ad azioni di salvataggio o sostegno comuni: i Paesi più ricchi perché non si fidano troppo dei debiti in mano domestica, chiaramente più gestibili anche attraverso la leva legislativa, mentre quelli in difficoltà, avendo un enorme debito interno e non “continentalizzato” ci andranno con i piedi di piombo. La cosa del resto è stata ormai ormai apertamente ammessa dalla Bce qualche giorno fa. E dire che lo chiamavan draghi…
La pezza per salvare l’euro si è dunque rivelata fallimentare e anche il rammendo che ieri l’Ecofin ha cercato di mettere al tacon già sfilacciato: per rendere più “internazionale” il debito si è deciso che le banche siano obbligate a valutare i titoli di stato “domestici” che possiedono, in particolare quelli per la vendita, ai prezzi di mercato. Ciò non solo apre nuovi varchi alla speculazione, ma potenzia e di molto gli effetti della precedente situazione.
Questo ci dice come sia urgente, disperatamente urgente un’Europa dei cittadini, visto che quella verticistica e bancaria ormai si dibatte fra interessi nazionali “forti” come quelle della Germania e ricette liberiste degli anni ’80. Ma purtroppo sarà difficile arrivarci fino a che i cittadini stessi saranno sudditi all’interno dei loro stessi Paesi di insensate ammucchiate politiche, di grosse coalizioni, di esecutivi telefonati dall’alto, di forze politiche subordinate ormai dalla finanza e dalla loro stessa mancanza di idee, di gigantesche catene mediatiche gestite “colà dove si puote”. Non ci sarà Europa dei cittadini se gli stessi membri che la formano non torneranno ad essere Paesi di cittadini.