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Il vangelo, Francesco, e le monache di clausura

Creato il 30 gennaio 2014 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali

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 220px-Giotto_-_Legend_of_St_Francis_-_-05-_-_Renunciation_of_Wordly_Goodsdi Renato Pierri. Sul  blog “Come Gesù” del sacerdote e scrittore Mauro Leonardi, una monaca di  clausura mi scrive: «Il mio prossimo più prossimo è la sorella che mi  vive accanto e nella misura in cui io la “incontro” posso arricchire la mia vita  e essere in comunione con Dio… E il prossimo che sta fuori? E’ per lui che io  ho scelto di vivere più vicino a Dio, di amare Dio anche per lui, di essergli  vicino con la preghiera, di camminare con lui incontro a Dio”. Ed ecco la mia  risposta: « L’amore per il prossimo tra le mura di un monastero, è solo  pura astrazione.

Quando il Signore disse agli apostoli: “Se dunque io, il  Signore e il maestro, vi ho lavato i piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli  uni gli altri”, certamente non voleva dire  (sarebbe sciocco pensarlo) che Pietro dovesse “lavare i piedi” a  Giovanni, Giacomo a Tommaso, e via di seguito reciprocamente: “Se amate quelli  che vi amano, che merito ne avrete? Anche i peccatori fanno lo stesso” (Lc  6,32). 

La monaca di clausura si è preclusa la possibilità di passare per la strada del malcapitato  percosso dai briganti (parabola di Luca), si è preclusa la possibilità di  incontrare i lebbrosi che incontrava Francesco, di andare a trovare l’infermo o  il carcerato (Mt 25, 35ss). Però rimedia così: “E’ per lui che io ho scelto di  vivere più vicino a Dio… “. Il che significa: col malcapitato, con l’infermo,  col carcerato, siano gli altri a “sporcarsi” le mani, io penso a loro stando  vicino a Dio… . Evangelico? Non direi. Francesco stava vicino a Dio più delle  monache di clausura, e la mani se le sporcava. Francesco era in piena sintonia  col vangelo».

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