Il verdetto di Balyoz e i kemal-leghisti

Creato il 23 settembre 2012 da Istanbulavrupa

Venerdì il tribunale di Silivri ha emesso il suo verdetto nel processo Bayloz (nome in codice, “martello”), uno dei tanti complotti orditi dalle forze armate – questo è del 2003-2004 – per rovesciare il governo dell’Akp: sono stati emessi 331 provvedimenti di condanna – a 20 anni per i 3 leader, a 16 o 18 per tutti gli altri – e 34 assoluzioni. Un verdetto scontato, nonostante la campagna innocentista degli ambienti vicini a quelli golpisti: il blocco “secolare” e kemalista – politico ed economico – che in Turchia ha fatto il bello e cattivo tempo prima dell’avvento di Erdoğan e che ha molti seguaci tra i colleghi corrispondenti.

Scrive l’Ansa:
“Tre generali in pensione, Cetin Degan, Ozden Ornek e Ibrahim Firtina, accusati di essere gli ispiratori di un presunto golpe ideato nel 2003 per rovesciare il governo di Recep Tayyip Erdogan” etc etc

“Presunto golpe”??? Come, “presunto”!? A parte il fatto che già prima erano noti documenti e profusione e persino ammissioni registrate che provavano senza alcun dubbio – al di là delle responsabilità individuali – cosa è avvenuto, ma che senso ha parlare di “presunto golpe” dopo un regolare verdetto di condanna? Non è forse un po’ troppo per un giornalista prendere posizione in questo modo?

Apparentemente no, visto che continua imperterrito a dar voce ai pro-golpisti:
“Gli accusati hanno negato tutti gli addebiti, denunciando il processo come ‘illegale e iniquo’ e parlando di prove fabbricate. L’opposizione ha denunciato una ‘caccia alle streghe’, lanciata per fare il gioco degli interessi di potere del governo di Erdogan e del suo partito islamico nazionalista.”

Che poi: ma perché “governo islamico”? Perché “partito islamico nazionalista”? E perché invece l’ambasciata turca a Roma o il direttorato per l’informazione di Ankara non intervengono per correggere queste imprecisioni terminologiche che generano nel lettore italiano una grandissima confusione?

Marta Ottaviani è però riuscita a fare di peggio, scrivendo per La Stampa (la sua breve l’ho letta solo perché ripresa dal sito sionista Informazione Corretta):
“I documenti che hanno incastrato gli imputati sono stati pubblicati nel 2010 dal quotidiano Taraf, sospettato di essere finanziato dal predicatore islamico Fetullah Gulen, uno dei principali sostenitori del premier Erdogan.”

Lo fa in maniera un po’ subdola, com’è nel suo stile: ma il risultato è sempre quello di far credere che il processo è in realtà una macchinazione dei musulmani cattivi (ma se hai pregiudizi contro l’Islam, chi te lo fa fare di vivere in un paese islamico?) contro i “laici” buoni. Che poi, che cosa vuol dire (a parte il massacro della lingua italiana) che Taraf “è sospettato di essere finanziato da Fethullah Gülen” (che comunque NON è uno dei principali sostenitori di Erdoğan)? Sospettato da chi? In base a quali riscontri?

Niente: basta gettare un po’ di fango – il bersaglio è sempre lo stesso – e il gioco è fatto!


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