E così, stretto come in una tenaglia dentro una spazialità da un lato dominata dall’immediatezza e dall’altro caratterizzata dalla lontananza, il regime democratico vede oltremodo indebolite le sue antiche possibilità di controllo (e di autonomia). Per entrambi i versi esso vede progressivamente assottigliarsi i margini della sua sovranità: e tanto più in quanto proprio le sue caratteristiche democratiche, la sua tutela dei diritti individuali e collettivi, rendono sempre più problematica la difesa di quella sovranità. La quale, lungi dall’essere «superata» a favore di inesistenti e fantasmatiche sovranità sovra o internazionali — come credono gli ottimisti —viene semplicemente messa in mora da altre minisovranità al suo interno, ovvero dalle leggi senza volto della tecnologia, che operano nell’interesse esclusivo di sé medesime e/o degli incontrollabili interessi economici (per esempio della finanza o della grande informazione commerciale globale) che se ne servono.
Il vasto spazio virtuale, come lo definisce oggi Ernesto Galli Della Loggia, ha rappresentato senz’altro una rivoluzione. Ha avvicinato le persone anche più di quanto fecero altri media in precedenza. Ma questa immediatezza del messaggio veicolato attraverso “il vasto spazio virtuale” non è vero che sia fuori portata dei regimi democratici. Anzi. Soprattutto perché – è spiegato molto bene qui – ci sono media che arrivano prima di altri (per ragioni oggigiorno ancora ovvie). Potrei citare un ulteriore aneddoto, meno macabro di quello del reverendo Jones. Usa, presidenziali 2008. Sul web spopolò un certo Joe the plumber, un uomo che riuscì ad avvicinare Obama e a confrontarsi con il futuro inquilino della Casa Bianca al termine di un incontro elettorale. L’idraulico Joe, già celebrato come emblema dell’americano medio, divenne in poco tempo motivo di curiosità e satira (molti i video su YouTube). Ma anche in quell’occasione, prima di internet, c’erano state le telecamere. I dibattiti televisivi fecero il resto.